Capitolo 20: Riconciliazione

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Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando era naufragato in quella spiaggia. Non aveva idea neanche di quanto tempo avessero passato dentro il ventre della balena. Né, tantomeno, poteva provare a immaginare quanto tempo fosse trascorso da quando erano stati scaricati in mare dai marinai dell'equipaggio di Colombo. Jona sapeva solo di trovarsi in una spiaggia, bagnato fradicio, il corpo pieno di vesciche causate dagli acidi gastrici del grosso mammifero che lo aveva, dapprima, mangiato e, infine, risputato in mare, quando riaprì finalmente gli occhi, riacquistando i sensi. Il lato destro del viso incollato sulla sabbia fina della spiaggia, con gli occhi vigili fissava un granchio saltellare lateralmente davanti alla sua faccia, minacciandolo con le sue chele affilate.

Come quando ci si svegliava dopo un sonno profondo, il gondoliere non ricordava come fosse finito lì, né dove fosse . Poi, gli sovvenne tutto di colpo. Una centrifuga di ricordi confusi: la Libertà, lo schianto, le visioni, i succhi gastrici che li stavano bruciando vivi, la marea che lo aveva portato in salvo... e Judittha. Ricordò l'espressione del suo viso quando era stato separato da lei. La paura che le distorceva i bellissimi tratti somatici. La disperazione, mentre allungava la mano per afferrarlo, per riportarlo a sé... invano.

A un tratto lucidissimo, Jona si alzò di botto, causando un giramento di testa che per poco non lo rispedì per terra, sulla sabbia. Tastandosi la testa ancora dolorante per lo scontro contro lo stomaco della balena, si costrinse a fermarsi un attimo, per riprendere fiato, gli occhi chiusi cercando di calmarsi. Quando li riaprì, la testa aveva smesso di girare.

«Judittha?» chiamò, fissando la spiaggia intorno a sé, in cerca della compagna.

Doveva essere lì, non poteva perderla, non anche lei!

«JUDITTHA!» riprovò, più forte, camminando in cerchio, alzando grandi quantità di sabbia con il suo passo preoccupato.

Nessuna risposta, l'unico suono provocato dai gabbiani e dalle onde che si frangevano contro la battigia.

Disperato, ma senza voler nemmeno considerare l'ipotesi di non rivedere mai più Judittha, entrò in acqua.

Camminò finché il livello del mare glielo consentì, guardandosi intorno alla ricerca di un corpo o anche solo un segno che la sua amata fosse ancora in vita.

Quando la marea divenne troppo alta, distese braccia e gambe e cominciò a nuotare, ferocemente, come se ne andasse della propria vita, quasi senza riprendere fiato tra una bracciata e l'altra.

Era quasi giunto in mare aperto, quando si fermò, stremato. Respirando avidamente, cercando di reintegrare ossigeno nei polmoni, continuò a cercare Judittha... inutilmente. Non vi era traccia della giovane siciliana.

Allo stremo delle forze, già poche a causa della mancanza di sonno e di cibo, disperato, tornò sulla spiaggia, nuotando meno forsennatamente, stavolta.

Sfinito per la nuotata, affamato e assetato, crollò a terra, non trattenendo più le lacrime che avevano minacciato di colpirlo già una volta realizzato che Judittha non fosse sulla spiaggia con lui.

Una volta sfogata l'ondata di lacrime, un misto di dolore e rabbia, si trascinò verso l'interno della spiaggia deserta, allontanandosi dalle onde e dal mare, suo amico di sempre, ma che negli ultimi anni gli aveva tolto fin troppo... se non tutto. La sua famiglia, i suoi amici, prima, poi suo figlio e, per concludere, si era appropriato perfino della donna della sua vita, colei che non vedeva l'ora di sposare, una volta approdato in quel Nuovo Mondo per cui tanto sangue aveva versato per raggiungere.

Solo allora capì dove si trovasse.

Così, questo è il Nuovo Mondo... pensò, senza provare la gioia che si sarebbe aspettato, dopo tanto penare.

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