Capitolo XXVIII

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Mi svegliai le 8:00 di mattina e preparai un caffè. Intanto che aspettavo che Loki si svegliasse sistemai gli appunti del giorno precedente. Ora dovevo solo farmi spiegare come si rintracciava il Tesseract e dove potevo trovare il dottor Erick Selvig. Loki si svegliò verso le 10 di mattina. Arrivò in cucina quasi barcollando. "Ma buongiorno raggio di sole. Ti sei svegliato finalmente" lui mi guardò corrugando la fronte in un'espressione tutt'altro che amichevole. Poi si voltò verso la cucina e prese una tazza di caffè. Aveva il suo solito pigiama di iuta e i capelli leggermente arruffati. Devo ammettere che gli sarei saltata addosso subito. Mentre cercavo di distogliere dalla mia mente quei pensieri mi arrivò una telefonata. Era Stark. Dannazione. Risposi frettolosamente e con voce seccata. Tony mi informò di una festa che ci sarebbe stata alla festa e a cui ero invitata. "Ovviamente porta il tuo coinquilino ma solo se costretta." "Non ho molta scelta Stark. Il mio "coinquilino",come lo chiami tu, è sotto la mia responsabilità". Riattaccai e diedi la notizia a Loki. Quel poco di buonumore che aveva in corpo si era definitivamente dissolto nell'aria. Fece cadere la tazza nel lavandino facendo un gran baccano. Si avvicinò, spostò bruscamente la sedia e si sedette vicino a me. "Iniziamo". L'asgardiano mi raccontò del metodo ideato da Selvig per rintracciare il Tesseract. In realtà questo ingegnoso modo rintracciava la scia di energia che poi permetteva di risalire al Tesseract. Segnai passo per passo tutto ciò che mi spiegò Loki e le sue intuizioni su ciò che aveva capito dagli appunti di Erick. Erano solo le 10:45 quando lui decise che "per oggi avevamo fatto abbastanza". Iniziai a sistemare i malloppi di carte e il computer quando mi venne in mente che effettivamente non sapevo granché su di lui e lui su di me. Non che il fatto di tenere il mio passato nascosto fosse un problema, anzi, ma io non sapevo come era finito a cercare di dominare la terra e stringere accordi con pazzi viola. "Sai tu dici di voler stare con me ma alla fine non ci conosciamo più di tanto" "Mi sembra di averti raccontato buona parte della mia vita non credi?" Effettivamente aveva ragione. Ma volevo di più. In fondo volevo stare con lui ma sapevamo veramente poco l'uno dell'altra. "Mi hai parlato delle tue origini ma non della tua vita." "Oh andiamo! Cosa vuoi ancora? Una biografia?" Roteai gli occhi. Con stupore lui iniziò una filippica su tutto ciò che era stato da bambino, cosa successe tra lui e Thor, tra lui e il padre. Dopo il suo racconto una parte di lui mi fu più chiara. La sua parte diffidente, egoista e, soprattutto, il suo voler essere sempre il migliore. "Bene ora sai cosa mi è successo dai miei primi istanti ad oggi. Vai, tocca a te." "Devo per forza vero?" "Non hai scelta" sbuffai rumorosamente e iniziai a raccontare. "Mia madre era una giovane liceale che aveva una relazione con il suo professore. Non una relazione sana, lui era il suo aguzzino e lei veniva periodicamente seviziata da questo essere." Il suo stupido sorriso soddisfatto sparì lentamente dal suo volto. "Un giorno nacqui io. Quell'idiota di mia madre decise di darmi alla luce e lasciarmi in una stazione di polizia. Ebbi la fortuna di essere adottata da mia madre e suo marito. All'inizio ero felice. Poi, dopo qualche anno, iniziai a rendermi conto della violenza di quell'uomo. Una volta, dopo aver sventato un omicidio accoltellandolo alla coscia, convinsi mia madre ad andare a denunciarlo. Avevo 17 anni. La scuola non faceva per me così mollai e iniziai a lavorare in posti strani. Qualche volta mi capitava di essere ingaggiata per minacce e percosse. Ovviamente finii sulla lista dei piccoli criminali dello shield. Non infastidivo persone per bene ma criminali e scagnozzi così, quando venni arrestata, mi proposero di diventare un'agente. A 19 anni ero un'agente abilitata. Poi ci sei stato tu con tutto il casino di New York e sono finita qui." Non ero turbata. Di solito, quando raccontavo di come sono venuta al mondo, mi sentivo sempre arrabbiata e nervosa ma ora sentivo solo una profonda calma. Fu come liberarsi da un peso. Loki era allibito ma cercava di non farlo vedere. Mi prese una mano e iniziò a giocarci. Nella stanza calò un silenzio tombale. "Va Bene, va bene. Abbiamo entrambi un passato terribile. Ora parliamo di cose più divertenti." Lui sembrava confuso "Cioè?" "La prima volta che ci siamo visti. Parto io." Loki fece una risatina soffocata. "Allora la primissima volta che ti ho visto è stato quando ho preso il tuo fascicolo ma quella era solo una foto. Ti ho visto dal vivo durante la tua chiacchierata con Nat ed ero uno spettacolo comico." "Come prego?" "Dai io non ne sapevo nulla del piano e avevo capito tutte le sue intenzioni. Il Dio degli inganni a quanto pare è facile da ingannare. Vabbè comunque. La prima volta faccia a faccia è stata quando stavi distruggendo la città. Quegli alieni orrendi tenevano in ostaggio dei civili e io ero andata a liberarli. C'era una parete sfondata e tu stavi volando sopra uno di quei cosi poco prima che Burton ti facesse saltare in aria." Non riuscii a trattenere le risate. "La prima volta che ti ho vista..." si grattò la nuca cercando di ricordare "Credo quando facevi il turno di guardia fuori dalla bolla di vetro. Era assurdo perché io parlavo e le mie parole non avevano effetto su di te. La cosa mi mandava in bestia." Cercai di nascondere lo stupido sorrisetto che si increspava sulle mie labbra. "Dal vivo sarà stato quando mi avete arrestato alla torre e tu ti sei occupata di me." "Quella volta sei stato davvero uno stronzo." Mi ricordavo che Thor era stato costretto a mettergli quella specie di museruola per farlo smettere di fare commenti su di me. Era tutto così perfetto. Non volevo muovermi, non volevo rompere quel l'equilibrio.

The apartment  // Loki LaufeysonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora