capitolo 13

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Harry
Strinsi il mio cellulare con la foto di Gemma al petto e guardo i miei genitori al mio fianco. Entrambi mi sorridevano a denti stretti evitando di guardarsi tra loro. Contemplai la fotografia, vorrei tanto che lei fosse qua.
Feci un respiro profondo, respinsi un attacco di tosse mentre papà cercava di distrarmi dalla mia ansia.
Sollevai il calendario che distribuivano in tutte le stanze.
" Credo che ci sarà la pizza margherita stasera per cena. La tua preferita Harold!"
"Dopo l'intervento non penso avrà fame" gli disse mia madre e lui si rabbuiò.
Cercai di sembrare entusiasta. " Se mi andrà, stasera ne mangerò sicuramente "
Qualcuno bussò alla porta ed entrò un chirurgo.
Raccolsi tutto il mio coraggio e lo seguì.
"Ci vediamo dopo" dissero mamma e papà.
Mi misero su una sedia a rotelle e mi trasportarono in una sala. Quando le porte si chiusero il chirurgo mi sorrise. Cercai di ricambiare il sorriso ma le mie labbra si rifiutarono di mutare.
Fissai il soffitto per mandare via il panico, ora capisco perchè Louis voleva andare sul tetto; Se non fosse stato per i miei genitori l'avrei fatto anch'io.
Se voglio vivere devo essere un guerriero.
La porta si aprì lentamente ed entrò una persona bassa e magra. Indossava lo stesso camice da chirurgo, la stessa mascherina e gli stessi guanti, ma un ciuffo castano gli spuntava dalla cuffia.
I suoi occhi incrociarono i miei.
Non poteva essere vero.
"Che ci fai qui?" gli sussurrai.
"E' il tuo primo intervento senza Gemma" mi rispose per spiegarsi, con un'espressione nuova, non era ironica, era sincera.
Deglutì cercando di fermare le emozioni che affioravano, con le lacrime che mi annebbiavano gli occhi. "Come lo sapevi?"
"Te l'ho detto Harry, mi hai attirato dall'inizio".
Iniziò a raccontarmi il percorso della mia carriera, con e senza malattia, da fotografo.
Non potevo mollare.
Ero un artista. 
"Andrà tutto bene Haz".
La sua voce era così profonda. Dolce. In quel preciso momento sapevo, anche se potrebbe essere ridicolo, che se fossi morto non sarei morto senza essere innamorato.
"Promesso?" gli chiesi.
Lui annuì e mi porse la mano in un guanto rosa tenendosi a distanza.
Il nostro primo contatto. 
"Devo andare piccolo, ci vediamo dopo"
Andò via e subito dopo arrivò il vero chirurgo.
Andrà tutto bene.
Il cuore cominciò a battere.
Il respiro si sentiva attraverso le macchine.
Mi stavo allontanando dalla realtà.
Buio.

Un respiro in più insiemeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora