«Giurami che quello che non dirai a nessuno ciò che sto per dirti.»
La squadra era appena arrivata a La Spezia con volo diretto, e dopo il tragitto in pullman dall'aeroporto all'albergo scelto per il pernotto Gasperini aveva lasciato liberi i ragazzi, fissando il ritrovo alle 20.00 per la cena e la seguente 'presentazione del match' che facevano di consueto la sera prima della partita.
Erano circa le sei, il sole era praticamente già calato e Robin era appena entrato nella sua camera d'albergo, lasciando il bagaglio ai piedi di uno dei due letti.
Pronunciò quelle parole in modo atono non appena la porta della stanza si fu richiusa dietro al suo compagno di stanza, Hans Hateboer, entrato subito dopo di lui.Non riusciva più a stare zitto, a tenere per sè tutte quelle cose strane che le persone chiamavano emozioni e con le quali lui faticava a convivere.
Doveva dirlo a qualcuno, e di Hans il tedesco si fidava ciecamente, nonostante l'olandese fosse pure molto amico dei Lammers. Perchè sì, le emozioni che lui provava riguardavano proprio la più giovane dei due fratelli da poco giunti a Bergamo.«Quando inizi con queste premesse sei spaventoso. - commentò Hans, buttandosi sul letto libero e immergendo la faccia nel cuscino, tanto che la voce gli uscì ovattata mentre aggiunse: - Comunque sì, giuro. Forza dai, dimmi.»
Robin fissò il buio fuori dalla portafinestra. Nel vetro vedeva il suo riflesso pensoso, e rimirandosi iniziò:
«Ma se mi piacesse una ragazza...»«Okay, già ti fermo. - lo interruppe il compagno, rialzandosi di scatto e guardandolo di sottecchi - Cosa mi sono perso? Dico, tu... una ragazza...?»
Il tedesco iniziò già a perdere la pazienza e a pentirsene di aver cominciato quel discorso.
«Ascolta, non so cosa mi sta succedendo, okay? Ho fatto lo stronzo, l'apatico, l'asociale, fingendomi freddo e inflessibile, il tutto per una ragazza che speravo di respingere... Non volevo ammettere che oltre al calcio avevo bisogno di qualcuno che mi stesse vicino, volevo negarlo a me stesso dicendo che non avevo bisogno di quelle smancerie, e mi buttavo a capofitto nel calcio, ma questo sentimento è cresciuto e... non so cosa mi sta accadendo, brudi.»Hans lo aveva ascoltato senza fiatare, e appena egli finì di parlare, domandò:
«Chi è la ragazza?»Robin sospirò affranto.
«Lindsey.» mormorò, rendendosi conto in quel momento che era probabilmente la prima volta che pronunciava il suo nome.L'olandese annuì.
«Come immaginavo. Quando hai iniziato il discorso, ho capito che c'entrava lei. Anche perche, detto tra noi, è uno schianto.» commentò.L'altro gli lanciò un'occhiata torva.
«Non mi aiuti affatto.» ribattè.«Sì, hai ragione. Ehy, ma che vuoi sentirti dire, brudi? Ora che so chi è, mi devi dire che provi, cosa vuoi sapere da me. Non capisco cosa ci sia che non va. Insomma, lei non mi sembra una difficile da interpretare.» spiegò Hans, osservando Robin che si riscosse e smise di fissare il vetro.
Si allontanò dalla portafinestra per sedersi sul letto al fianco di quello dell'olandese, appoggiando la schiena al muro e lasciando penzolare i piedi a lato del letto.
«C'è che lei forse all'inizio pareva interessata a me, ma io non volevo che lo fosse perché non volevo quelle smancerie, come ti ho detto. Pensavo di essere invincibile senza, capito? Ora però sto vacillando, lei se ne accorge ma non so se vuole che faccia il primo passo o se non gli interesso più. Già ho ceduto, a volte, a non esser più così rigido come speravo: qualche sorriso di troppo, parole fuori posto, ma non voglio alimentare le sue speranze... Non so cosa provo, so solo che quando la vedo le mie gambe diventano come zucchero filato.»
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𝐒𝐔𝐏𝐄𝐑𝐂𝐋𝐀𝐒𝐒𝐈𝐂𝐎 || Robin Gosens
Hayran Kurgu𝐅𝐨𝐫𝐬𝐞 𝐢𝐨 𝐦𝐢 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐂𝐡𝐞 𝐟𝐨𝐫𝐬𝐞 𝐮𝐧 𝐩𝐨, 𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐨 𝐃𝐢𝐨, 𝐜𝐡𝐞 𝐟𝐚𝐬𝐭𝐢𝐝𝐢𝐨 La nuova stagione è alle porte e l'Atalanta dei sogni è pronta a ripartire dalle sue certezze Una di queste si chiama Robin Gosens, diffici...