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<<Piacere mio di conoscerti>>saluto la mia sorellastra. Jenna. Lei e suo padre, Jake, sono seduti a tavola mentre mia madre porta i piatti da distribuire. Ancora devo abituarmi ad avere una sorella (sorellastra dovrei dire) e ad avere un padre.

Ancora una volta, i brutti i ricordi di infanzia si fanno spazio dentro di me. Invadono la mia testa e non vogliono abbandonarla. Vogliono torturarmi in continuazione,non smettono. Sento questo peso dentro di me e non posso continuare a vivere in questo modo.

<<Tesoro tutto ok?>>chiede l'uomo.

Appoggia una mano, in segno d'affetto, sulla mia. Vuole aiutarmi, starmi accanto e dirmi che andrà tutto bene. Vorrebbe rassicurarmi e calmarmi come tutti i padri di questo mondo fanno. Ma io ho vissuto un'inferno inspiegabile e ho paura di riviverlo di nuovo.

Mia madre tossisce teatralmente. Jake toglie la mano dalla mia e io ricomincio a respirare di nuovo.

Mi sento in colpa adesso, ad essere onesti lui cercava solamente di essere quel padre che non ho mai avuto. Di provare a starmi accanto e di rendermi felice, vuole trattarmi come se fossi sua figlia mentre io lo sto respingendo.

<<Esco un attimo>>dico a tutti.

Una volta chiusa la porta di casa mi ritrovo seduta sul giardino di casa mia. Avevo davanti la casa di Ginny Miller. Vedevo ogni volta sua madre mentre innaffiava le piante che aveva nella sua perfetta aiuola.

Ho sempre pensato che lei fosse una donna perfetta. Ma anche lei, come me, ha subito troppo. Ha sofferto troppo...
Sua figlia invece se ne frega altamente di quello che ha sofferto lei e accusa la madre di ogni cosa;anche quando quest'ultima cerca di essere una "madre normale" tralasciando la giovane età.

Sposto lo sguardo alla casa a due passi dalla mia:quella dei Baker. Ellen e suo marito stavano tutto il tempo a calmare la vivacità di Maxine e ha capire il ragazzo solo che si isola nella sua stanza. Possibile che mi ci ritrovi molto in quella testa calda? Possibile che credo di vedere me stessa riflessa in lui? Abbiamo entrambi sofferto anche se lui non mi ha parlato tanto del suo dolore. E io da egoista e stupida quale sono non ho mai chiesto nulla,non gli ho chiesto neanche come sta o che cosa prova. Mi alzo immediatamente dalla panchina e vado a casa sua.

<<Non è qui>>afferma Maxine. Dove sarà allora se non qui? Oggi è domenica e non c'è scuola.

<<Penso che sia dai suoi amici, a tre case da qui>>dice sua sorella. La ringrazio davvero tanto.

Inizialmente avevo paura della sua possibile reazione alla relazione tra me e suo fratello ma ora, ora è davvero contenta per noi due. E posso dire per certo che è una vera amica. Mi sta accanto e accetta quello che sono e purtroppo anche quello che ho passato.

Arrivata davanti la porta bianca di questa casa, sento subito delle urla. Urla di ragazzi ubriachi e urla di ragazze o meglio dire galline in calore. Apro la porta senza bussare. Quello che mi ritrovo davanti mi paralizza. C'è odore di fumo e mi tappo subito il naso con due dita. Vedo che sul divano ci sono tanti ragazzi e uno tra quelli è proprio lui:il mio ragazzo.

Che cosa sta facendo qui? Sono le otto e mezza di sera, che cosa fa qui e perché non è casa con la sua famiglia che si sta altamente preoccupando?

Non mi vede ancora. Vengo travolta da una scia di fumo e riconosco il viso ad un centimetro dal mio. È Dylan, credo. Lui ha i capelli scuri e gli occhi chiari. È più alto di me, molto muscoloso ma non può di certo superare Marcus. Accanto a lui c'è la famosa ragazza alla festa di Ella.

<<Sei Jules?>>chiede la ragazza dai capelli rosa. Annuisco. <<Mi chiamo Layla>>sorride. La invidio tantissimo. È più magra di me, è piu bella di me ed è assolutamente così fiduciosa e sicura di sé che mi fa sparire del tutto anche quel poco di autostima che possedevo.

𝐖𝐇𝐀𝐓 𝐓𝐇𝐄 𝐇𝐄𝐋𝐋 𝐀𝐑𝐄 𝐖𝐄-𝗆𝖺𝗋𝖼𝗎𝗌 𝖻𝖺𝗄𝖾𝗋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora