capitolo 18.

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Ancora una volta avvolta nel suo maglione, che ancora mantiene il suo profumo, nonostante fossi sempre io ad indossarlo.
Quelle maniche troppo larghe e lunghe che mi riparano dal freddo.
Ma quando il freddo lo hai dentro? Non esistono barriere.
Louis sa amare, Louis ama me.
Louis ama Abigail. 
Ma sebbene Louis Tomlinson mi abbia ripetuto più volte quelle parole, io non riesco a farmele andare bene, non riesco a sentire il cuore leggero e lo stomaco che si contrae per la felicità. 
No, non riesco proprio a rispodergli un "anch'io", essendone veramente convinta.
Ora che ho la certezza di essere amata, so che questo non è un gioco, che non lo è mai stato e non lo diventerà.
Io e lui continuiamo a scappare perchè ci crediamo davvero, perchè è questo che ciò che vogliamo.
Louis, alla mia destra, steso sul sedile dell'aereo partito da un'oretta, dorme con le braccia incrociate al petto, il cappuccio in testa e le cuffiette che trasmettono la musica ad un volume talmente alto da rendere impossibile il sonno a chiunque, ma non a lui, che non si sveglia nemmeno con le cannonate. 
E io, alla sua sinistra, lo osservo, come qualcosa destinato a finire, come il vento che non si può afferrare.
Ti amo Abigail- perchè questa frase non è riuscita a rompere le mura ciclopiche che hanno sempre protetto il mio cuore? 
Credo di aver già perso Louis, perchè lo sento lontano anni luce, perchè non riuscirò più a guardarlo come il primo giorno, perchè ora so che non sono io quella che deve essere salvata.
Vorrei perdonarlo per avermi tradita, per avermi distrutta, ma il mio orgoglio non me lo concede. 
E mi trovo nuovamenete ad essere il campo di battaglia di una lotta interna.
Un crampo allo stomaco mi distrae dai miei pensieri, ricordandomi che non tocco cibo da troppo tempo, così chiedo qualcosa, che non tarda ad arrivare, all'hostess.
Dopo avere terminato quella che dev'essere stata la mia cena inizio a sentire le palpebre pesanti e la testa leggera e mi addormento nella posizione più scomoda in cui fossi mai stata.

Mi sveglio di scatto a seguito di un brutto sogno che ora nemmeno ricordo, e Louis è sveglio accanto a me.
-"Abs tutto bene? Sei tutta sudata"
-"Brutto sogno" rispondo scocciata, passandogli davanti e andando verso il bagno.
Mi rinfresco con un po' d'acqua per poi tornare a sedermi, stringendo le gambe al petto e guardando fuori dal finestrino.
A terra era tutto illuminato da luci di case, strade e chissà quante altre cose.
Ci avvisano di star volando sopra Chicago e Louis si tende velocemente a guardare giù con una mano appoggiata al vetro.
-"Era il sogno di mia madre, questa città
Mi giro a guardarlo e restiamo a fissarci negli occhi per secondi interminabili, finchè non abbasso lo sguardo per evitare di dargli false speranze.
-"Come stai Louis?" chiedo continuando a tenere la testa bassa.
-"Te lo prometto che quando saremo a New York, in una bella casa, solamente tu ed io, saremo felici. Ascolteremo musica bellissima a sera, vedremo luoghi illuminati solo per noi, faremo tutto quello che ci viene in mente, ogni giorno così per tutta la vita"
Sorrido, con il cuore e con gli occhi. Sorrido perchè se anche fossero solo parole, mi fanno stare bene. 
Voglio dimenticare tutto il passato, voglio vivere adesso, da qui in avanti, da quando scenderò da questo aereo.
-"Hai la forza di crederci e di far credere lo stesso a me
Ed è un bacio, e sono due, e tre.
Ed è come se fosse la prima volta, tengo gli occhi chiusi come a voler mantenere la magia di quel momento.
Sorrido sulle sue labbra, perchè di stare bene non ci si stanca mai.

Le ore seguenti passano veloci, guardando film e commentandone ogni battuta, ordinando continuamente cibo all'hostess, ridendo come mai prima d'ora e attirando l'attenzione dei vicini  insofferenti che ci lanciano occhiatacce pregandoci di smetterla, altri invece ci guardando sorridendo e facendoci i complimenti per la "bella coppia".
Ma verso la fine del viaggio siamo esausti, sia Louis che io stiamo andando in astinenza, ci parliamo poco e di tanto in tanto ci guardiamo nervosi.

Stiamo finalmente stiamo atterrando sul più grande aeroporto di New York, talmente illuminato da far sembrare la notte giorno.
L'atterraggio dura circa venti minuti e poi ci dicono che possiamo scendere con ordine ad aspettare il bus che ci avrebbe portato all'interno del Jhon F. Kennedy, il posto più grande in cui io sia mai stata. 
La gente qui si muove velocemete in tutte le direzioni, e io cammino lentamente tenendo il collo alzato ad osservare ogni piccolo particolare, con solo uno zaino sulle spalle e la mano stretta a quella di Louis. 
C'è chi aspetta qualcuno, chi lavora, chi torna a casa, chi parte per andare chissà dove, e chi è qui per iniziare di nuovo, più forte di prima. 

-"Vieni Abs, seguimi" mi dice tirandomi un braccio, e lo seguo fuori dall'aeroporto.
Mi passa una canna e ne accende una per lui, respiriamo a pieni polmoni, finalemente.
Chiudo gli occhi e penso per la prima volta al futuro, finalmente posso concedermi di farlo.
-"Dovrebbe esserci un taxi ad aspettarci da qualche parte" dice osservando gli autisti che tenevano in mano i cartelloni con scritti sopra i nomi delle persone che aspettavano. 
-"Eccolo lì, guarda Tomlinson e.. Hockley" dico indicando l'uomo che avrà avuto si e no sessant'anni.
-"Hanno sbagliato a scrivere il tuo cognome" sorride Louis mentre ci avviamo verso il tassista, facendoci largo tra la folla sempre più disordinata. 

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