capitolo 29.

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Grace Payne era una donna affascinante, una di quelle che ti fanno vedere la luce anche nelle situazioni più buie, così me la descriveva Louis.
Grace Payne si suicidò a causa degli abusi del marito abbandonando quattro figli al loro destino, tra cui ovviamente Louis.
Grace significa, secondo la visione più antica del nome, perla simbolo di purezza e bontà.
Se si suppone che il nome derivi dal gaelico significherebbe "angelo caduto" oppure "dono del cielo".
Grace.
È questo il nome della bambina dai ricci scuri e dallo sguardo penetrante tipico di Louis, la curva delle labbra a metà tra un sorriso e un ghigno.
Niall la culla tra le braccia e la solleva in aria e io li guardo sorridendo dalla poltrona del salone.
Ormai siamo una famiglia: io, Niall e Grace viviamo finalmente in casa da soli.
I miei genitori sono tornati ad alloggiare a Brighton e vengono occasionalmente a fare visita alla loro nipotina.
Siamo una coppia normale e ci siamo lasciati alle spalle tutto quanto il dolore, io e Niall dormiamo nello stesso letto e la culla sta a pochi metri di distanza da noi. Trudi ha come sempre la sua camera riservata e ora che non c'è mia madre a dettare ordini è molto più rilassata, anche se continua ad ostinarsi ogni volta a volermi sistemare il cappotto sulle spalle prima che io esca di casa.  
Niall continua con gli affari e io ho ripreso a studiare economia, a vestirmi per bene, a curare i miei capelli, a soppesare le parole prima di farle uscire dalla bocca e ad organizzare cene di gala.  
Ma c'è quel giorno in cui mi concedo di respirare, di esprimermi, di aprire il cuore. C'è il giorno che aspetto tutto il mese senza far trasparire alcuna emozione, ma nel mio profondo ogni volta che si avvicina l'undici mi sento pervadere dalla felicità.
E oggi è l'undici, l'undici aprile.
Controllo l'orologio d'oro elegante e mi alzo.
-"Vado a prepararmi" dico stringendo tra le braccia Niall e baciando Grace sulla fronte.
-"Oh, già, oggi è l'undici. Salutami Louis" dice un po' triste, non capisco perché dato che alla fine ho scelto lui, ho scelto Niall.
-"Lo farò" rispondo e lo bacio di fretta per poi salire in camera a vestirmi.
Ho solo 22 anni ma il mio sguardo gelido e la mia aria matura me ne attribuiscono molti di più.
Louis. Quanto mi manchi amore mio.
Mentre infilo la lunga gonna a vita alta noto sul comodino la lettera di Liam che ho riletto ieri sera.
"ah e ovviamente passa un buon undici aprile.
Sempre con affetto,
Tuo Liam"
Così finisce la sua lettera e mi sento le palpebre pesanti a pensare al calore che il mio grande amico riusciva a darmi con un solo sguardo.
Coraggio Abigail.  È vero sono tante le cose che ho dovuto sacrificare ma ora sto bene. Sto bene? 
Evito di rispondere, evito di pensarci.
Scendo di nuovo le scale e Niall mi accompagna alla porta.
-"Ti chiamo un taxi?" mi chiede agitato.
-"No grazie, andrò in bici" gli sorrido e poi abbasso gli occhiali sul naso.
-"Ci vediamo questa sera" mi dice e aspetta che io esca dal cancello prima di chiudere la porta.
Pedalo in fretta non riuscendo a fare a meno di sorridere sentendo il vento scompigliarmi i capelli. 
Io e Louis ci siamo dati appuntamento all'inizio di Bond Street.
Felicitie, la sorellina di Louis, è tornata a vivere con lui e mentre lui cerca un lavoro e lei frequenta il liceo i loro zii e Liam li sostengono come possono.
Louis accompagna ogni mattina a scuola la sorella quindi ci vedremo alle nove, ma sono in anticipo come sempre.
Continuo a sorridere e guardo di sfuggita il semaforo che è appena diventato rosso quando la gonna si impiglia nella ruota posteriore facendomi quasi perdere l'equilibrio, gli occhiali mi cadono e ho appena il tempo di voltare la testa a guardarli che qualcosa mi spezza.
Poi un clacson e uno schianto.
Poi le urla e la folla.
Poi realizzo che ci sono io a terra e che il clacson era per me.
L'impatto con l'asfalto è stato forte, non ho visto la macchina ma credo andasse abbastanza veloce perché le strisce pedonali sono a una decina di metri da dove io sono distesa a terra, ansimante.
Perdo la vista per qualche secondo e poi non sento più.
Il mio cuore inizia a battere forte: macabra suoneria.
Non ho salutato Grace.
In pochi secondi la mia mente rielabora tutto ciò che ho visto nella mia breve vita.
Sono così impotente qui, ora, così.
E mi congratulavo con me stessa per avere preso in mano la mia vita e poi la vita in un attimo finisce.
Non ha niente a che fare con quanto sei stato buono o cattivo, arriva una macchina e ti spiaccica a terra e sei impotente e rimani a terra ad aspettare che tutto finisca o inizi. 
E non frega un cazzo a nessuno se sei Bin Laden o Gesù Cristo. Muori, muori e basta.
E non muori nel tuo letto, ormai vecchia, no. Muori in mezzo alla strada quando di anni ne hai appena 22.   
E io mi sento ancora di lottare perché non posso lasciarmi vincere.
Come quando non senti più le gambe ma devi continuare a correre, a camminare perché non ti è concesso fermarti.
Come quando stai annegando in mare e poi riesci per un attimo a respirare ma finisci di nuovo sotto, e lotti contro qualcosa che è troppo forte, troppo superiore.
Come quando di notte ti svegli con gli attacchi di panico e ti sembra di non riprenderti più.
Come quando per un grammo di una qualsiasi droga saresti disposto a strisciare, perché l'astinenza ti uccide quanto annegare.
Come quando hai sete e di acqua non ce n'è e ti sembra che l'acqua sia la cosa più importante al mondo. 
Come quando desideri la morte e non ti rendi conto di cosa significhi realmente.
Come quando ti rendi conto troppo tardi dell'eternità di un attimo, della brevità di una vita.
Come quando scopri di non aver fatto abbastanza.
Di non aver fatto abbastanza volte l'amore con la persona che ami, di non aver baciato abbastanza volte quelle labbra, di non aver vissuto come desideravi davvero o di non aver giocato abbastanza con tua figlia, di aver deluso le persone che ti amano di più al mondo.
Come quando sai che non c'è più tempo ma ne vorresti ancora per fare tutto ciò che continuavi a rimandare.
Come quando ansimi e senti l'asfalto freddo e intorno a te: non è più grigio ma rosso e il sangue caldo che vedi a terra è il tuo.
Lo sento, sento il sangue disperdersi, sento i miei 22 anni abbandonarmi sento di non avere abbastanza forze per piangere.
E sento una voce tra la folla che mi riporta a giorni lontani e sorrido e chiudo gli occhi.
Va bene, va bene così.
E piango perché non voglio lasciare quella voce, non posso farne a meno.
Apro gli occhi e Louis è davanti a me e urla e mi tiene la testa tra le mani e le vedo riempirsi di sangue.
-"Ti prego tieni duro, sta arrivando l'ambulanza, adesso arriva"
Ma lui non lo sente quello che sento io.
Non sente questo freddo, questa paura, questo terrore, questa vita che mi abbandona, sempre di più. Sempre di più.
Gli sorrido e porto la mano, quella al cui polso è legata l'ancora, al suo viso e lui si china verso di me, pallido, terrorizzato e io lo sussurro con la voce che mi rimane. 
Ero così felice di poterlo incontrare, ma non avrò una seconda possibilità e devo farlo ora anche se mi fa male tutto è giusto che lui lo sappia.
-"Ti amo" sussurro.
Lui non capisce e mi guarda storto, disperandosi.
-"Ti amo, ti amo, ti amo" 
E ora capisce e scoppia a piangere e anche una lacrima bagna il mio viso.
Gliel'ho detto, dopo tre anni, gliel'ho detto.
-"Amore, amore sta arrivando l'ambulanza, la senti la sirena?"
La sento Louis, la sento. 
Mi salverò. Ce la farò.
Ha ragione lui: non morirò.
Ma sorrido e l'ambulanza non la sento più.
Sorrido tenendo la mano a Louis con le ultime forze.
Un'ultima illusione, perché questo è la vita.
Morirò qui, tra pochi istanti.
Nasci solo e muori solo, tutto il resto è solo un'illusione.
Non respiro più, mi dispiace Louis.
Ti amo.
Ti amo, Louis Tomlinson.
Per tutta l'eternità di nero che ora mi attende.
Scusami, non sono riuscita a salvarti.
Amami anche tu. 


LOUIS POINT OF VIEW//
Al telegiornale parlano di Abigail Hockley, morta questa mattina, investita. Morta sul colpo, dicono.
Non ha sofferto, dicono.
Stronzate, dicono stronzate. 
Felicitie sta al mio fianco e mi abbraccia, lei piange io no.
Del tutto assurdo, Abigail non può essere morta.
Il telefono continua a suonare ma nessuno risponde.
Ci hanno ignorato tutti per una vita, nessuno si è fatto problemi ad abbandonarci, perché si fanno sentire solo ora? Perché tornano tutti quando è troppo tardi? Quando a me non interessa più?
Felicitie apre il divano letto e si sdraia, rimango a guardarla mentre si addormenta e poi scoppio a piangere.
Chiudo gli occhi e la vedo, ancora più bella, brilla di luce propria, sorride come se fosse un angelo.
Con i capelli spostati dal vento, con quegli occhi azzurri e immensi.
Sorride e quei sorrisi li bacerei tutti, ride prima di baciarmi.   
E poi la vedo a terra, distrutta, gli occhi velati dalle lacrime mentre si allontanano sempre di più.
Orribile, orribile visione che non si cancellerà mai più dalla mia mente, continuerò a vederla: giorno e notte, mi tormenterà fino alla pazzia.
Lei che ha detto di amarmi mentre moriva, mentre aveva perso ormai troppo sangue, mentre le costole rotte non le permettevano di respirare lei è riuscita a dirmi tutto.
Dovevamo arrivare a tanto per riuscire a dirci tutto?
Mi dispiace Abigail, mi dispiace cazzo.
Avrei preferito non incontrarti mai, non avrei voluto rovinarti la vita.


Oh stupido, stupido Louis.
Proprio non capisci? Tu la vita non me l'hai rovinata, tu la vita me l'hai data.
Ma perché non capisce?

Pensa Abigail e sorride da un luogo molto, molto, lontano in cui il tempo non esiste più, in cui ogni istante è eternità e l'eternità è un istante. 


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