capitolo 25.

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Louis smette di parlare, sbuffa un attimo prima di lasciare che le lacrime scivolino lungo le guance, chiude leggermente gli occhi, non si sforza di nasconderle.
Con uno sforzo disumano apro gli occhi e le parole escono da sé, la mia voce è debole e stanca ma comunque determinata. Forte per lui.
-“Non piangere, ti prego” e porto la mano libera dalle varie flebo al suo viso freddo e umido, asciugo le sue lacrime e rimango a sfiorare delicatamente i suoi lineamenti stanchi.
-“Come ti senti? Come stai? Io..” si mette le mani tra i capelli, riesco vagamente ad intuire dai suoi occhi l’insieme di contrasti che devono esserci in lui al momento.
-“Sto benissimo Lou, tu come stai?”
-“Ti ricordi qualcosa di quello che è successo?”
Un brivido mi percorre, chiudo gli occhi un attimo cercando di mandare lontano quei pensieri.
Respiro a fondo.
-“Si, si.. C-come hai fatto a trovarmi?” chiedo tremando e anche lui trema, ed è più pallido del solito.
-“I-io sono.. sono arrivato troppo tardi Abs. Avevano delle a-armi, facevano sul.. serio, e io.. quando ti ho vista lì, io non ero più in me! Abigail io.. io l’ho ucciso. Ho ucciso un uomo”
D’impulso ritraggo la mano, d’un tratto ho paura di Louis, ho paura di tutto.
Mi sento a pezzi, vorrei solo scappare, vorrei solo essere qualcun altro- chiunque altro al di fuori di me.
-“No ti prego, non mi toccare Louis, non mi toccare..” lo imploro mentre cerca di farmi riacquisire fiducia, tentativi inutili. Sento la testa scoppiare e mi sento debole.
I medici entrano proprio in quel momento e mandano via Louis che non oppone resistenza, esce fuori e rimane attaccato al vetro, continua a piangere a guardare verso l’alto, e poi, silenziosamente, chiudo gli occhi e piango anch’io mentre sento il rumore dell’ecocardiogramma alle mie spalle e i medici che parlano della mia situazione. La mia vita sta andando a puttane.

-“Ti è andata bene, ragazza. Ma non farci troppo affidamento, non succederà un’altra volta. Per fortuna sei arrivata in tempo. Hai appena vent’anni, overdose da eroina? Da matti.. Il mondo va a rotoli.”
Non sento niente e pagherei qualsiasi cifra per essere almeno arrabbiata con l’infermiera, darei qualsiasi cosa per riavere la grinta e l’energia di un tempo, per provare odio o rabbia o qualsiasi cosa, ma non questo vuoto, non questo annientamento, non questo bianco.
Rimango con gli occhi sbarrati a fissare il soffitto, senza la minima intenzione di spiegare ai medici qualcosa che io stessa devo ancora capire e che mai, mai potrò accettare.
È come se guardassi la vita da occhi che non mi appartengono, da quelli di Louis, queste pareti bianche, questo letto bianco, un’altra overdose, un’altra raccomandazione, un altro avvertimento e poi una volta che sarò fuori di qui continuerò a drogarmi.
Ma io non sono Louis, quindi è davvero questo che voglio dalla mia vita?
Voglio dipendere davvero da qualcosa che mi uccide?
Stiamo diventando pazzi, l’unico legame che ormai abbiamo è la droga, neanche più il sesso, siamo troppo stanchi anche per quello, rimaniamo a collassare a ‘goderci’ il trip, a vomitare l’anima.
Era così bello quando lo incontravo le prime volte, tremare per un bacio, ricevere speranza immergendomi nei suoi occhi, la pelle d’oca al minimo contatto e il sorriso sulle labbra al solo pensiero di lui.
Dov’è finita quella ragazza? Cosa le è successo? Perché di certo non può essere questo corpo vuoto disteso sul letto di un ospedale.
Vorrei non essermi mai svegliata. Perché da quest’inferno, in cui niente è reale e niente è irreale, io non ne esco più.
-“Da quanto sono qui?” chiedo distrattamente all’infermiera solo per testare la mia capacità di articolare una frase.
-“Da questa notte, alle quattro circa. Sono le tre di pomeriggio” mi risponde mentre prova per l’ennesima volta a farmi mangiare.
-“Quando potrò andarmene?” Chiedo ingoiando di malavoglia un cucchiaio di brodo ormai freddo.
-“Non appena avremo fatto gli accertamenti, il Signor Payne e la Signora Smith ci tengono a farti rimettere del tutto prima di lasciarti uscire”
Già, siamo in America. Se non fosse stato per Liam avrei potuto morire per strada, chissà quanto ha dovuto pagare.
Ora mi sento addirittura in colpa per essere viva.

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