Capitolo 13

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Erano solo le 10:30 del mattino eppure nonostante questo, Los Angeles, vista dall'altitudine della famosissima scritta Hollywood, appariva come esser stata appena dipinta. I grattaceli sembravano essere semplici pennellate di colore utilizzate al fine di creare uno sfondo e l'Hollywood Lake Park laggiù rappresentava il soggetto, ricco di vivacità donatagli dall'azzurro limpido del suo colore e dai bambini i quali attorno ad esso si accerchiavano attingendosi al gioco ed al divertimento. Quel luogo era un posto speciale, un posto magico capace di farti sentire libero, solo con te stesso ma allo stesso tempo completo della tua sola presenza; chi andava li da solo spesso lo faceva per contemplare la propria vita, il proprio vissuto e le proprie azioni quotidiane al fine di riuscire a comprendere se stessi e magari migliorarsi. O almeno questo era ciò che lei pensava.

Giorgia riteneva la scritta Hollywood come una sorta di santuario, un luogo talmente bello e prezioso da non meritare di essere sprecato per futili occasioni ed azioni come la classica scopata il sabato sera dopo aver guardato un film al cinema. Amava quel posto perché per lei rappresentava l'unico posto rimasto davvero vivo e vero della propria città e l'unico posto capace di trasmetterle tranquillità, di calmarla e di renderla davvero serena. Da sempre quando era una bambina correva li nei momenti in cui necessitava di passare del tempo in solitudine, quando magari dopo una brutta giornata aveva bisogno di sfogarsi senza però dare spettacolo difronte alla propria famiglia ed ogni sera, prima di tornare a casa, aspettava da lì che il sole tramontasse ed il cielo diventasse buio, era una sorta di tradizione per lei; quella mattina vi ci aveva portato Lauren, era a conoscenza del fatto che, chiaramente, anche la corvina conoscesse quel luogo, ma aveva deciso di portarla li al fine di farglielo vedere e percepire nello stesso modo in cui lo faceva lei. Voleva rendere Lauren partecipe e complice di quel posto, voleva farle provare le stesse emozioni e le stesse sensazione affinché esse potessero forse farle trovare la serenità.

Si era accorta di quanto Lauren stesse male quella mattina e di quanto avesse bisogno di qualcuno con cui parlare e liberarsi, e sperava di poter essere lei quel qualcuno. E magari quel posto magico poteva essere un'agevolazione.

-" Perché mi hai portata qui ? "- domandò la corvina con tono curioso mentre si levava il casco. Giorgia gia era scesa dal motorino attaccando ad esso il proprio copricapo. Si sistemò poi la lunga e fluente chioma bionda che il vento le aveva scompigliato durante il tragitto.

-" Per tutto e per niente "- rispose semplicemente la piccola. Lauren si interrogò su quelle parole avvicinandosi successivamente a lei.

-" Che significa ? "- chiese confusa grattandosi la testa.

Giorgia sospirò cercando di comprendere come potesse rispondere al meglio. Voleva che Lauren si aprisse con lei e non ne riusciva a capire nemmeno il motivo, solo sentiva di voler far stare bene quella ragazza che sin da quando lei era bambina, aveva sempre cercato di renderla felice.

-" Io.. "- cominciò ma veramente non sapeva come prendere il discorso -" perché non mi hai detto che il tuo manager ti tratta così male ? "-

Non avendo idea di come rompere il ghiaccio decise di usufruire di una frase semplice, breve ma chiara e coincisa. Lauren sollevò gli angoli della bocca in un piccolo sorriso intenerita da Giorgia e dal suo preoccuparsi per lei.

-" Perché non serviva, è normale che lui si comporti così. Tutti i manager lo fanno, è giusto che un cantante sia perfetto, altrimenti non potremmo salire su un palco "- Mentí. È vero, un cantante quando sale sul di un palco deve essere al meglio della propria forma fisica, spiccare ed eccellere sempre ma ciò non deve necessariamente comportare che questo venga maltrattato.

Giorgia però si era basata solo di un messaggio per cercare di creare una situazione generale in maniera intuitiva, non sapeva che dietro a quelle poche parole ci fosse alto. O almeno, fino a quel momento non lo sapeva, poiché adesso iniziava ad immaginare.

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