𝕰𝖕𝖎𝖑𝖔𝖌𝖔 𝕯𝖚𝖊

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Taehyung

JooWon stava correndo avanti e indietro per la casa, cercando di mettere in ordine le ultime cose fuori posto. Eravamo entrambi più ordinati di prima, forse anche grazie all'impegno che ci metteva Jungkook nel tenere pulita la nostra casa. Ma quel giorno a mio figlio l'ordine che regnava non sembrò abbastanza e decise di contribuire a sistemare ancor di più ogni stanza. In realtà faceva così tutte le volte che Cheongho veniva a farci visita, ignorando il fatto che sarebbe stato proprio quest'ultimo a far tornare il caos in questa casa.

Entrambi erano sempre stati bambini vivaci ma, da quando erano usciti dall'ospedale, lo erano ancora di più. Adesso che stavano bene, che erano guariti, passavano gran parte del loro tempo insieme ed io non avevo mai visto mio figlio così felice prima d'ora. Quest'esperienza, per quanto brutta e dolorosa, aveva portato nelle nostre vite cose meravigliose, persone meravigliose.

«Papà, aiutami a mettere in ordine. Cheongho sta per arrivare.»

Poco dopo, infatti, il campanello suonò. Non appena mio figlio lo sentì, sorrise in automatico. Era bello vederlo entusiasta di incontrare il suo migliore amico. A giudicare da come si abbracciavano non appena mio figlio apriva la porta, poteva sembrare che non si vedessero da mesi, in realtà si volevano solo un gran bene. E, tutte le volte, JooWon non gli dava nemmeno il tempo di salutare sua madre perché lo prendeva per mano e lo trascinava dentro a giocare.

Salutai io sua madre e lei mi disse che sarebbe tornata a prenderlo dopo cena. Io e Jungkook non eravamo riusciti ad instaurare un bellissimo rapporto con i genitori di Cheongho anche se ci avevamo provato per davvero molto tempo. Al contrario, però, avevamo accolto Cheongho nella nostra famiglia quasi come fosse anche lui nostro figlio. Alla fine passava la maggior parte del tempo a casa nostra o comunque con noi. Quando uscivamo chiamavamo sempre anche lui perché JooWon insisteva ogni volta. Erano inseparabili.

Mentre loro giocavano insieme, io andai in cucina da Jungkook che era uscito da lì solo per salutare il nostro ospite, per poi rifugiarcisi subito dopo per accertarsi di non bruciare nulla. Avevo sempre amato guardarlo cucinare e, in due anni, era migliorato sempre di più. Ma non importava quanti piatti nuovi ci proponesse, il nostro preferito sarebbe sempre rimasto il suo hamburger con patatine che, puntualmente, ci facevamo cucinare ogni venerdì sera.

«Ho quasi fatto, inforno il cibo e poi sono tutto tuo.»

«Non vedo l'ora.»

Mi mandava fuori di testa come riuscissi a farlo arrossire ancora come il primo giorno. Non si sarebbe mai abituato al mio tono di voce quando parlavo con lui, ai miei occhi puntati su di sé e alle mie mani pronte a sfiorarlo in ogni momento. Ed oggi, più di ogni altro giorno, l'avrei tenuto sempre stretto a me.

Infornò varie teglie e poi mise il timer per assicurarsi di non scordarsene. Quando mi raggiunse non aspettai nemmeno un secondo prima di baciarlo e stringerlo tra le mie braccia. Mi allontanai da lui solo quando lo sentii singhiozzare contro la stoffa della mia maglia. Presi il suo viso tra le mani e lo costrinsi a guardarmi mentre, piano piano, baciavo via ogni sua lacrima. Accarezzai le sue guance e baciai la punta del suo naso. Attaccai la mia fronte alla sua e lo lasciai parlare.

«Non voglio che tu te ne vada.»

Avevo rimandato questo momento giorno dopo giorno negli ultimi otto anni perché, lasciare mio figlio da solo, era l'ultima cosa che avrei voluto fare. Non c'era stato attimo, in quelle ultime settimane, in cui non avevo desiderato di averlo fatto appena diventato maggiorenne ma, a quel tempo, non potevo immaginarmi che solo due anni dopo sarei diventato padre. Adesso però, alla soglia dei ventotto anni, non avevo altra scelta se non quella di svolgere il mio dovere in quanto cittadino Coreano, servire la mia patria e partire per il servizio militare obbligatorio.

Sognatori in trappola ~ [Vkook&Sope]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora