Captolo 7- Il mare delle bugie

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Capitolo 7 - Il mare delle bugie

L'educazione è il grande motore dello sviluppo personale.

È grazie all'educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione.

Non ciò che ci viene dato, ma la capacità di valorizzare al meglio ciò che abbiamo è ciò che distingue una persona dall'altra.

La professoressa Shirley prosegue il suo monologo, nonostante sappia che la maggior parte della classe non la stia seguendo. Cerco di prendere mentalmente appunti, visto che non ho tanta voglia di scrivere. Ad un tratto, il suono della campanella ci avvisa della fine della lezione.

Rimetto tutti i miei oggetti nello zaino e mi dirigo in fretta verso la porta. Visto che oggi non ci sono ancora né America né Cam, devo riuscire ad arrivare in mensa prima e trovare un tavolo vuoto in cui sedermi da sola.

Conoscendo gli altri, so che non si avvicinerá piú nessuno.

Percorro il lungo corridoio fino ad arrivare alla mia meta. La sala é ancora quasi vuota, come sospettavo. Prendo un vassoio, un muffin, un succo all'arancia e mi dirigo in uno dei tavoli vuoti. Mentre mi siedo, vedo una delle ragazze della squadra delle cheerlider guardarmi in modo strano, quasi inquietante.

Ok, facciamo finta di nulla. Inizio a mangiare il mio muffin, cercando di non fare caso alla ragazza che mi ritrovo al tavolo di fronte che continua a guardarmi insistentemente. All'improvviso si alza e mi viene incontro.

Divento tesa all'istante. L'aria sembra essere diventata di colpo piú fredda. Mi avvolgo ancor di piú nel mio cardigan lilla, nel tentativo di riscaldarmi un po'. La ragazza sposta la sedia di fronte alla mia e si siede. Vedo le altre che la guardano contrariate.

Lei risponde con un semplice gesto della mano e con un secco " Solo 5 minuti". Non so cosa aspettarmi da ció. Le do una veloce occhiata. Capelli rossastri, occhi verdi e un fisico da modella. L'ho giá vista. Era una delle amiche di America quando facevano entrambe parte della squadra delle cheerlider.

«Allora... Come sta America?» mi chiede con sguardo inquisitore.

Questa ragazza mi fa paura. E poi perché deve venire a chiederlo propio a me?

«Prima mi aveva detto di sentirsi meglio, ma ultimamente non l'ho piú sentita» rispondo sincera.

In effetti é da un po' di giorni che non viene a scuola e non l'ho neanche piú sentita al telefono. É da quasi un mese che siamo amiche e ció non era mai successo. Mi aveva detto di essere malata, ma ora inizio a pormi delle domande. Manca da una settimana.

«Davvero? Allora é peggio di quanto pensassi.» Si porta una ciocca ribelle dietro l'orecchio e poi continua

«Senti, saró diretta. Mi importa molto di America. Siamo amiche e nonostante non condivida la sua scelta di avvicinarsi a te, le vorró sempre bene. Ed é per questo motivo che non voglio che si faccia del male.»

«Non capisco cosa intendi» dico in un sussurro.

Cosa potrei farle io di male? E poi mica non erano piú amiche? Almeno America mi aveva detto ció.

«Lo so. É per questo motivo che ti devi allontanare da lei. Lo dico per il suo bene e anche il tuo.» Il suo sguardo é puntato dritto nel mio. Mi osserva attentamente in attesa di una risposta.

«Senti se é per il fatto che cosí si rovinerá la reputazione n-»

«Non intendo quello. Non sono cosí crudele.» mi interrompe. «Sto solo cercando di aiutarla per altri motivi, che non posso dirti. Almeno non io.»

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