Capitolo 21 - Ricordi velenosi

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Capitolo 21 - Ricordi velenosi

Prendo dalla borsetta chiavi e telefono e mi precipito giú per le scale di corsa. Intendo scoprire come ha fatto America a venire a conoscenza della mia amicizia con Hayley. Non dovrebbe conoscerla. Si é trasferita qui solo alla fine dello scorso anno scolastico. Quindi, come diavolo ha fatto? La domanda mi sorge spontanea mentre chiudo a chiave la porta e mi incammino per casa sua.
Mentre cammino peró, un'altra domanda mi fa bloccare sul posto. Perché é andata a chiedere a lei quando poteva benissimo venire a casa a cercarmi? É giá passata e non mi ha trovata?
Non so piú che pens-
«Hei, piccola teppistella.»
Mi giro di scatto verso la voce che ha messo fine ai mie pensieri e finisco per imbattermi in due occhi verdi che mi osservano incuriositi.

«Non sono una teppistella.» mi limito a dire, schioccandogli un'occhiataccia.
«Scusami, Marcy ti chiama cosí.» si giustifica Dylan sorridendo. «Be', in realtá non proprio cosí. L'aggettivo piccola é un mio tocco personale.»

Lo guardo ancor piú minacciosa, tentando di fargli capire che non é il momento.
«Che gentile la tua ciginetta. Peró sono sicura che ti ha anche detto di starmi alla larga, per cui é meglio se non mi stai molto vicino.» lo liquido in fretta con un gesto della mano, iniziando di nuovo a camminare lungo il marciapiede. Non riesco a percorrere neanche due metri che me lo ritrovo di nuovo accanto in sella alla sua moto rossa fiammante.
«Sí, me l'ha detto. Ma sai, non ascolto mai ció che mi dicono gli altri.» riponde sorridendo.

Sbuffo lentamente cercando di non darlo a vedere. Sí, sono di fretta, ma non sono maleducata. Non mi piace trattare male la gente, soprattutto se non mi ha fatto nulla di male. E in questo momento, Dylan non sta facendo altro che cercare di fare conversazione con me. In un altro momento lo apprezzerei di piú, ma ora devo per forza cercare un modo gentile per fargli capire che non ho tempo.
«Fai male.» esorto e prima che abbia il tempo di rispondermi, aggiungo velocemente «Be', senti, ora io devo andare. Mi dispiace non potermi fermare oltre con te, ma sono di fretta. Ci vediamo in giro, ciao.»
Lui rimane a bocca aperta. Non si aspettava di certo di venire liquidato cosí. Un po'mi dispiace, perché nonostante abbia cercato di dirglielo senza essere troppo dura, ho paura di esserlo stata lo stesso.
Ignoro quel piccolo sentimento di dispiacere e mi incammino nuovamente, infilando le mani nelle tasche della felpa. Accidenti a me che mi dimentico sempre di prendere la giacca!
«Aspetta.» sento di nuovo la sua voce fermarmi.
Non mi volto neanche, rimanendo peró immobile sul posto.
Lui mi raggiunge di nuovo. É ancora accanto a me, con solo il marciapiede a dividerci.
Lo guardo esasperata, tirando fuori le mani dalle tasche e mettendomele sui fianchi.
«Che c'é?» chiedo, riuscendo ad usare miracolosamente un tono di voce neutro.
«Ti accompagno se vuoi.» si offre, allungando la mano per porgermi un casco. Passo lo sguardo da lui al casco in continuazione.
Neache per sogno! Ho una paura immensa delle moto! Non sono mai salita neanche su quella di Cam, figuariamoci di uno che a malapena conosco. Ma questo ovviamente non glielo diró mai.
«No.» rifiuto secca la sua offerta. «Preferisco farmela a piedi.»
Aggrotta le sopracciglia e abbasa la testa di lato. «Andiamo, perché no?»
Alzo gli occhi al cielo per quanto sia insistente. Il ragazzo non vuole proprio mollare, eh!
«Perché non mi piacciono le moto.» rispondo soltanto.
«E come fai a sapere che non ti piacciono se non le hai provate tutte? Chissá, forse questa potrebbe piacerti.» chiede sorridendo e indicando al contempo la sua moto.
Uffa, mi sta facendo perdere troppo tempo. Non sembra avere la minima intenzione di volermi lasciare in pace.
«Ne ho provate un bel po', solo che non mi piacciono e basta. Non sono stata cosí fortunata come te da innamorarmene.» mento, facendo un ultimo tentativo di dissuaderlo. Ti prego, ti prego, ti prego non cercare piú di convincermi.
La mia risposta peró non gli fa né caldo né freddo, visto che continua ad insistere lo stesso.
«Se sei di fretta cosí arrivi piú velocemente.» tenta con un approccio diverso. Sospiro pesantemente, rendendomi conto che sta quasi per convincermi. Mi ha fatto perdere troppo tempo e ora sono anche in ritardo, visto che tra poco saranno le tre e io devo sbrigarmi anche a fare i compiti di domani se non voglio prendermi un votaccio.
Afferro esitante il casco.
«Solo perché sono in ritardo.»
Lui sorride vittorioso. Sto per avviarmi verso il posto dietro di lui, ma una mano mi aferra il braccio.
«Dove credi di andare conciata cosí?»
Dylan continua a studiarmi con attenzione, spostando lo sguardo dal basso verso l'alto. D'istinto incrocio le braccia davanti al petto. Non mi sembra di essermi vestita così male. A mia volta lo fisso anch'io, ma negli occhi, siamo chiari.
«Che vuoi dire? Che c'è che non va in me?» chiedo con voce un po' stridula.
Alla mie domande scoppia a ridere. Ovvio, sono una burlona nata. Faccio ridere anche quando non voglio. Mah, chi la capisce la gente.
«Non guardarmi cosí, stupida.» fa una lieve risata
«Non intendevo quello che stai pensando.»
«Non sto pensando a un bel niente.» tento di giustificarsi con le guance in fiamme.
Alza un sopracciglio e scuote lievemente la testa. Dopodiché si avvicina togliendosi la giacca.
Me la mette sulle spalle e io riamango immobile, troppo presa dalla situazione per poter formulare qualche pensiero completo. «Ecco. Non voglio avere altre persone sulla coscienza. Soprattutto non te.» Mi fa l'occhiolino e si volta per salire sulla moto senza aspettarsi neanche una mia risposta.
Mi infilo molto lentamente la sua giacca in pelle nera, che devo dire ha anche un buonissimo profumo di muschio. Poi metto il casco, prendondomi molto piú tempo del dovuto. Non ho la minima idea di come comportarmi e ho molta paura. Troppa. Dopo aver finito, mi siedo dietro di lui a disagio, non sapendo dove aggrapparmi con le mani. Sono totalmente inesperta e non ho la minima intenzione di aggrapparmi a lui in stile koala. Ci mancherebbe solo che si rendesse conto della mia paura e mi prendesse in giro.
Vedendo che mi guardo intorno persa, cercando qualcosa dove appoggiare le mani, lui me le prende e le avvolge intorno alla sua vita. Lo fisso sorpresa da quel suo gesto improvviso.
«Ecco, cosí non cadi.» dice sorridendo e, dopo aver dato dei colpetti leggeri sulle mie mani intrecciate, si gira mettendo in moto.
«Via?» chiede di punto in bianco con una voce un pochino piú alta per farsi sentire sopra il rombo del motore.
«Eh?» chiedo non riuscendo a capire.
«Il nome della via dove vuoi andare.» ridacchia, una risata che gli fa tremare il petto.
«Ah, sí.» Che stupida che sono. «Voglio andare a casa di America. Vi-»
«So dov'é allora.» mi interrompe.

Arrivare a te [#Wattys2016]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora