Capitolo 16 - Troppo tardi

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Capitolo 16 - Troppo tardi

Mi stacco immediatamente da Dylan, il quale mi guarda senza capire. Il mio sguardo però si punta sulla persona dietro di lui, la quale continua a fissarci in modo minaccioso.
«Buongiorno, America!» la saluto, cercando di usare un tono allegro. Anche Dylan si volta verso di lei.
«Ciao.» esordisce in tono amichevole. Lei lo ignora completamente, come se non ci fosse e continua a mantenere gli occhi fissi su di me. Passano alcuni secondi di alta tensione, durante i quali nessuno di noi si muove. Alla fine America, senza distogliere il suo sguardo di ghiaccio dalla mia figura, lo sorpassa agilmente e prendendomi per mano, mi trascina con sé verso l'aula.
«Andiamo.»
La seguo, sforzandomi di non sbattere contro nessun altro. Appena entrate, riusciamo a trovare dei posti liberi e ci sediamo. L'aula è molto grande rispetto alle altre dell'istituto. È quasi completamente spoglia. Non c'è quasi nulla oltre a delle sedie messe in cerchio e delle piantine situate in fondo. Mi chiedo cosa ci faranno fare. Non c'è praticamente nulla qui.
Do uno sguardo alla mia amica, la quale continua a guardare di fronte a sé. Ormai sono sicura che in lei ci sia qualcosa che non va. Devo solo trovare il modo più delicato possibile per farle confidare il suo segreto.
«Non mi piace.» dice infine, con lo sguardo ancora fisso nel vuoto.
«Come?» le chiedo, non riuscendo a capire a cosa si riferisce.
«Lui non mi piace.» ripete. In seguito si volge verso di me e con un espressione imperturbabile stampata in viso continua «Dovresti stargli lontana. Non è un tipo a
posto.»
La osservo confusa mentre un sorriso inizia ad incresparle le labbra.
«Lo conosci?»
Si volta di nuovo, osservando attentamente un ragazzo che è appena entrato. Seguo il suo sguardo e noto che è Dylan.
«Tu no? È uno dei ragazzi più popolari della scuola.»
Devo essere veramente strana per non averlo notato prima...
«E anche il più pericoloso.» aggiunge, picchiettando la suola delle scarpe sul suolo.
«Non mi sembrava...» commento, ripensando a le due uniche volte in cui l'ho incontrato.
Intanto Dylan si è seduto di fronte a me e mi rivolge lo stesso sorrisetto di prima.
Ricambio con uno un po' imbarazzato. Allungo le gambe davanti a me e punto lo sguardo sulle mie scarpe.
«Non tutto è come sembra.» Alzo di scatto la testa, colta alla sprovvista dalle sue parole. I suoi occhi ora sono posati nuovamente su di me. Osservandoli, riesco a scorgere al loro interno una specie di tristezza. Non credo si riferisca solo a Dylan.
«Buongiorno a tutti!» la voce acuta della professoressa Sparkle interrompe la nostra conversazione. Ci giriamo tutti verso di lei, in attesa che ci dica cosa dobbiamo fare. Appena la vedo, rimango colpita dalla sua vivacità e dal giallo sgargiante della sua maglietta. È sabato mattina, come diavolo fa ed essere così raggiante? In confronto a lei io sembro un cadavere ambulante. Si posiziona in mezzo al cerchio e fa l'appello, guardandoci uno ad uno. Dopo aver finito si rimette il foglio dei nomi in tasca, incominciando il suo discorso. Mi metto dritta nella mia sedia, concentrandomi sulle sue parole. Se guardassi ancora per un po' la sua maglietta, diventerei sicuramente cieca da tutto quel bagliore.
«Allora, ragazzi. Oggi, come prima lezione vorrei che voi parlaste un po' di voi. Lo so che molti di voi si conoscono già, però ci sono molte persone nuove quest'anno» i suoi occhi si puntano su di me «e vorrei che si integrassero anche loro. Dopodichè proseguiremo con qualche attività di gruppo.»
«Scusi, ma a cosa serve fare tutte queste stronzate? Alla fine nessuna di queste attività influirà sul nostro comportamento.» interviene Dylan, fissando la professoressa Sparkle dritta negli occhi. Ha un espressione divertita dipinta in volto. Oro che lo guardo bene, ha veramente un'aria da cattivo ragazzo.
«Quelle che lei chiama stronzate, fanno parte del mio lavoro, signor Bradshaw. Devo farle. Ma non si preoccupi, nelle prossime lezioni faremo delle attività più mirate. E credo che inizieremo dal fare qualcosa per migliorare il suo linguaggio.»

Il sorrisetto del ragazzo si spegne. Non si spettava una risposta simile. Sposta lo sguardo sul orologio che ha al polso e sbuffa spazientito. La professoressa si gira nuovamente verso di noi per riprendere il discorso. Subito però si ferma. Si rigira verso Dylan e lo guarda sorridente.
«Ah, dimenticavo. La prossima volta, signor Bradshaw, prima di parlare alzi la mano.» lo rimprovera.
Ciò non fa altro che suscitare varie risate, distogliendo completamente anche l'attenzione degli unici studenti che stavano ascoltando.
Basta solo una parola della Sparkle e si zittiscono immediatamente. Troppo annoiata e assonnata, non riesco a seguire ciò che dice in seguito. Mi giungono alle orecchie solo frammenti di parole. Continuo a vagare lo sguardo per la classe in cerca di qualcosa di più interessante che mi svegli un po'.
«Signorina McDonald? Signorina McDonald, mi sta ascoltando?» mi rivolgo verso la voce che mi ha richiamata e noto che la professoressa Sparkle è ferma davanti a me.
«Eh?» è l'unica parola che mi esce di bocca. Tutti gli altri si mettono a ridere fragorosamente. Mi raddrizzo sulla sedia a disagio.
«Le ho chiesto di presentarsi.»
Rifletto un secondo sulle sue parole.
«Devo farlo per forza?» chiedo, sperando che risponda di no. Non credo che riuscirei a sopportare gli occhi di tutti fissi su di me ancora a lungo.
«Mi dispiace per lei, ma sì lo deve fare.» Mi poggia una mano sulla spalla.« Non si preoccupi, anche gli altri suoi compagni lo faranno.»
Mi alzo rassegnata dalla mia sedia. Come temevo le risate sono cessate e tante paia di occhi sono fissati su di me. Quanto vorrei sprofondare in questo momento...
«Allora...» inizio esitante. «Io sono Kylie McDonald e...» mi interrompo, non sapendo più come continuare.
«Cos'altro dovrei dire?» mi rivolgo imbarazzata alla Sparkle, la quale non mi stacca gli occhi di dosso.
«Be', hai libera scelta. Potresti ad esempio dire del perchè sei qui.» suggerisce. Si mette a braccia conserte attendendo che prosegui.
Come se non lo sapessero già quasi tutti. Forse la notizia è addirittura arrivata anche ai ragazzi provenienti delle altre scuole che sono ora qui. Una rissa tra ragazze diventa subito una notizia di dominio pubblico qui a Londra. Come quando ci sono le svendite estive. Non c'è nessuno che non ne venga a conoscenza. Soprattutto visto che quasi tutti qui si conoscono.
«Va bene.» sospiro infine. Noto Marcy in uno dei posti di fronte a me intenta a fissarmi insistentemente con un ghigno sardonico stampato in faccia. «Allora... »
Rimango ancora un po' in silenzio, non sapendo esattamente cosa dire.
La professoressa Sparkle davanti a me mi incita a bassa voce di continuare. I piccoli riccioli rossi si tremano ad ogni movimento del suo capo.
«Io sono qui...»
Vari sbuffi di alcuni studenti mi fanno capire che stanno già perdendo la pazienza. Mi faccio coraggio.
«Sono qui perchè ho litigato con una ragazza e la preside ha deciso di punirci.» dico tutto d'un fiato.
In aula si crea un silenzio tombale. Nessuno parla, nessuno commenta.
Faccio un lungo respiro e aggiungo rivolgendomi alla prof «Credo di aver finito.» E prendo di nuovo posto velocemente. Non si sa mai, la Sparkle, strana com'è, potrebbe farmi altre domande. Sul suo viso si forma un'evidente espressione sorpresa. E non a causa di quello che ho detto, ma dalla mia reazione.
Nonostante ciò, non dice nulla al riguardo. Rivolge lo sguardo dietro di me ed indicando America dice «Tocca a te.»
A differenza mia, la mia amica si alza aggraziatamente dal posto e con aria sicura si presenta. Scorro lo sguardo sugli studenti dell'aula e noto che quasi tutti i ragazzi la guardano ammaliati. Ok, ora almeno non sono più concentrati su di me. Molte ragazze in questo momento sarebbero invidiose di America. Io invece sono tutto il contrario. Ucciderei per non essere al centro dell'attenzione. Insomma, mi piace stare nel mio guscio.
Dopo essersi presentata, si risiede composta, rivolgendomi un sorriso. Forse sarò io ad essere un po' troppo sospettosa, ma perchè nessun altro nota il suo strano comportamento?
Forse devo solo calmarmi. Oggi sembra essere diventata quella di prima.
Non appena questi pensieri mi assalgono inizio a mordermi nervosamente l'unghia dell'indice. Non ascolto quasi nulla di quello che dicono gli altri. Tanto lo so che non diventeremo mai amici, perciò perchè scomodarsi? Quando è il turno di Marcy però aguzzo le orecchie, pronta a non perdermi nessuna sua parola. Voglio tanto vedere cos'ha da dire. Lei si alza e si liscia la sua striminzita minigonna, cercando di allungarla un po'. Una peccatrice che si finge suora. Questa sì che è divertente.
«Sono Marcy Miller. Ho 18 anni. Sono di questa scuola. E be', sono qui a causa di una ragazza tonta che non si staccava dal mio ragazzo.» sputa guardandomi.
Questa ragazza o si droga o si fa troppi film mentali. Pensandoci però, sono probabili entrambe le opzioni.
«Non è il tuo ragazzo.» sbotto all'improvviso senza rendermene conto. Mi copro la bocca con una mano, ma è troppo tardi. Ormai ho attirato l'attenzione di tutti su di me.
«Dopo ciò che è successo ieri sera non credo che ci vorrà molto affinchè lo diventi.»
Le sue parole mi colpiscono come un pugnale dritto al cuore. Non è possibile. Non può essere vero.
Il resto del gruppo ci fissa sbalordito e curioso di sapere come andrà a finire. Sono così presi da ciò che sta accadendo che ad ogni nostra parola fanno commenti oppure lanciano gridolini di approvazione o disapprovazione.
«Ora basta, Marcy. Stai esagerando.» Dylan si alza dal proprio posto e si avvicina a lei.
«No, Dylan. Lasciale fare. Devono riuscire a comunicare. Solo così potranno risolvere i loro problemi.» interviene la professoressa Sparkle da un punto all'interno del cerchio di studenti.
«Ma non vede che non fanno altro che punzecchiarsi a vicenda? Questo le sembra un modo per risolvere i problemi? È così che lei risolve i suoi?» chiede Dylan sbalordito indicando sia me che Marcy.
«Sì. Una volta sono addirittura arrivata alle mani con una persona. Quel che conta però è che alla fine dopo quella lite abbiamo risolto tutto.» afferma la professoressa con un sorriso stampato sulle labbra.
«Lei non è normale.» asserisce lui scuotendo la testa.
«La normalità non fa parte del mio lavoro, signor Bradshaw.»
«Ha ragione la professoressa Sparkle. Sta zitto Dylan. Questa è una questione tra me e lei. Dobbiamo risolverla una volta per tutte.» si mette in mezzo Marcy. Si volta nuovamente verso di me e mettendo le mani sui fianchi mi guarda dall'alto in basso.
«Così finalmente questa stupida sciocca capirà che non può competere con me.»
Odio le doppie facce delle persone, non so mai quale prendere a schiaffi per prima.

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