Capitolo 22 - Sempre piú dubbi

302 19 2
                                    

Capitolo 22 - Sempre piú dubbi

Il diario scivola via dalle mie mani, rimbalza sul bordo del letto e cade a terra. L'impatto col suolo lo fa rimanere aperto, su una pagina imprecisata delle tante che lo compongono. Io lo fisso sconcertata senza riuscire a muovermi. Le mie mani continuano a tremare piú di prima e vengono seguite anche dal resto del corpo.
Non é vero. Nulla di tutto ció é vero. É solo un sogno, tento invano di convincermi.
Mi do uno schiaffo in piena faccia per svegliarmi, ma il dolore lancinante alla guancia mi fa capire che non sto dormendo.
Lancio un urlo di disperazione mentre inizio a passare freneticamente entrambe le mani tra i capelli, arruffandoli ancor piú del solito.
«Non puó essere vero, dannazione!»
Prendo uno dei cuscini dal letto e lo scaglio sul muro dalla frustrazione. Subito dopo, presa da un'irrefrenabile istinto di muovermi, mi alzo e incomincio a far su e giú per la stanza.
Non so proprio che pensare. É successo tutto troppo in fretta e non sono riuscita ad assimilarlo. Perché diavolo ho letto il suo diario? Perché? Non potevo lasciare le cose cosí come stavano? Dannazione, se non lo avessi fatto ora non sarei in questo stato!

«Kylie, tutto bene?» la voce di mia madre mi distoglie per poco dal mio stato di panico.
Mi schiarisco la gola e con voce controllata riesco a risponderle che va tutto bene.
Non dice altro. Si limita ad informarmi che tra poco é pronta la cena, dopodiché se ne va.
Frustrata, tento di pensare ad un altro modo di interpretare le informazioni del diario. America ha scritto che ha ucciso sua madre e la foto nella sua scrivania raffigurava sicuramente lei. Ma se tutti ció é vero, allora perché non é in prigione per quello che ha fatto? Il tutto non regge. C'é sicuramente qualcosa sotto. Oppure... E se... e se America non l'avesse uccisa veramente? E se uccisa fosse usato in modo figurato per sottolineare il senso di colpa che prova nei suoi confronti? No, no, no. E la foto? Non avrebbe comunque senso. Mi arruffo i capelli sempre piú frustrata.
L'immagine della donna nella foto continua a riapparirmi alla mente in ogni suo particolare piú macabro. Alla fine non resisto piú e vomito sul pavimento. Con le mani afferro i capelli mentre mi accovaccio per terra e mi libero almeno di poco del peso che mi porto addosso da quando sono ritornata da quella casa.
Sento un rumore sordo provenire da un punto accanto a me non me ne curo finché due mani non mi tirano su i ciuffi ribelli che non sono riuscita a raccogliere e non vedo due paia di gambe presentarmisi davanti. Riesco a sollevare la testa solo dopo un bel po' di minuti, quando finalmente sento che il peso allo stomaco si é affievolito.
«Tesoro, che ti é successo? Ti senti male?» chiede mia mamma ad occhi sbarrati accarezzandomi con delicatezza il capo.
Anche papá e Sarah si accovacciano accanto a me.
Scuoto la testa per rassicurarli.
«Sto bene. Ho solo avuto un breve momento di nausea. Ora che mi sono liberata mi sento meglio, non preoccupatevi.»

«Senti, tesoro» papá appoggia una mano sulla mia spalla, attirando la mia attenzione «Che ne dici se ti sdrai un po'?»

Il mio sguardo si riposa nuovamente sulla chiazza di vomito di cui ormai il pavimento è macchiato e ció non fa altro che farmi ritornare il senso di nausea di prima. Mi metto una mano davanti alla bocca per non cedere e distolgo lo sguardo da quella scena orripilante. Mia mamma si alza di scatto, mi afferra per un braccio e tira su anche me.
«Papá ha ragione. Su, ti accompagno al letto. Sarah, per favore prendi uno straccio e pulisci quello.» inidica a mia sorella lo schifo che ho prodotto e mi fa sedere sul letto.
Sarah corre subito fuori dalla stanza a prendere l'occorrente.
Mi sento veramente male per aver fatto un casino del genere e lasciarlo pulire a lei, per cui mi alzo di nuovo per dirigermi dov'ero prima e rimediare da sola al danno.
Sento peró una mano afferrarmi vigorosamente per un braccio e tirarmi verso di sé.
«Dove credi di andare, signorina?» chiede mia mamma in tono minaccioso.

«Voglio solo pulire da sola quello che ho fatto.» rispondo come se fosse la cosa piú ovvia del mondo.
Mia madre mi guarda come se fossi pazza, aggrotta ancor di piú le sopracciglia curate nere e mi attira con piú forza a sé.
«Non pensarci neanche! Tu ora ti riposi. Ci pensiamo io e Sarah a quello.»
Mi fa sedere nuovamente e si incammina verso il punto della stanza dove mia sorella ora sta pulendo senza lamentarsi. All'improvviso peró, si ferma e abbassa lo sguardo a terra.
«Credo di aver urtato qualcosa.» afferma sovrappensiero. Abbasso anch'io lo sguardo nel punto dove é puntato anche il suo. A pochi centimetri dal suo piede giace il diario di America, ancora aperto. Rimango imbambolata a maledirmi mentalmente per la mia immensa sbadataggine. Se mia mamma scoprisse tutto ció, sí che sarei in guai grossi. Prenderebbe provvedimenti sicuramente. Troppo presa dal panico e non riuscendo a pensare a qualcosa di piú intelligente, faccio la prima cosa che mi viene in mente: mi butto a terra per prenderlo prima di lei. Facendolo, vado a sbattere con la sua testa.
«Kylie, ma che ti prende? Sei inpazzita?» esclama mia mamma arrabbiata, massaggiandosi al contempo la fronte dolorante.
Chissá cosa stará pensando in questo momento di me. Sicuramente che oggi non ho le rotelle a posto o che probabilmente mi sono fatta una canna e ora ne sto subendo le conseguenze. La sua espressione di questo momento mi fa optare piú per la seconda. É a dir poco sconvolta. E seccata, decisamente seccata.
Stringo ancor di piú il diario tra le mani e mi alzo da terra. Anche Sarah mi sta guardando sorpresa e se papá fosse qui scometto che avrebbe la stessa faccia.
Ora che ci penso, dov'é finito?
«Allora, Kylie? Mi vuoi dire perché ti comporti cosí?» continua ad esortarmi mia mamma con un sopracciglio inarcato. «Cos'é quel libro?»
Indica col mento il diario tra le mie mani.
Abbasso lo sguardo sul libricino che ho tra le mani pensando a come rispondere alla sua domanda.
«É un li-»
«Ci sono riuscito!» esclama mio padre entrando, facendo spostare l'attenzione su di lui.
Nel piccolo lasso di tempo in cui tutti sono concentrati sulla sua figura nascondo di tutta fretta il diario dietro la schiena.
Po alzo di nuovo in tutta velocitá lo sguardo come se niente fosse successo. Papá ha la mia tazza preferita con l'immagine di Winnie the pooh in mano e appena vicino a me, me la porge con un sorriso compiaciuto.
«Tieni, tesoro. L'ho fatto io con le mie mani.»
Nonostante non abbia la minima voglia di bere, acetto lo stesso il té preparato da mio padre. Non é affatto bravo a cucinare o in qualsiasi cosa legata alla cucina, ma io ho sempre apprezzato i suoi goffi tentativi di preparare qualcosa per me. Ne bevo un sorso sotto il suo sguardo impaziente, assaporandolo bene.
Dalle mie labbra esce un lieve gemito di approvazione.
«Mmh, devo dire che é venuto veramente bene questa volta, papá.»
Il suo sorriso si espande ancor di piú, contagiando anche me.
«Mi sono esercitato tante volte quando non ero a casa.» spiega.
Subito peró si ferma. In camera cala subito un velo di silenzio. Il passato é ancora molto difficile da affrontare e dal giorno del mio sfogo contro di lui non lo abbiamo piú toccato. Lo vedo abbassare lo sguardo afflitto per aver toccato involontariamente un tasto dolente.
«Andiamo, tesoro. É solo un té.» esclama mamma all'improvviso.
«Mamma!» la ammonisco io scherzosamente. Lo so che lo fa per far ritornare il discorso sul té. Non direbbe mai qualcosa di sgradevole a papá. Non l'ha fatto neanche quella volta quando ha preparato dei biscotti tossici immangiabili. Erano tanto bruciati e duri che a un certo punto, quando mangiandoli avevo sentito uno scricchiolio, avevo pensato che mi si fosse rotto un dente. Invece era solo il suono del biscotto che si frantumava.
«Sul serio, papá. É buonissimo.» lo rassicuro. Ma non sembra neanche essersela presa, visto come sta abbracciando la mamma in questo momento. Sorrido a quella visione scuotendo contemporaneamente la testa. Sono sempre i soliti. Non cambieranno mai. Bevo anche il resto del contenuto della tazza e lo appoggio sul comodino. Mi alzo e con una mano nascosta dietro la schiena porto con me anche il diario.
«Scusatemi, ma ho bisogno di andare in bagno.» annuncio prima di incamminarmi velocemente in direzione della porta. Passo vicino a Sarah, che ormai ha finito e sta raccogliendo gli stracci e le mimo uno scusa con le labbra. Lei scuote la testa facendomi capire che non é stato un problema per lei. Le rivolgo un sorriso grato e mi incammino nuovamente con passo deciso verso il bagno. Quella ragazza é troppo buona, veramente troppo buona, penso prima di chiudere la porta a chiave. Mi siedo sulla tavoletta fredda del water portando il diario sulle gambe. Devo proprio trovare una soluzione a tutto questo. Ma per il momento devo tenere America all'oscuro di tutto. A tutti i costi.

Arrivare a te [#Wattys2016]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora