Capitolo 32 - La notte dei coltelli

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Capitolo 32 - La notte dei coltelli

Sì, è stata lei.

Quelle quattro parole continuano a ronzarmi per la testa anche dopo aver raccontato tutta la conversazione appena avvenuta a Cam.

Siamo ancora a lato della strada, poco distanti dal luogo del ballo, troppo scossi per poter ripartire. Quando finalmente ci riprendiamo un po' dallo shock inizale, Cam riaccende il motore.

Ma all'improvviso una sbarra di ferro si abbatte contro il parabrezza, fratumandolo in mille pezzetti. Ci copriamo in tempo il volto con le mani, cercando di salvarci da quella pioggia di vetro. Quando finalmente lo scopriamo, notiamo con orrore davanti a noi una figura nella penombra con una sbarra di ferro in mano, illuminata solo in parte dai fari dell'auto. Ma nonostante tutto io la riconosco subito. So benissimo che quella che abbiamo davanti è America. Si avvicina con passo felino alla macchina, sotto il nostro sguado esterrefato, mettendosi proprio di fronte al veicolo.

«Buonasera, ragazzi.» ci saluta con un ghigno sadico stampato in volto.
Ha i capelli slegati ed arruffati, dettaglio che unito all'abbigliamento sciatto con cui si è presentata la fa sembrare una pazza nel vero senso della parola. Cosa che effettivamente è.

«Volevo farvi una sorpresa. So che mi stavate cercando.» continua a parlare nonostante nessuno le risponda. È veramente inquietante come ci osservi con occhi spalancati e un sorriso costante. Mi ricorda in modo impressionante un mostro orrendo che di notte veniva in visita nei miei sogno-incubi.

Sento la fronte imperlarmisi di sudore per la paura e lo sforzo di pensare a qualcosa di intelligente per salvarci dalla situazione. L'aria fredda, a contatto con la mia pelle calda, fa aumentare i brividi freddi che scuotono incessantemente il mio corpo. Cam accanto a me nota la mia agitazione e senza che America lo veda mi afferra la mano stringendomela.

Trovo un po' di conforto in quel gesto ma il fatto di avere di fronte una pazza capace di qualsiasi cosa non è comunque molto rassicurante.
Soprattutto aggiungendo che la persona in questione ha anche una sbarra enorme in mano. E chissá cos'altro nascosto.

«Sta tranquilla.» sussurra a voce bassa Cam, con gli occhi fissi peró su America.

La mia amica scuote la testa contrariata, battendo l'oggetto sul palmo dell'altra mano.

«Sapete, non è educato bisbigliare quando si è in pubblico. Le altre persone si potrebbero offendere.» alza il tono di voce ad ogni parola e appena finita la frase si scaglia nuovamente su di noi.

Lancio un urlo puro e disperato, chiudendo gli occhi sicura di non uscire viva dopo ció che sta per fare e affondando al contempo con forza le dita nella pelle del sedile. L'aria è pregna di un pressante aroma di ferro ossidato e di qualcos'altro... Sangue.

Prima che il pezzo di metallo ci colpisca, sento la macchina andare all'indietro e lo scalfirsi del paraurti.
Gli occhi mi si aprono di scatto mentre terrorizzata e col fiato corto mi volto verso la persona seduta al mio fianco.

Con estremo sollievo noto che anche Cameron sta bene e non si è fatto male.
America sta cercando di annullare la distanza che ci divide con una rincorsa che mi fa tremare le ginocchia.

«Dobbiamo muoverci. È pericolosa. Ma noi abbiamo una cosa che lei non ha: una macchina. Se chiamiamo la polizia ora, non ci metterà molto ad arrivare qui e prenderla.» afferma misurando la distanza che ci divide. America sta guadagnando terreno cosí, con tutta la fermezza che riesco a racimolare, compongo il numero della polizia, raccontando tutto l'accaduto.
Intanto Cam sta cercando di fare retromarcia per riuscire a condurre il veicolo in un punto dove poter inverire rotta e andare verso il lato opposto a quello di America.

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