CAPITOLO 56

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"Mostrami i manierismi dell'amore,
il modo in cui si inclina e il verso da dove pende."

J.Kai

Si era fatto pomeriggio e Jace mi aveva tenuto compagnia sino all'una

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Si era fatto pomeriggio e Jace mi aveva tenuto compagnia sino all'una. Era rimasto con me durante le mie ore di lezione online e anche quando avevo cominciato a lavorare sui miei progetti. La sua presenza era stata talmente soddisfacente e appagante da non sapermi controllare. E il fatto che ora se ne stava tornando a Liverpool, mi creava un disagio così forte da spaventarmi. L'idea di bere da una fonte che si stava prosciugando, che in qualche modo si stava allontanando verso un'altra meta.

-Jace...?-

-Dimmi...-

Era in piedi, immobile, davanti allo specchio fissato sulle ante del mio armadio arancione.
Le dite intente a sistemare lo smoking della sera precedente. La cravatta nera attorno al collo. I pantaloni ben stirati e i mocassini lucidi.

-La felpa rossa che tengo nel mio cassetto... E' percaso tua?-

Era da un po' che volevo fargli quella domanda, da quando mio padre aveva spolverato gli eventi passati e risvegliato la mia silente amnesia. Poiché era vero che non ricordavo niente prima di allora, ma avevo comunque avuto diversi dejavù negli ultimi anni. In modo particolare, con quella felpa che mettevo spesso.
Le iniziali alla fine del bordo.
Il senso di pace che mi attraversava da una parte all'altra. Un vago profumo che pensavo di ricordare e che sapevo di conoscere.
Jace ebbe una reazione a rilento, spalancando gli occhi di conseguenza, quasi come se per un attimo non mi avesse veramente sentito. Le mani serrate, chiuse attorno alla cravatta che stava allacciando.

-Perché credi che sia mia?-

Socchiusi gli occhi insospettita dalla sua espressione turbata: le labbra semichiuse per la confusione. La fronte corrugata in un'espressione neutrale.

-Non è che credo, sono sicura che appartenga a te, l'ho già vista su di te...-
Mi arrestai, fermandomi a pensare.

Mi capitava di venire assalita da lontanissimi ricordi, frammenti della memoria. Istanti dove lo vedevo e mi vedevo.

-E allora perché chiederlo, se già lo sai?-

-E perché negarlo? Non posso avere conferme?-ribattei alla sua sfacciataggine. Al suo tono gelido e improvvisamente distaccato.

-Che cosa vuoi sapere?-

Mi accigliai irritata, guardandolo infilare le mani in tasca e voltarmi la schiena.
La voce sempre più statica. Dura.

-Perché fai così? Ti ho chiesto solo una cosa, non posso neanche fare doman...-
Jace mi interruppe, smorzando le mie parole a metà.
-Sì che puoi...-
Sospirò piano, voltandosi verso di me, accennando un mezzo sorriso. Il tono pacato. Ora nuovamente gentile.

-Non è che non puoi fare domande, è che so cosa stai per chiedermi. Ti domandi perché ho lasciato la mia felpa con te... Giusto?-

Ammutollii mettendomi da parte, lasciando che continuasse, che riempisse il silenzio e la curiosità nel mio cuore.

-Il giorno dell'incidente, quando ebbi la notizia che tua zia aveva sparato mia madre, indossavo quella felpa...-

Cosa?!

Sgranai gli occhi impietrita, turbata dalla sua cruenta rivelazione. Convinta di aver decisamente fatto un passo falso.

Merda Beatrice! Impara a chiudere la bocca!

-Mi dispiace... Non dovevo...!-

Il corpo irrequieto, dal momento che quell'evento funesto aveva a che fare con me. Una voragine crescente nel petto. Le mani sempre più macchiate di rosso.
Boccheggiai senza trovare alcun appiglio. Nessuna parola aggiuntiva.

-Da quel giorno smisi d'indossarla. E ogni volta che la tiravo fuori dall'armadio, venivo investito da quel brutto ricordo...-
Jace continuò il racconto, spostando l'attenzione di tanto in tanto.

Sbiancai lasciandomi cadere sul letto.
Intossicata da quello che mi diceva. Variopinta dalle forti accuse nella mia testa.
Jace al contrario, parlava normalmente, il volto impassibile, come se le parole che stesse forgiando non gli facessero male o non fossero abbastanza terrificanti. Diversamente da me che invece mi sentivo asfissiare.

-Sai... Mia madre non è morta subito, anche lei andò in coma, ma poi staccarono la spina un mese dopo il tuo risveglio-

Ancor prima che potessi fermarle, mi si riempirono gli occhi di lacrime silenziose, le pupille oscurate dal senso di malessere, dal profondissimo senso di colpa.
Avevo seriamente pensato che col tempo avrei cominciato a sentirmi meno in colpa o che il fatto che non mi ritenesse responsabile, fosse abbastanza per dimenticare, ma invece, continuavo a sentirmi colpevole.

-E non è vero che mi hai dimenticato lo stesso giorno in cui è morta mia madre...-

Jace storse la bocca in una debole smorfia, osservando la finestra della mia stanza. La luce sottile del sole che entrava nel nostro spazio. Le ombre che si creavano tra gli oggetti.

-il motivo del perché al tuo risveglio hai trovato i miei e i tuoi genitori disperati, era perché il dottore ci aveva appena informato che non c'era molto da fare... Potevamo tenerla attaccata alla spina per un altro paio di mesi o staccarla definitivamente...-

Mi scappò un singhiozzo e un altro subito dopo il primo. Cercai in vano di asciugare il pianto con la manica della mia maglietta.
Infastidita da come facilmente l'acqua mi irigasse il volto e di come non ci fosse davvero nulla che potevo fare per colmare la mancanza di sua madre.

-Oh Beatrice... Non cominciare-

Jace scosse il capo, alzando leggermente gli angoli della bocca, avanzando verso la mia figura scossa. Rattristata.

-Tornando alla felpa... -

Racchiuse le sue mani attorno al mio viso, portando i miei occhi su di lui. Verso il suo volto luminoso. Il colore turchese che nuotava nelle sue orbite profonde. Le pagliuzze danzanti e le ciglia lunghe.
Jace non piangeva mai.
Era un individuo che si incupiva spesso, si arrabbiava e a volte si frantumava.
Ma raramente piangeva, difficilmente si esponeva al mondo esterno.

-Quando ti sei svegliata dal coma, ricordo che avevi molto freddo quella sera...-

Mi accarezzò la guancia, asciugando una lacrima fuggente.

-Avevo appositamente scelto di lasciare quella felpa sulla tua sedia, e sono rimasto estasiato quando l'hai indossata...-

Mi sporsi in avanti, abbracciandolo.
Le braccia strette attorno al suo torace.
Il lato della mia faccia contro il tessuto liscio del suo abbigliamento elegante. Appariscente.
-L'hai messa indosso come se fosse tua, quasi come se non fosse mai appartenuta a me... E io ti ho lasciato fare-

Strinsi la presa, volendolo sempre più vicino. Dentro di me, come parte integrante del mio sistema. Nello stesso maniera in cui le stelle stavano alla luna.

-Ho pensato che forse... Saresti stata in grado di cancellare i ricordi violenti che tenevo ancorati a quell'Indumento... -

Passò le sue dita nei miei capelli, massaggiandomi il capo dolcemente;
cullata dal suo tono cordiale, l'attitudine che aveva di consolarmi.

-E così è stato... Ho cominciato ad amare il modo cui te la portavi ovunque...-

Sciolse le mie dita intrecciandovi le sue.
Le mani in una stretta ferrea, amorevole.
Forte, ma allo stesso tempo docile.

- A tal punto che vederti legata a quella felpa era come sapere che una parte di te, da qualche parte, ancora viaggiava con un pezzo di me...-

BE HONEST (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora