CAPITOLO 2

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"Per fare a meno di te, io non mi sveglierò, no, non ti ricorderò".

-Giorgia

La sua ragazza giustamente, lo aspettava ogni venerdì, davanti alla palestra

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La sua ragazza giustamente, lo aspettava ogni venerdì, davanti alla palestra. Una tipa di origini spagnole: alta e snella. Una giovane uscita dalla rivista della Vogue, con tanto di trucco e parrucca. E ci credevo se Jace, ne fosse attratto. Lo erano tutti all'università. Tutti, tranne me. E non tanto per come appariva, o chi era, ma per il suo carattere.
Per come mi odiasse senza un'apparente ragione.
Insomma, non avevo scelto io di conoscere Jace Eyre.
Nemmeno di aspettarlo ogni venerdì in palestra. Non era colpa mia se suo padre era il migliore amico del mio. E che insieme si erano arruolati in guerra. Demerya non capiva, che non cercavo il suo ragazzo di proposito. Non ero interessata a rubargli il fidanzato. Non l'avevo mai fatto prima e non avrei cominciato ora.

Pertanto, tutto era cominciato quando un giorno, mio padre aveva scorto Jace in palestra. E siccome eravamo in inverno e l'oscurità calava prima del solito, mi aveva proposto di farmi dare un passaggio.

"Bea, perché non torni a casa con Jace? Così almeno, tua madre potrà stare più tranquilla...".

Mi ricordo di averlo fulminato a lungo quel giorno.
Un'occhiataccia abbastanza truce da fargli capire di smetterla, di piantarla di comporre barzellette.
Decisa che non mi sarei mai e poi mai azzardata a chiedere un favore a Jace Eyre.
Il mio ego non me lo permetteva.
La tremenda timidezza che sapeva far suscitare in me, l'imbarazzo e il nervosismo che fioriva davanti a lui. Tutti fattori che parevano assalirmi in sua presenza.
Eppure, con non-chalance, mio padre aveva digitato il suo numero, e sotto il mio naso, gli aveva fatto la stessa proposta.
Da quel giorno in poi, non appena finivo l'ultima lezione di progettazione, andavo direttamente ad aspettarlo in palestra.

E poi nulla...
I sentimenti erano arrivati col tempo, a furia di starmene lì seduta.

Tra i libri e i compiti; lui e il suo dannato fisico, mi ero trovata a distrarmi più di una volta.

Insomma, sfidavo chiunque ad andare a studiare in palestra, fra uomini muscolosi e ragazze mezze nude.

Chiunque avrebbe portato a casa un pensierino.

E ogni tanto, capitava che Jace mi rivolgesse la parola. Non lo faceva spesso. Anzi, quasi mai. Però, per qualche stupida ragione, per me andava bene così. Anche quel poco mi rendeva felice.

-Ancora qui tu? Sai che potresti cominciare a farti un biglietto settimanale!-

Il commento di Demerya arrivò chiaro e forte. Tanto da far sorridere Jace. Anche lui sapeva della sua gelosia nei miei confronti.

-Avanti Demy, solo venerdì è con noi, non tutta la settimana...-

Lei andò avanti a guardarmi male per poi sedersi sul sedile anteriore.

-Aspetta che si prende anche il resto della settimana!-

-Anche il weekend se vuoi...- ribattei. Stanca di sentirla parlare.

Demerya si voltò verso di me, gli occhi sgranati.

-Cos'hai detto?-

Ignorai la sua domanda, sedendomi dietro con lo zaino, aspettando che Jace mettesse in moto la macchina.

-Avanti Demy, lasciala stare-

Jace riprese a sorridere, scoprendo di nuovo le sue fossette. Obbligandomi a voltare lo sguardo da un'altra parte per non restarne nuovamente imbambolata.

Mi tappai le orecchie con gli auricolari, lasciandomi distrarre dalla musica nel cellulare.


🔹🔹


Il viaggio fu veloce, forse anche perché ero stanca e stavo per crollare. Jace aveva accompagnato Demerya sotto il suo appartamento e poi si era fermato davanti a casa mia. La macchina parcheggiata sul mio viale.

-Sono £5.50, grazie-

Socchiusi gli occhi, fissandolo dallo specchietto retrovisore.

Lui rise, per poi spegnere il motore.

-Scherzavo...-

Spostai subito lo sguardo da un'altra parte, non volendo incontrare il suo. Maledicendo le farfalle nello stomaco e l'irrefrenabile voglia di scappare.

-Uhm... Posso farti una domanda?- chiesi invece.

Jace inarcò un perfetto sopracciglio. Il labbro inferiore, vittima dei suoi canini prominenti, per come le mordicchiasse
quando non sapeva come rispondere.
Un vizio che esibiva quando aveva la mente altrove.

-Dimmi...-

Feci un profondo respiro. La portiera aperta nel vuoto.

-Cosa intendevi prima... Quando hai detto che sono "Una di quelle cose"...?-

Non mi rispose subito, anzi, per un attimo sembrò non voler proprio rispondere ma poi, sollevò lo sguardo sullo specchietto verso di me.
Gli occhi improvvisamente gelidi, distaccati. Cattivi.

-Fai troppe domande...-

Alle sue parole, rimasi visibilmente stupita, completamente offesa.
Che cosa voleva significare?
Non ero mica stata io a incominciare il discorso!
Mi irrigidii sul posto, le dita strette attorno ai quaderni. La fronte corrugata.

-Allora non rivelare cose a metà... Se sai di non volerle finire-

-Hai ragione, infatti non lo farò più-

Accese il motore dell'auto, quasi per sottolineare la fretta che aveva di andarsene. Il tutto mi fece ancor più indignare.

-Buonanotte!-

Uscii sbattendo la portiera infastidita. E non tanto per la risposta che non avevo ricevuto ma, per come si era atteggiato con indifferenza. Per la luce nei suoi occhi, e per l'improvvisa freddezza nella voce.

Che cosa avevo detto di male?

BE HONEST (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora