CAPITOLO 44

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"Eccomi qui, intento a errare per le antiche vie del tuo cuore natale, i pavimenti acciottolati della tua mente rinascimentale".

-J.Kai

La mattina seguente ero ritornata a casa mia, Cinthya aveva insistito che restassi almeno per un altro giorno

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La mattina seguente ero ritornata a casa mia, Cinthya aveva insistito che restassi almeno per un altro giorno. Per controllarmi, per aiutarmi nel caso avessi avuto bisogno. Un gesto nobile, affettuoso. Un atto che avrei lietamente accettato, se non fosse perché volevo confrontarlo. Volevo vederlo. E non potevo più aspettare. Non poteva lasciarmi così incompleta. Mancante. Nel bisogno di sapere, nel disperato tentativo di trovare sollievo.
E così gli avevo scritto un messaggio, un testo che avevo poi cancellato subito dopo. Oltraggiata dal fatto che non aveva senso, se non era colpito dalla stessa fame che possedevo.

-Beatrice, tutto ok?-

Guardai mio padre intento a infilarsi la giacca, davanti allo specchio del corridoio.

-Sì papà, perche?-
Il tono friabile, stanco.

-Ti vedo pallida, hai per caso la febbre?-

-No, Non credo... Sembro malata?-

Si accostò a me, mettendo una mano sulla mia fronte con attitudine premurosa. Lo sguardo concentrato, un'espressione neutrale che presto si tramutò in una stupita. Allarmata.

-Beatrice! Per l'amor del cielo, stai scottando??‐

Oh Davvero...?

Scossi il capo non sapendo cosa dire, dovevo essere decisamente impazzita o interamente distratta. Persa nei miei grattacapi, nella mia complessa situazione con Jace.
I pensieri turbinosi, come cicloni nella testa. Un fastidio all'apice del cranio.

-Fatti una tisana con le erbe e va a riposare. Se persiste, prendi la Tachipirina. Per favore chiamami, uscirò da lavoro prima-

Mi baciò sulla fronte, per poi afferrare la valigetta e il capello.

-Ti voglio bene-aggiunse, prima di chiudere la porta.

-Anchio Pa'-

Aspettai che se ne andasse e poi andai in cucina a preparare il tè.
Erano le quattro di pomeriggio e il cielo stava cominciando a tingersi di un colore scuro.
Il vento impetuoso contro le foglie e le chiome degli alberi. Un periodo particolarmente freddo e nuvoloso, in grado di eliminare anche la voglia di uscire fuori. E in aggiunta, avevo anche saltato l'università.
Un po' presente e completamente spenta dall'altra. Consapevole di avere la testa per aria, nel mio mondo personale. Nel mondo delle meraviglie. Convinta che quel titolo mi stesse davvero a pennello, poiché erano più le volte che pensavo a occhi aperti, rispetto a quelle in cui ragionavo con la realtà.
Una volta finito di fare il tè, mi spostai con la tazza e con una coperta nel soggiorno, dove mi sedetti sul divano. Le gambe distese e la schiena retta. In cerca del telecomando per accendere la tele.
E fu mentre ero occupata a cercare il maledetto aggeggio che il campanello di casa, decise di suonare.
Mi interruppi, turbata. Non avendo la minima idea di chi poteva essere. Non aspettavo mia madre e i miei nonni non dovevano venire. Sempre che mio padre non avesse chiamato mia madre per venirmi ad aiutare.

BE HONEST (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora