CAPITOLO 1

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"Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessun ha mai amato " .

-William Shakespeare

Osservai le cicatrici sulle sue braccia protese, la schiena inarcata e le ginocchia piegate; fissando come, con una piccola spinta, si innalzava oltre la sbarra di ferro per poi tornare di nuovo a terra

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Osservai le cicatrici sulle sue braccia protese, la schiena inarcata e le ginocchia piegate; fissando come, con una piccola spinta, si innalzava oltre la sbarra di ferro per poi tornare di nuovo a terra. E cosi andava avanti, ripetendo la stessa azione.

Il sudore simile a gocce di rugiada sulla pelle.
Il respiro incalzato per motivo dello sforzo sulle sue braccia robuste.
I muscoli contratti, la pelle lucida, quasi cristallina.
Tanto da portarti alla mente il sole, quando in estate faceva brillare la superficie dei laghi, quando riversava la sua luce su quegli specchi d'acqua.
E la sua chioma biondo-cenere, ricordava la paglia sbiadita, i fili di grano nei vasti campi di agricoltura.
Un biondo quasi bianco, ma non troppo invisibile, poiché al sole ritornava sempre a risplendere. Proprio come il protagonista, il mio affanno. La mia piaga fattosi in carne e ossa. In sangue e in pelle.
In spirito e anima.
Jace Eyre, ricordava tutto quello che non potevo desiderare. Rimembrava il sangue che non potevo asciugare. L'anima che non potevo prosciugare.
Il suo Ego sopprimeva la mia autostima e la sua arroganza schiacciava il mio altruismo.
Per come si innalzava al dì sopra di me e aspirava al paradiso, in un modo così avido e famelico da destinarmi all'inferno di Caronte.
Come se lui fosse nato per ascendere con il sole e io per discendere con la notte.
-Bea...?-
E la sua voce... Era per me una cura. Un tono suadente, un eco nel fondo del mare. Un richiamo spirituale. Per come intonasse il mio nome, e smuovesse le mie interiora.

-Bea...?-

Rilasciai un lungo sospiro.

Le sue grandi mani ancorate sulle mie spalle, in una gentile scossa, risvegliandomi da qualunque pianeta fossi andata a visitare con il pensiero;
strappandomi ancora una volta, dai miei innumerevoli grattacapi.

Dal mio tenue intelletto in tempesta.

Alzai lo sguardo, incontrando i suoi occhi di ghiaccio. Un azzurro limpido e chiaro da sembrare irreale. Un azzurro non ancora dipinto da nessun altro pittore.
Un sorriso che persino Dio aveva da poco creato.
-Beatrice! Ci sei?-
Scossi il capo piano, ancora imbambolata, persa. E non tanto perché fosse un uomo uscito dalle favole della Disney, ma per come la mia stupida mente l'aveva dipinto.
E questo perché, a volte non ti innamoravi di una persona solo per l'immediata apparenza fisica, né per come si comportavano con gli altri. Non per le battute e nemmeno le risate.
Non per quello che si diceva o delle peripezie tra gli studenti ma, per la maniera bizzarra in cui la smussavi nel tuo cuore. A tal punto che se anche fosse stata tossica o impossibile, attraverso di te diveniva possibile.
-Senti un po' Bea, la mia ragazza è fuori che aspetta, se vuoi uno strappo... -
Si fermò per caricare il borsone sulla spalla, per poi voltarsi con aria torva.
-Vieni, o no?-
Non me lo feci ripetere, chinandomi per raccogliere i quaderni che mi ero portata dietro. Un nuovo metodo per ammazzare il tempo in palestra mentre lo aspettavo.

Jace scosse il capo scoprendo le sue profonde fossette. Incantevoli buchi su Marte.

-Altro che "Alice nel paese delle meraviglie", ci sta il tuo di nome... -
Arrossii senza però ribattere nulla.
Non potevo contraddirlo, ovvero, ero conosciuta a scuola proprio per quello. Un vizio che avevo e che volentieri amavo.
-Avanti passami la tua borsa-
Restai immobile con un braccio pieno di quaderni e lo zaino nell'altro. Le mie guance ancora più rosse di prima.
-Non c'è bisogno, posso farc...-
Jace mi sfilò lo zaino, portandoselo sulla schiena.
Rimasi sorpresa, anche se non lo diedi a vedere.
-Non dovevi...- obiettai, cercando di restare al suo passo. Inseguendo la sua figura slanciata con fatica.
Più che altro, era per la sua ragazza che non vedeva l'ora di mettermi le mani al collo. E questa era già la terza volta in una settimana.
Mi guardò per qualche secondo, il capo inclinato e gli occhi socchiusi. Ricambiai il suo sguardo, ancora più imbarazzata di prima, per via delle farfalle allo stomaco e i tuffi al cuore. Le mani sudate e il nervosismo all'apice.
-Ci sono tante cose che non dovrei fare...-
Una risposta asciutta e sporca di malizia.
-E tu sei una di quelle...-

BE HONEST (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora