CAPITOLO 17

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"E se ci perdiamo, portami di nuovo all'inizio".
-Prateek Kuhad-

Il Giorno seguente mi avviai all'università incompagnia di Cinthya

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Il Giorno seguente mi avviai all'università in
compagnia di Cinthya.
Il sonno ancora sulle palpebre e la bevanda Starbucks stretta tra le mani.
-Bea! Non puoi capire come mi sono divertita ieri sera!-

Sorseggiai il mio cappuccino, ascoltando l'euforia della mia migliore amica.

I frammenti della sera prima, ancora vividi e sparsi nei meandri della mia memoria.
Un vuoto incolmabile che prendeva spazio nel mio cuore, ogni volta che lo lasciavo andare.
-E jessica! Cavoli! Non solo è una figa ma anche simpatica! Dove l'hai conosciuta? E perché non né sapevo niente?-
Sospirai stanca, meravigliata dal suo spirito energetico di prima mattina.

Chi diavolo saltellava alle 6:50 del mattino?

-Non la conosco. È un'amica di Jace...-

-Oh, bene! Vuol dire che Jace gira con gente interessante, devi introdurci al suo gruppetto allora!-

Scossi il capo indignata.

-Neanche per sogno! Già conoscere Demerya è una condanna mortale, non voglio sapere del resto del gruppo...-
Cinthya roteò gli occhi al cielo.
-Non giudicare un libro dalla copertina! Demerya sarà pure una vipera, ma Jessica non mi è parsa così ieri sera-
Annuii, riconoscendo che era sbagliato da parte mia fare pregiudizi. E forse non tutti erano come Demerya Michaelson.
-E che mi dici di Jace invece?-
Cinthya mi diede una lieve gomitata, facendomi l'occhiolino.
Arrossii automaticamente, deviando il suo sguardo.
-Che ti devo dire che già non sai?-
Lei sbuffò, guardandomi con un sopracciglio alzato.
-Avanti Bea, sputa il rospo, cosa è successo tra di voi ieri sera?-
I cancelli principali dell'università facevano capolino nelle breve distanza. Un'enorme struttura che accoglieva studenti da ogni parte del mondo.
La "Manchester University" era difatti conosciuta proprio per gli scambi interculturali, e molti ragazzi di nazionalità diversa, venivano spesso a studiare nella nostra città. In passato, mi era anche capitato di ospitare alcune ragazze di origine francese.
-Bea?-
Mi morsi il labbro, un po' nervosa, cercando di trovare qualche altro argomento con la quale distrarla. E non perché non amassi confidarmi con la mia migliore amica ma, perché non volevo parlare di un qualcosa ancora incerto.
Instabile.
Non quando non avevo ancora le piene certezze di quello che volevo.

-Se ti riferisci a ieri, non è successo nulla, mi ha solo accompagnato a casa-

Cinthya mi riservò un'espressione scettica, chiaramente irritata.
-Pensi davvero che io non sappia che ti piace?-
Oltrepassammo i cancelli dirigendoci verso l'aula di Anatomia Artistica.
-E pensi davvero che non ti si legge in faccia?-
Scossi il capo, socchiudendo gli occhi. Terribilmente stanca per le poche ore di sonno.
-Non ti ho mai negato la verità. Sono consapevole che mi piace e penso che lo sappia anche lui-
Cinthya sgranò gli occhi, stupita.
-Glielo hai detto??-
La tirai per un braccio, portando un dito alla bocca.
-Abbassa la voce! Sì gliel'ho detto!-
Cinthya se ne stava a bocca aperta come un pesce.
-E cosa ha risposto lui?-
Rilasciai la presa sul suo braccio, improvvisamente frustrata e amareggiata.
-Bea! Che cosa ti ha detto?-
Stava cominciando a preoccuparsi. I suoi occhi scuri inchiodati sui miei, la fronte corrucciata.
-...Che mi scoperebbe e basta-
-Che cosa?!-
Si portò le mani ai fianchi adirata.
-Che stronzo patentato...!-
Un certo numero di studenti si voltò nella nostra direzione a l'esclamazione feroce di lei. I volti curiosi e vigili.
-Dannazione Cynty! Vuoi abbassare la voce?-

🔸️🔸️🔸️

[~DIVERSE ORE DOPO~]

Cinthya non aveva fatto altro che tempestarmi di domande fino all'esaurimento nervoso.
Convinta che dovevo stargli alla larga ed evitarlo come la peste nera. Lei diceva che il suo genere di persona, in qualche modo, mi avrebbe poi spezzato il cuore. E che non dovevo perdere il mio tempo in sua compagnia. Una affermazione sulla quale avevo meditato tante volte. Consapevole che era difatti un rischio che avrei potuto correre, e che nulla era certo con Jace Eyre.

Eppure...

Sospirai, legando i capelli in un chignon, preparando la vasca con l'intento di rilassarmi e sciogliere lo stress.
I petali rossi sui bordi della superficie di marmo e le candele aromatiche sulle mensole basse.
Mi tolsi i vestiti immergendomi nell'acqua calda, lasciandomi cullare dal tepore e dalla fragranza effervescente di quel bagno soave.

E così restai per un'ora abbondante, con la maschera al viso, fino a quando mio padre non decise d'interrompere la mia quiete.

-Beatrice! Sei diventato un pesce marino?-
Aggrotai la fronte, togliendo i cetrioli dagli occhi.

-Papà! Ci sono due bagni in casa, non devi per forza usare questo!-

Controllai l'orario sul cellulare, lievemente stupita da come il tempo fosse passato in fretta.
-Sono già le 9:00!- esclamai tra di me. Convinta di esser stata in bagno una ventina di minuti e non di più.
-Eh si! Cosa pensavi? Sono quasi due ore che sei lì dentro! Accetto che voi giovani siate dei grandi sognatori, ma non pensavo volessi diventare una sirena!-
Stortai la bocca in una smorfia.
-Papa! Che stai dicendo?-
Mi levai dalla vasca, avvolgendomi nel mio accappatoio giallo, chinandomi per raccogliere il cellulare e spegnere le candele.
-Puoi Entrare!-asserii, girando la chiave nella serratura.
Mio padre se ne stava in piedi sulla soglia del bagno, avvolto nel suo accappatoio nero. L'espressione spazientita e stanca; forse, dovuta alla sua posizione da medico legale. Un ruolo che non gli dava abbastanza riposo e tempo libero.
Gli sorrisi di rimando, facendomi da parte.
-Grazie Anfibio! Farò mente locale di comprarti un acquario. Proprio come tua madre! Due gocce d'acqua!-
Mio padre continuò a borbottare, anche dopo aver chiuso la porta alle sue spalle.
Scossi il capo, dirigendomi nella mia stanza.
E una volta vestita, mi sedetti sulla scrivania per finire i miei progetti di scenografia.
La musica classica di sottofondo e le mani a lavoro con i materiali da riciclo che avevo preso dall'università. Mi focalizzai sui miei compiti fino a mezzanotte, e poi stanca, mi preparai per andare a dormire.
Tuttavia, il mio sonno venne spezzato da una chiamata in arrivo.

Chi poteva essere a quest'ora?!

Socchiusi gli occhi, soltanto per spalancarli di nuovo alla vista del nome sulla schermata.

Jace Eyre?

Risposi senza pensarci due volte, il cuore palpitante e la tensione sulla pelle.
-Bea?-
Deglutii piano, cercando le parole giuste.
-Sì Jace? Tutto bene? Hai bisogno?-
Lo sentii sospirare dall'altra parte del filo.
-Mi faresti un favore?-
-Qualunque cosa-
Risposi istintivamente, dimenticandomi della promessa che mi ero fatta, ovvero, di cercare di essere meno evidente nei suoi confronti. E Non troppo ovvia, come invece ero solita a comportarmi.
-Sono alla stazione di polizia, non posso chiamare mio padre e...-

-Nessun problema, ti vengo a prendere!-

Mi vestii in fretta, afferrando le chiavi della macchina.

Che cosa poteva essere successo? Era stato arrestato?

Mi sedetti al volante, facendo partire il motore.
L'ansia simile a milioni di aghi nel petto, un mancamento famigliare. Piacevole.
La sensazione di star galleggiando nell'aria, di camminare sulle nuvole. Ed era così spettrale e strano il modo in cui suonava le corde del mio cuore, che se anche mi fossi imposta di resistergli, mi sarei comunque ritrovata a vacillare.

BE HONEST (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora