"E amavo quel modo che aveva di esentarmi da ogni genere di colpa".
-J.KaiIl cielo all'esterno era di un grigio spento, simile al mio stato d'animo in quel momento. Scandalizzata dall'atteggiamento di mio padre, il quale con una fatica disumana, cercava di spingere le parole fuori dalla sua bocca.
-Papà! Che cosa stai cercando di dirmi! Parla!- esclamai spazientita.
-Che cos'è che dovrei sapere?-
Mio padre si sfregò i palmi sui jeans, sospirando come una donna incinta.
-Papà! Mi stai facendo innervosire!-
Non ero venuta qui per contemplare il suo mutismo, né tanto meno per una vuota conversazione senza scopo.-Pensavo ti fossi ricordata qualcosa, ma come vedo non sai nemmeno di cosa sto parlando...-
Appoggiai la ciotola di pop corn sul tavolo centrale, indossando un'espressione risoluta. Stavolta, cruciata.
Adirata con mio padre, mia madre o qualunque parente della mia famiglia, che aveva pensato bene di tenermi all'oscuro.-Papà! Non voglio ripetermi... Cos'è successo? Di quale incidente stai parlando?-
Mi sedetti di nuovo, accavallando le gambe e incrociando le braccia.
Lui sospirò di nuovo, per poi lasciarsi andare contro lo schienale del divano. Le vene pulsanti e il corpo rigido.
-Diversi anni fa... Hai sentito qualcosa che non dovevi sentire, mentre eri in cima sulle scale...-
Sgranai gli occhi sbalordita, frustrata dal fatto che non ricordassi un simile avvenimento.
-Quando?!-
Mio padre scosse il capo, portandosi una mano sul viso.
-Io, tua madre e tua zia, stavamo discutendo di qualcosa, Ignari che ci stessi origliando, fino a quando non ti abbiamo sentito cadere per le scale-
Mi strinsi nelle spalle, visibilmente turbata dalle sue parole, forse anche spaventata da quello che avrei potuto scoprire.
-A causa dello shock, hai perso l'equilibrio e sei finita in coma per due mesi-
Strabuzzai gli occhi, rapita da quello che stava confessando; sempre più ansiosa e impaziente. La testa pesante e allo stesso tempo vuota.
Non riuscivo a ricordare proprio nulla. Neanche un piccolo frammento di quel giorno funesto.
-Papà, cosa ho sentito...?-
La mia voce spezzata dall'agitazione, ridotta quasi a un sussurro.
Lui si alzò dal divano, mettendosi le mani tra i capelli.
-Tesoro non posso continuare! Davvero, lascia perdere...-
Mi alzai anch'io, troncando la sua fuga, posizionandomi sotto la porta ad arco che conduceva al corridoio esterno; recidendo ogni possibile tentativo che aveva di sfuggirmi.
-Ti prego, Beatrice! Non ora...--Non ora? E quando? Quanti anni avevo quando è successo?!-
Posizionai le braccia in una linea orizzontale, con l'intento di sbarrargli la strada.
I suoi occhi angustiati, così come il volto segnato da una tristezza che non conoscevo.-15 anni... -
Lo afferrai per un braccio. Una supplica silente, eppure necessaria.
-Papà, per favore... Dimmelo-
Gli tenni testa, osservando, anche se per un breve attimo, la protezione che manifestava nei miei riguardi, ovvero, il peso di un padre nel voler esonerare la propria figlia, da un dolore che non le apparteneva.
L'atto di preservarmi dall'eventualità di rimanerne ferita, di nuovo.
Tuttavia, lo dovevo sapere. Era giunto il momento di liberarmi da qualsiasi catena che ancora barcolava nel passato.
-Papà... Forse in precedenza non ho retto lo shock, ma oggi posso farlo. E preferisco conoscere la verità da te, che da qualcun altro -
Feci più pressione, tentando di fargli trovare ragione nella mia richiesta.
-E se non me lo dici, lo verrò comunque a sapere...!-
Lui, più di qualunque altra persona, sapeva quanto potevo diventare risoluta. Pertanto, tutti fattori che avevo ereditato da lui: una mente testarda, determinata e perseverante.
-Eh va bene...-
Chiuse gli occhi per un secondo, poggiando entrambi le mani sulle mie spalle. Convinto fino all'ultimo che fosse comunque una cattiva idea.
-All'epoca... Io, tua madre, Zia Alynne e Jonathan, facevamo parte di un gruppo unico...-
Restai in silenzio, invitandolo a continuare. Le mani sudate e l'attenzione sulla sua figura.
-E come sai bene, con Jonathan, ho fatto tante cose stupide, tra cui anche unirci a una gang di strada...--Tu hai fatto cosa...??-
Lo guardai come se avesse cresciuto tre teste sulle spalle, ancora più sorpresa di non averne mai saputo nulla.
-E naturalmente, in tutto questo.... Ho avuto l'onore di conoscere tua madre e Jonathan la madre di Jace-
Mi accigliai alle sue parole, un pò confusa, soffocando tutti dubbi che avevo per un secondo momento.
-E per Jace, non intendo Selena, lei non è la sua madre biologica-
Lo guardai stralunata, sentendomi male. Un leggero senso di nausea alla testa.
-Che... Che vuoi dire?-
Mio padre si sedette di nuovo, tormentandosi le dita. L'aria nervosa e tesa.
-Quello che ho detto...-
Mi invitò a sedermi di fianco a lui.-Selena è venuta dopo, ma Martha Ross, era la prima. Una donna davvero splendida. E come puoi intuire, Jonathan ne rimase completamente invaghito, così tanto da ignorare il fatto che fosse già promessa a un altro-
Già che parlava di lei al passato, non mi faceva stare per niente tranquilla.
Socchiusi gli occhi, spostando lo sguardo verso l'ampia finestra del soggiorno, attendendo con pazienza che continuasse la storia.
-Il tipo a cui era promessa, faceva parte della mafia. Ora non sto a dirti tutti i particolari, ma sappi che quell'idiota non ci ha reso le cose facili...-
Strinse i pugni, chiudendo gli occhi per un secondo.
-Quando ha saputo che Martha frequentava Jonathan alle sue spalle, non ci ha più dato tregua, e ogni giorno faceva qualcosa per far della nostra esistenza un inferno...-
Allungai un braccio, stringendo la sua mano nella mia, con l'intento di consolarlo e dargli coraggio. Sentendomi inutile, davanti alla sua agonia.
Non potendo fare molto, se non ascoltare.
-Alynne, per liberarci tutti da quello strazio, aveva pensato bene di andarlo a cercare. E in preda a un'impulso istintivo, sparò all'interno della sua stanza. Convinta di aver colpito lui, ma invece...-
Mio padre si fermò di nuovo, prendendosi il viso tra le mani. Il corpo scosso da lievi tremori, accompagnato da lunghi sospiri.
-...Quel giorno, William, aveva sequestrato Martha... Noi non essendo presenti, non lo sapevamo ancora, o almeno, non in quel momento... E siccome anche lui portava una lunga chioma bionda, Alynne...-
Schiusi le labbra senza però emettere alcun suono.
Gli occhi lucidi e le lacrime sull'orlo, pronte a scivolare sulla carne.
-Papà no... Dimmi che non è vero...-
La mano alla bocca, nel vano tentativo di sopprimere il nodo, totalmente devastata dal disagio che si stava creando.
-No! Non è vero... Non può essere. Alynne non ha sparato la madre di Jace, vero?-
Non mi rispose.
-Papà! No! Dimmi che non è così! Come...-
Singhiozzai tra una parola e l'altra, cercando di negare quella cruenta verità. Una rivelazione tagliente, che non potevo sopportare. Un qualcosa di così troppo infame da poter digerire.
Mio padre si protese in avanti, attirandomi tra le sue braccia.
Liberai il groppo in gola, dando libero sfogo all'angoscia racchiusa nel mio cuore. All'affanno nel fondo della mia testa, che in qualche modo, mi accusava di essere parte di tutto quello. Di aver preso parte, anche se indirettamente, all'uccisione di sua madre.
E la cosa mi fece così tanto male, da non riuscire a respirare.Come spiegavi alla persona che amavi, che la tua famiglia, era in parte la ragione della sua infelicità?
Come potevi affrontarlo, senza venirne annientata...?-Lui lo sa?Jace...-
Non riuscii a finire, abbandonando la frase a metà. Attraversata da forti singhiozzi e fitte al cuore.
-Oh Beatrice... Lo sa. Jace l'ha sempre saputo-
Mi allontanai, con un gesto repentino, gli occhi spalancati.
Non più sicura di essere soltanto, sotto shock, consapevole invece, di stare per avere un attacco di panico.
Scossi il capo incredula.
-Lui... Lo sa?-
Mio padre mi guardò con profondo ramarrico. Il volto triste e cupo.
-Sì, Beatrice. Siete cresciuti insieme. Hai persino conosciuto sua madre, prima di perdere la memoria...-
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BE HONEST (In Revisione)
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