CAPITOLO 5

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"Se non fa rumore l'anima, e se sei qui davanti non si illumina...".

-F.Michelin

Mi morsi la lingua

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Mi morsi la lingua. E poi l'interno della guancia.
Lo sguardo fermo sulla città notturna. Vittima del silenzio deprimente che si era creato nella macchina. Costretta a far finta che non stessi impazzendo.
Pertanto, seduta sul sedile anteriore; accanto alla figura snervante di Jace.
-Hai intenzione d'ignorarmi per tutta la serata?-
Guidava silenzioso, con una sigaretta tra le labbra. Un silenzio insopportabile che era durato fin troppo.
Ed ero pronta a scendere dalla macchina se fosse andato oltre. 
Jace liberò i cerchi di fumo fuori dal finestrino. E poi una volta soddisfatto, portò la sua attenzione su di me.
Gli occhi chiari invasi da una sfumatura sprezzante, o forse solo stanca. E non riuscii a capire se lo stessi infastidendo o meno.
Se veramente non mi sopportasse o ci fosse dell'altro.
Sembrò studiarmi, e per qualche minuto non disse nulla.
Lo sguardo in movimento tra me e il semaforo rosso.
-Non ti sto ignorando se è quello che vuoi sapere...-
Ah no? Eppure sembra non fare altro.
-Ti sembro stupida?-
Aggrottai la fronte, incrociando le braccia sul petto.
Lui alzò gli occhi al cielo, un debole sorriso sulle labbra. Una fossetta in rilievo.
-Il silenzio non è sempre sinonimo di indifferenza- citò, schiacciando il piede sull'acceleratore.
Un braccio sul volante e l'altro fuori dal finestrino.
Meditai sulla sua risposta per qualche secondo e poi sospirai.
-Avrai anche ragione, ma dal mio punto di vista... Come faccio a interpretare il tuo mutismo?-
La brezza della notte nei suoi capelli, in una gentile e piacevole carezza.
Le ciocche ribelli davanti agli occhi e il labbro inferiore tra i denti.
-E perché vorresti interpretarmi?-
Il suo sguardo esigente mi oltrepassò da una parte all'altra. A tal punto da squarciare completamente la mia difesa personale. Tanto da farmi desiderare di non aver formulato quella domanda. Portai istintivamente una mano tra i miei capelli, spazzolando indietro i ciuffi dalla fronte.
Stavo letteralmente sudando, in preda a un nervosismo incontrollabile. Poiché era quello l'effetto che mi faceva, quando mi guardava. Una reazione che non sapevo nascondere.
Deglutii piano.
-Voglio solo capirti...- confessai quasi in un sussurro.
Lui socchiuse gli occhi, la sigaretta ormai consumata dietro l'orecchio.
-Non ho chiesto di voler essere capito...-
Lo disse con così tanta freddezza da farmi irrigidire.
-... E non sono un vostro esperimento. Il mio silenzio non è un disperato tentativo di chiedere aiuto e quello che faccio non vi riguarda-
Il suo parlare in seconda persona plurale, mi fece capire che non si riferiva soltanto a me, ma a tutte quelle persone che prima di me, avevano cercato d'invadere il suo spazio.
Strinsi i pugni trovandomi presto in conflitto. Soffocata dai miei pensieri e dalle mie incertezze. E questo perché ovviamente, Jace era un tipo innegabilmente attraente. Ed era alquanto normale che attirasse attenzioni indesiderate su di lui. Era palese che molti lo cercavano solo per una soddisfazione fisica. Insomma, con una persona del suo calibro, non mi stupivo se la gente volesse solo farci sesso, tuttavia non eravamo tutti così. Io non ragionavo così.
Non volevo fare la stessa cosa che avevano fatto gli altri...
Volevo solo aspettarlo pazientemente.
Attendere che mi aprisse le porte del suo mondo.
-Tu credi che io voglia solo usarti..?-
Jace spense il motore all'interno del suo garage, per poi fissarmi.
E stavolta lo fece allungo. A momenti, dandomi filo da torcere. Dal momento che mi sentivo asfissiare, morire, all'idea di non poter sapere a cosa stesse pensando.
-No hai ragione, non mi vuoi usare...-
Jace slacciò la sua cintura, chinandosi verso di me; mandando ogni cosa al vento, me compresa. Per il semplice fatto che mi era difficile reggere una sua vicinanza. E questo a causa degli impeti e gli assalti allo stomaco. Le strette al cuore. I sentimenti e le emozioni che irrompevano come vulcani.
Avvampai violentemente, non riuscendo a domare il mio respiro incalzato, né il battito frenetico. Maledicendomi per essere sempre stata una ragazza così visibile, così facilmente percepibile.
-...Tu vuoi che io ti fotta Bea...-
Si arrestò per un secondo, soltanto per osservarmi meglio. Per esaminare la mia figura in difficoltà. La timidezza e l'agitazione nel mio sguardo. La paura e la rabbia per le sue parole ingiuste.
-E ti piace l'idea che sia io a farlo...-

BE HONEST (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora