CAPITOLO 3

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"Ma amami per amore, che sempre più possa amarti, per l'eternità dell'amore."

-Elizabeth B. Browning


-Bea, posso sapere perché assomigli a Brontolo dei sette nani, da quando sei rientrata?-

Mio padre stava lì nel suo camice da lavoro. Da poco rientrato dal suo turno, dove lavorava come medico legale nell'ospedale di Santa Cruz. Amava tanto quel mestiere, ovvero il fatto di dedicarsi ai suoi pazienti malati. E questo perché dopo la sua esperienza in guerra si era completamente sciolto; ne era rimasto così segnato da voler aiutare più gente possibile.
Aiutare la vita e ridurre la morte.

-Non sono imbronciata...-

Replicai scocciata, seduta sul divano. Immersa sotto le coperte davanti alla tele, in cerca di qualche serie TV da guardare su netflix.

-Un tono particolarmente imbronciato, mi dicono...-

Alzai gli occhi al cielo, cercando di fare mente locale, concentrandomi su tutt'altro per non pensare a quel farabutto.

-E' successo qualcosa?-

Stavolta guardai mio padre.
I folti capelli neri e gli occhi grigi, tratti genetici che avevo ereditato alla perfezione.
Tanto da esser chiamata dai
suoi colleghi "Dorian doppelganger".
Tutti mi consideravano una copia di mio padre al femminile. Non vi era assolutamente nulla che avessi preso da mia madre se non per la pelle leggermente abbronzata.

-No, ho solo avuto una giornata un pò stancante, tutto qui...-

Una fastidiosissima giornata
chiamata" Jace Eyre"!

Un prurito che non potevo grattare, ecco cos'era, una minaccia che brandiva la mia sanità come una spada.

-Oh bene, la cena è in cucina, mi raccomando, scaldala. Io vado in studio-

Mio padre si avviò ai piani alti, lasciandomi in soggiorno da sola.
Sospirai piano, un pò per la mia situazione attuale e un pò per mio padre.
I miei avevano divorziato quando ero più piccola, e mia madre era andata a vivere a Bristol, non tanto lontano da noi. Grazie a Dio, erano rimasti in buoni rapporti ma si poteva ben vedere che mio padre ne soffrisse ancora.
Mi lasciai cadere contro i cuscini, aspettando l'inizio della serie. Gli occhi un tantino appesantiti dal sonno, ma pronti a guardare qualunque cosa.

Restai così per un pò, fino a quando sentii il mio cellulare vibrare.
Allungai una mano sul tappeto dove lo avevo abbandonato, mezza moribonda.
E fu uno shock quando vidi il mittente di quel messaggio.

Jace (Venerdì):
"Scusa".

Fissai lo schermo, ancora stupita. La bocca socchiusa per lo stupore.
Jace Eyre?! Mi stava chiedendo scusa?
Per qualche lungo secondo, non feci assolutamente nulla ma poi risposi.

Beatrice:
''Di che?''

Seguì una pausa e poi una nuova vibrazione.

Jace (Venerdì):
''Non volevo essere scortese...''

Beatrice:
''Tranquillo, sei perdonato''

Rilasciai un sospiro che non sapevo di trattenere, la mente annebbiata, il cuore al galoppo.

Beatrice:
''Quindi... Posso avere una risposta...Ora?"

Scrissi di nuovo, stavolta un pochino più ansiosa.

Jace (Venerdì):
''Non ti arrendi proprio eh?''

In effetti no. Non ero un tipo che lo faceva così facilmente. Pertanto, di natura curiosa e perseverante; amavo cercare le risposte alle mie domande. E Jace appariva come un libro nascosto nel fondo della biblioteca.

Beatrice:
"No"

Jace (Venerdì):
"Guarda che non ti ho chiesto scusa per rivelartelo"

Ah ecco! Una scusa a metà. Era il minimo che potesse fare per avermi chiamata chiacchierona. Insomma, non era vero che facevo tante domande.

Beatrice:
"Errore sconosciuto:Scuse non accettate..."

Lasciai il cellulare sul divano, tornando alla televisione. Alla fine non potevo mica costringerlo. E se non voleva parlare, me ne sarei fatta una ragione.

Lo schermo si accese di nuovo.

Jace(Venerdì):
"Eh va bene... Se tanto vuoi saperlo"

Mi illuminai lanciandomi sul cellulare. La mia gioia alle stelle, per così poco. A causa di Jace Eyre. Un individuo che suscitava in me emozioni contrastanti e allo stesso tempo piacevoli.

Aspettai la risposta con trepidazione, per almeno una ventina di minuti. Il suo status Online, eppure, non vidi ancora niente di scritto.
Mi stava forse prendendo in giro?
Mi irritai nuovamente.

Beatrice:
"Puoi anche lasciar perdere...''

Abbandonai completamente il cellulare non ricevendo più risposte.
E così passò una mezz'oretta di puro silenzio.
Era possibile? Poteva veramente essere così stronzo?

Ripresi il cellulare.

Beatrice:
''Jace, fa niente, tutto OK?''

Nessuna risposta.
Forse era indaffarato e dovevo solo essere paziente.
Mi sdraiai di nuovo contro i cuscini, fino a quando, non fui allarmata dalla figura frettolosa di mio padre.
-Cosa? Selena Eyre ha fatto un incidente??-
Mio padre si spostò nell'atrio in cerca della sua giacca e delle chiavi della macchina.
Balzai in piedi trafelata, il mio viso contorto dalla brutta notizia.

La madre di Jace in ospedale?

-Papà! Che successo??-
Mio padre sussultò, trovandomi al suo fianco.
-Ma come? Non stavi mica dormendo?-
Scossi il capo, impaziente.
-Che sta succedendo??-
Mio padre scosse il capo a sua volta.
-Non lo so, la madre di Jace ha appena avuto un incidente rientrando da lavoro. Sono stato convocato in ospedale...-
Mi disperai ancor di più, capendo solo in quel momento, il perché del suo silenzio. Doveva averlo scoperto anche lui.
-Papà posso...-.
-No.-
Mi interruppe senza scrupoli.
-No, Bea resti a casa! Vado e torno.-
Mi adirai una terza volta.
Ormai consapevole che oggi stavano tutti mettendo la mia pazienza a dura prova.

-Io vengo!-

-No cara, sarò dentro in ambulatorio, e la sua famiglia sarà lì. Lascia che abbiano un pò di privacy-

Mentre quest'ultimo parlava, cominciai a mettermi le scarpe e a cercare il mio giubbotto.

-Vado ad aspettarti in macchina!-

BE HONEST (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora