𝟎𝟏. 𝐅𝐥𝐨𝐰𝐞𝐫𝐬 𝐚𝐥𝐥 𝐫𝐨𝐮𝐧𝐝

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𝐋𝐨𝐧𝐝𝐫𝐚, 𝐑𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐔𝐧𝐢𝐭𝐨.
𝟐𝟎𝟐𝟏

𝐃𝐞𝐥𝐢𝐥𝐚𝐡'𝐬 𝐩𝐨𝐯

Se quel verme non avesse smesso di sbirciare sotto la mia gonna entro un millesimo di secondo avrei dato di matto.

Giuro, non sarei durata un istante in più, le occhiatacce evidentemente non erano abbastanza e la voglia di sputargli in un occhio, o forse entrambi, si stava facendo irrefrenabile.
Cristo—ma che problemi ha la gente? Siamo davvero arrivati al punto in cui una donna non può più neppure prendere la metropolitana da sola senza essere, in qualche modo, molestata?

Un minuto – si trattava di una corsa di un minuto, decisamente uno dei più lunghi della mia vita però, dato che c'era un sessantenne sessualmente frustrato che sembrava non aver intenzione di lasciarmi in pace. Ed essere schiacciati l'uno contro l'altro come sardine in scatola, di certo non aiutava.
Il tragitto Soho-Fitzrovia, trattandosi di due zone centrali della capitale, dura appena quindici minuti a piedi, ma io quei quindici minuti non li avevo a disposizione.
Ero in ritardo, come al solito.

Dopo aver lasciato Marsiglia – rettifico – dopo essere scappata da Marsiglia, non avevo tenuto conto del fatto che il mio tenore di vita sarebbe stato completamente stravolto. E, davvero, non sarebbe stato affatto un problema se non fosse stato per alcuni piccoli dettagli, come il non potermi neppure più permettere un'auto. È per questo che ero costretta ad affidarmi alla metro, ai taxi, ai bus di linea.
Che, ancora, non sarebbero stati d'intralcio se non fosse stato per la mia incapacità di gestire l'ansia in posti del genere.

Per tutta la mia vita ero stata abituata ad avere tutto, il necessario e il superficiale. Non mi era mai mancato nulla, eccetto la libertà.
Era questa la ragione principale per cui io e mio fratello Martin avevamo deciso di mollare tutto e tornare a Londra, dov'eravamo nati.
Se un estraneo fosse venuto a conoscenza della nostra decisione ci avrebbe dato dei folli, fuori di testa, per aver mollato una vita così apparentemente perfetta.
Nati e cresciuti in una famiglia benestante, io e Martin sguazzavamo nel lusso, letteralmente.
I nostri genitori ci avevano viziati fin dalla nascita e questo a molti potrebbe sembrare un vantaggio, ma per me, per noi, non era così.
Avrei preferito vivere in maniera più umile e modesta, ma avere la loro attenzione, il loro affetto, la loro complicità, invece non avevo mai avuto nulla di tutto ciò.
Non avevo idea di cosa si provasse a ricevere un abbraccio dai propri genitori, una parola di conforto, supporto.
Loro pensavano ai beni materiali, alle vacanze in giro per il mondo, alle auto di lusso, ai gioielli, era un po' come se io e Martin non facessimo esattamente parte del piano.

Per tutta la nostra vita ci avevano tenuti sotto una campana di vetro, o meglio, ci avevano impedito di prendere qualunque decisione con la nostra testa. Stavo sostanzialmente vivendo una vita che non era la mia, avevo come l'impressione di essere intrappolata in un corpo, in una casa, in una famiglia che, con me, non avevano nulla a che vedere.

Tra i loro progetti c'era già scritto che io sarei diventata un avvocato, Martin un medico e stavamo studiando per quello.
Ma eravamo talmente stanchi, perché non era quel che noi volevamo.
Io avevo sempre sognato di diventare una fotografa, ma la mia macchina fotografica era sempre stata un oggetto proibito, segreto, la tenevo nascosta tra i libri e riuscivo ad usarla soltanto nei rari momenti in cui avevo sprazzi di autonomia che mi concedevano di rifugiarmi nei celati angoli di natura incontaminata della costa francese.

Il punto è che per troppo tempo avevamo assecondato il loro volere: dalle lezioni di violoncello a quelle di equitazione, dai corsi di dizione a quelli di galateo.

Noi non eravamo quello.
Non eravamo due ragazzini viziati che pensavano tutto gli fosse dovuto, volevamo solo essere liberi, liberi di scegliere, di essere noi stessi.

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