𝟏𝟔. 𝐘𝐨𝐮'𝐫𝐞 𝐬𝐚𝐟𝐞 𝐰𝐢𝐭𝐡 𝐦𝐞

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𝐃𝐞𝐥𝐢𝐥𝐚𝐡'𝐬 𝐩𝐨𝐯

Era passata una settimana e stavo molto meglio.
Parlarne con Harry mi aveva liberata da un pesante macigno che per anni avevo trasportato completamente sola—mi aveva fatto bene.

La comprensione ed il supporto di Harry non avevano fatto altro che avvicinarmi a lui ancor di più, avevano rafforzato la mia convinzione su quanto effettivamente volessi stare con lui.
Per la prima volta decisi che avrei lottato, che avrei dato la vita pur di stare con Harry, che non mi sarei lasciata scappare un'occasione del genere, non me lo sarei lasciata scappare. Avevo bisogno di lui, lo volevo nella mia vita, volevo imparare ad amare senza timore, volevo imparare a lasciarmi amare.
Sapevo che soltanto Harry sarebbe stato in grado di portarmi a farlo.

«Che dici, Jani lo gradirebbe un altro drink?» domandò Harry a voce alta per sovrastare la musica, una risatina abbandonò le sue labbra quando gli rivolsi un'occhiata ovvia in risposta

«tu che dici?» alzai giocosamente gli occhi al cielo e spostai momentaneamente lo sguardo su Janice, tutta concentrata sulla sua console, mentre noi ballavamo in pista da ormai tre ore

«su, andiamo a prenderle un altro mojito» io annuii e seguii Harry facendomi spazio tra la gente.
La pista era decisamente affollata, il riccio si voltava ogni due per tre per assicurarsi che fossi ancora alle sue spalle

«tranquillo, sono qui» parlai al suo orecchio rassicurandolo, stringendo leggermente il suo braccio, ma lui si limitò a rivolgermi un'occhiata e afferrò la mia mano continuando a camminare.
Al suo gesto sentii lo stomaco in subbuglio e un sorriso incontrollabile mi illuminò il volto facendomi arrossire, mi avvicinai maggiormente al riccio e quando raggiungemmo il bancone posai la testa alla sua spalla

«un mojito, per favore» ordinò al barista, poi abbassò lo sguardo su di me e sorrise
«vuoi un altro drink anche tu?» domandò

«tu devi guidare e non voglio bere da sola, quindi meglio di no» Harry annuì alle mie parole e riportò l'attenzione sul barista, io strinsi la sua mano e posai nuovamente la testa alla sua spalla.
Mi sentivo estremamente al sicuro quand'ero con lui e non c'era giorno che passava in cui non fossi grata di averlo al mio fianco.

Il barista posò il bicchiere sul bancone ed Harry lo ringraziò lasciandogli una banconota, afferrò il bicchiere, poi la mia mano e ci dirigemmo verso la console per portare a Janice il suo drink.

Mentre camminavamo tra la gente e le luci stroboscopiche illuminavano la pista, per un istante sentii di avere degli occhi puntati addosso e corrugai la fronte guardandomi attorno smarrita.
Era la stessa sensazione che avevo provato al parco non molto tempo prima e non mi piaceva.
Continuavo a ripetermi di essere paranoica, che ricordare quel che mi era successo un paio d'anni prima avesse risvegliato la parte più vulnerabile in me, ma non era solo quello.

Ad ogni modo, raggiungemmo la console e Janice sorrise quando ci vide arrivare.
Non le avevo ancora parlato di quel che c'era tra me ed Harry, ma lei lo aveva senza alcun dubbio capito e comprendeva il mio essere riservata, rispettava la mia scelta di non volerne parlare—non ancora, almeno.

«Ti abbiamo portato una ricarica» sorrise il riccio porgendole il mojito, Janice spalancò gli occhi e lo afferrò sorridendo di rimando

«siete degli angeli, grazie!» esclamò abbassando le cuffie così che fossero attorno al suo collo
«vi state divertendo?» domandò poi

«non sai quanto» sorrisi

«la dj è formidabile» Janice arrossì al complimento di Harry e lo spinse giocosamente

«oh, non dire così o mi monterò la testa» ridacchiò.

Mentre Harry e Janice chiacchieravano tra loro, io mi assentai momentaneamente a causa del disagio che pesava su di me.
Non ero paranoica—qualcuno mi stava seguendo.

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