𝟏𝟒. 𝐄𝐲𝐞𝐬 𝐨𝐧 𝐦𝐞

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𝐃𝐞𝐥𝐢𝐥𝐚𝐡'𝐬 𝐩𝐨𝐯

Mi sembrava impossibile che Londra potesse essere così calda, ma dannazione, agosto stava davvero dando il meglio di sé.

Martin aveva decisamente scelto la giornata sbagliata per chiedermi di scattargli delle foto per un progetto universitario a cui stava lavorando, ma non sapevo dirgli di no e se potevo aiutarlo, ne ero più che felice, a costo di dover passare l'intera giornata a sciogliermi come un ghiacciolo al sole.

Erano passate due settimane da quando avevo deciso di concedere a me ed Harry una possibilità, stavo pian piano cercando di imparare a convivere con le mie paure, ma la strada era ancora lunga e decisamente in salita.
Ad ogni modo, la salita con Harry al mio fianco era ovviamente meno faticosa, la sua comprensione mi tranquillizzava ed ero felice di poter tenere ancora quel che stava nascendo tra noi segreto.
Insomma, era una bella sensazione, era qualcosa di nostro, privato, sentivo di star – in qualche modo – proteggendo quel che c'era tra noi e questo mi dava una certa sicurezza.

«Aspetta, aspetta» mio fratello si allontanò dall'albero accanto a cui era seduto per venirmi incontro, così allontanai il viso dalla macchina fotografica e una risatina abbandonò le mie labbra quando incrociai il suo sguardo distrutto
«è così divertente?» domandò permaloso passandosi un braccio sulla fronte sudata

«hey, è stata tua l'idea di scattare le foto oggi, io ti avevo avvertito» feci spallucce
«e poi sono io quella che sta lavorando» lo punzecchiai, consapevole che entrambi stessimo avendo a che fare con la stessa sofferenza

«come vuoi, ad ogni modo penso di aver bisogno di un ghiacciolo, o qualcosa di simile, o andrò a fuoco da un momento all'altro» ridacchiò, così entrambi cominciammo a passeggiare tra i sentieri del grande parco

«credi davvero che un ghiacciolo reggerebbe più di dieci secondi sotto questo sole cocente..?»

«l'alternativa quale sarebbe? Morire carbonizzato?» mi lanciò un'occhiata

«un gelato in coppetta, una granita, una bibita fredda. Ingegno, fratello» mi divertivo così tanto ad infastidirlo ma, diciamocelo, è a questo che servono i fratelli

«okay» sospirò
«odio quando hai ragione»

«devi odiare spesso, allora» nascosi un sorrisetto

«non montarti la testa» mi diede una leggera spinta ed entrambi scoppiammo a ridere.

Contro ogni previsione riuscimmo ad arrivare vivi fino al chioschetto delle granite allestito al centro del parco, ma c'era già gente in fila e un sospiro seccato abbandonò le mie labbra—la pazienza non era esattamente la più grande delle mie virtù.

«Perché non vai a sederti sulla panchina? Aspettami lì, potresti riguardare le foto intanto» suggerì mio fratello, io abbassai momentaneamente lo sguardo sulla mia macchina fotografica e presi in considerazione la sua proposta per qualche istante

«mh» mugolai, mi guardai attorno per cercare di capire quanto conveniente fosse, se ci fosse una panchina riparata dal sole e quando ne scorsi una a qualche metro di distanza, finalmente annuii
«d'accordo, mi porterò avanti con la selezione» accettai

«bene, che gusto?» domandò riferendosi alla granita

«melone» affermai, lui fece cenno di aver capito con la testa
«ti aspetto su quella panchina, lì sotto l'albero» indicai.

Ero esausta.
Avevamo letteralmente trascorso l'intera mattinata in giro per il parco a scattare foto e sarebbe stato bellissimo, se non fosse stato per il caldo insostenibile.
Sia chiaro, amo il caldo, amo l'estate, ma sembrava di essere in un forno—letteralmente.
Come se non bastasse, lo stomaco mi brontolava e speravo che dopo quella granita saremmo finalmente andati a pranzare da qualche parte, perché non avrei resistito ancora a lungo.

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