"How far should a person go in the name of true love?"
Dopo un vissuto burrascoso ed anni trascorsi sotto una campana di vetro, Delilah Miller decide di lasciarsi tutto alle spalle e prendere finalmente in mano le redini della propria vita.
Determi...
Ero sfinita. Avevo trascorso l'intero pomeriggio da Martin per aiutarlo con lo studio, avrebbe dato un esame il giorno seguente, per cui la parola “pausa” non faceva neppure lontanamente parte del nostro programma—del suo.
Dopo aver terminato quello che mi sembrò un parto, per quanto entrambi avessimo fame, il sonno stava decisamente avendo la meglio e avevo bisogno di tornare a casa. Optammo così per un panino al volo da McDonald's sul tragitto del ritorno, Martin aveva insistito per accompagnarmi e chi ero io per dirgli di no? Me la facevo sotto alla sola idea di tornare a casa da sola alle due del mattino. Quando fummo davanti alla porta del mio appartamento, entrambi avevamo già finito di mangiare e diedi un abbraccio a mio fratello come augurio per il suo esame
«mostra di che pasta sei fatto» sussurrai al suo orecchio rivolgendogli un sorriso
«sì» sorrise lui di rimando «farò del mio meglio» garantì.
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«Grazie per avermi aiutato, Lilah»
«avresti fatto lo stesso per me» gli feci notare, lui annuì
«fa lo stesso, grazie» ripeté, io annuii ed inserii le chiavi nella serratura «ora è meglio che vada o rischio di addormentarmi e perdere l'esame» ridacchiò
«dopo tutta questa fatica? Non dirlo neanche per scherzo» lo minacciai giocosamente puntandogli un dito contro, uno sbadiglio abbandonò le mie labbra «sì, è decisamente arrivato il momento di dormire» ridacchiai, mio fratello lasciò un dolce bacio sulla mia guancia e si allontanò lasciandomi entrare
«buonanotte Lilah, a domani» mi salutò con un cenno della mano
«notte Martin, ti chiamo domattina appena sveglia» promisi.
Finalmente entrai in casa e un sospiro di sollievo abbandonò le mie labbra quando realizzai che la giornata era giunta al termine. Lasciai la borsa lì sul pavimento all'ingresso senza preoccuparmi troppo di sistemarla e mi tolsi le scarpe, senza neppure accendere le luci camminai fino alla cucina e mi riempii un bicchier d'acqua prima di andare a letto, mi stiracchiai e posai il bicchiere vuoto nel lavandino.
Janice non c'era, i suoi cugini l'avevano invitata a trascorrere un weekend fuori città, così avevo la casa tutta per me. Mi sfilai la giacchetta in jeans e la lanciai disordinatamente sul divano, mi sarei occupata di sistemare ogni cosa il mattino successivo. Raggiunsi il bagno per fare pipì e lavare i denti, poi tornai in cucina per riempire un altro bicchiere d'acqua da portare in camera con me—com'ero solita fare.
Sbadigliai – per l'ennesima volta – sonoramente, percorsi il corridoio e aprii la porta della mia stanza. Ero troppo stanca e troppo pigra per accendere la luce, sbadigliai ancora, ma quando sollevai lo sguardo il sangue mi si gelò nelle vene ed impallidii di colpo.