𝟎𝟔. 𝐓𝐡𝐞 𝐦𝐨𝐬𝐭 𝐦𝐢𝐧𝐝-𝐛𝐥𝐨𝐰𝐢𝐧𝐠 𝐜𝐫𝐞𝐚𝐭𝐮𝐫𝐞

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𝐇𝐚𝐫𝐫𝐲'𝐬 𝐩𝐨𝐯

Le giornate cominciavano a farsi più calde, l'aria ad intiepidirsi ed era ufficialmente cominciata l'estate.
Presto il nido che Posey frequentava avrebbe chiuso per le ferie estive ed io mi sarei ritrovato – ancora una volta – a dover gestire tutto completamente solo.

Non posso certo negarlo—ero stanco, stressato e per quanto non vedessi l'ora di trascorrere ogni singolo istante della giornata con la mia bambina, avevo anche la consapevolezza di dover continuare a lavorare, di aver bisogno di un po' di tempo per me, anche solo un weekend, per ricaricare le energie.
Odiavo chiedere aiuto, volevo dimostrare a me stesso di riuscire a cavarmela senza alcun problema, di essere un padre bravo abbastanza da saper gestire ogni situazione, ma non potevo continuare a mentire a me stesso, avrei preso in considerazione le continue proposte di mia mamma e mia sorella di badare a Posey per un po'.
Probabilmente – alla fine – avrei comunque rinunciato, ma almeno ci avrei pensato, seriamente questa volta.

Mentre sistemavo il carico di fiori freschi appena arrivati sul retro del mio negozio, tra le mani mi capitò una grande cassa di tulipani rosa ed il collegamento fu spontaneo, immediato. Lei apparve vivida al centro della mia mente—non che ne fosse mai realmente uscita, comunque.

Ed io che fiore sono?
No—lei non era certo un tulipano rosa. Senza dubbio erano fiori stupendi, simboleggiano l'attenzione, l'affetto, il buon auspicio—lei, però, era molto più di un tulipano rosa.
Avevo pensato a lungo alla sua domanda e non ero ancora giunto ad una risposta, il che era strano, solitamente riuscivo ad associare una persona al proprio fiore già dopo pochi minuti di conversazione, ma con lei non ci ero riuscito, era un po' come se celasse una parte di sé, come se quel che mostrava fosse soltanto la sua metà, quella che aveva scelto di condividere col mondo.
Non sapevo perché nascondesse l'altra metà, ma l'avrei scoperto, in qualche modo.

Avevo pensato anche al modo in cui era scappata, era passato qualche giorno dal nostro pranzo da The Green Man e di lei non c'era traccia.
Non era più passata dal negozio, non l'avevo vista al nido, né incrociata per strada. Mi chiedevo se fosse tutto okay, se stesse bene.

Il mio flusso di pensieri venne interrotto dalla suoneria del mio cellulare e quasi sussultai, non mi ero reso conto di essere così immerso nella mia mente.
Camminai allora verso la mensola accanto a me e afferrai il cellulare, sorrisi appena quando lessi il nome sullo schermo.

«Mamma» era come se mi leggesse nel pensiero, nei momenti in cui ero più stressato, in cui avevo bisogno d'aiuto, ricevevo sempre una sua chiamata. Il suo istinto materno non falliva mai

«tesoro, come stai?» la sua voce mi scaldava il cuore, a volte desideravo poterla avere accanto ogni giorno, come quando ero un ragazzino.
Ero cresciuto con lei e mia sorella per molto tempo, il nostro rapporto era il migliore che potessi desiderare, mi mancava condividere con loro la quotidianità

«bene, uh—sto bene» farfugliai
«tu come stai? E Gem? Gem come sta?» domandai poggiandomi di schiena contro uno scaffale

«noi stiamo bene. Sai, pensavamo di venire a Londra per una giornata di shopping la prossima settimana, magari fermarci per un paio di giorni, o un weekend, potremmo trascorrere una giornata insieme»

«oh, ma è fantastico! Certo, non vedo l'ora di riabbracciarvi, mi mancate da impazzire» sorrisi nostalgico

«e – magari – potremmo badare noi a Posey per un giorno, o due» alla sua proposta mi lasciai sfuggire un sospiro, perché – ancora una volta – aveva perfettamente compreso di cosa avessi bisogno, ma ero combattuto
«almeno pensaci, tesoro... Meriti un po' di tempo per te stesso, lasciare Posey a noi per un paio di giorni non ti renderà un padre meno bravo» le sue parole furono probabilmente quel che mancava a convincermi, così presi un profondo respiro e decisi di fidarmi, i suoi consigli non erano mai stati sbagliati
«e a me non dispiacerebbe passare un po' di tempo con la mia nipotina, è un po' che non-»

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