Epilogo
«Clary!» La madre di Simon era raggiante nel vedere la ragazza sulla soglia di casa. «Sono secoli che non ti fai viva. Cominciavo a preoccuparmi che tu e Simon aveste litigato.»
«Oh, no» fece Clary. «È solo che sono stata poco bene, tutto qui.» A quanto pare, anche quando si hanno rune magiche di Guarigione, non si è invulnerabili. Quando si era svegliata, la mattina dopo la battaglia, non era
rimasta sorpresa nello scoprire di avere un mal di testa atroce e un po' di febbre; aveva pensato di essersi presa un raffreddore (e chi non se lo sarebbe preso dopo essersi congelato per ore e ore di notte, al largo, con i vestiti fradici?), ma a sentire Magnus la cosa più probabile era che si fosse stremata nel creare la runa che aveva distrutto la nave di Valentine. La madre di Simon fece schioccare la lingua con aria solidale. «Scommetto che era la stessa forma influenzale che Simon ha avuto due settimane fa. Poteva a malapena alzarsi dal letto.»
«Ma adesso sta meglio, vero?» domandò Clary. Sapeva che era vero, ma non le dispiaceva sentirselo dire di nuovo.
«Sta bene. Credo che sia nel giardino sul retro. Vai, passa dal cancello.»
Sorrise. «Sarà felice di vederti.» Le case a schiera di mattoni rossi della strada di Simon erano separate da
graziose recinzioni in ferro battuto bianco, ognuna con un cancello che conduceva a un giardinetto sul retro. Il cielo era di un azzurro chiaro e l'aria fredda, malgrado il sole. Clary vi percepiva l'odore caratteristico della
neve in arrivo. Si chiuse il cancelletto alle spalle e andò a cercare Simon, che era effettivamente nel giardino sul retro, steso su una sdraio di plastica con un fumetto aperto in grembo. Quando vide Clary mise da parte il libro, si alzò a sedere e sorrise. «Ciao, piccola.»
«Piccola?» Lei gli si appollaiò accanto sulla sdraio. «Mi stai prendendo in giro, vero?»
«Ci stavo provando. Meglio di no?»
«No» disse lei in tono deciso, e sichinò a baciarlo sulla bocca. Quando si tirò su, le dita di Simon le indugiarono sui capelli, ma i suoi occhi erano pensierosi.
«Sono contento che tu sia venuta.»
«Anch'io. L'avrei fatto prima, ma...»
«Sei stata male, lo so.» Clary aveva passato la settimana a mandargli messaggi dal divano di Luke, dov'era stata stesa avvolta in una coperta a guardare le repliche di CSI. Era confortante passare il tempo in un mondo in cui a ogni mistero si poteva trovare una risposta scientifica.
«Ora sto meglio.» Si guardò intorno e rabbrividì, avvolgendosi più strettamente nel cardigan bianco. «Comunque, che ci fai qui fuori con questo tempo? Non stai congelando?» Simon scosse la testa. «In realtà non sento più né il freddo né il caldo. E poi» la sua bocca si curvò in un sorriso «voglio passare più tempo che posso al sole. Durante il giorno mi viene ancora sonnolenza, ma cerco di resistere.» Clary gli sfiorò la guancia con il dorso della mano. Aveva il viso scaldato dal sole, ma, sotto, la pelle era fredda. «Ma tutto il resto è sempre... sempre uguale?»
«Vuoi dire se sono ancora un vampiro? Sì. Pare di sì. Ho ancora voglia di bere sangue, il cuore continua a non battere. Dovrò evitare il dottore, ma visto che i vampiri non si ammalano...» Fece spallucce.
«E hai parlato con Raphael? Continuaa non avere idea del perché puoi stare al sole?»
«Nessuna. E mi sembra anche piuttosto seccato.» Simon la guardò sbattendo gli occhi assonnato, come se
fossero le due del mattino invece che del pomeriggio. «Credo che sconvolga le sue idee sul corretto andamento delle cose. Inoltre avrà un bel daffare a cercare di farmi girare di notte, mentre io sono deciso a girare di giorno.»
«Avrei detto che sarebbe stato elettrizzato dalla cosa.»
«I vampiri non amano i cambiamenti.Sono molto tradizionalisti.» Le sorrise, e Clary pensò: Rimarrà sempre così. Io avrò cinquanta o sessanta anni, e lui ne dimostrerà sempre sedici. Non era un pensiero felice. «Comunque andrà bene per la mia carriera di musicista. Stando ai libri di Anne Rice, i vampiri sono rockstar strepitose.»
«Non sono sicura che sia una notizia affidabile.» Simon si stese di nuovo sulla sdraio. «Che cosa lo è? A parte te, si capisce.»
«Affidabile? È questo che pensi di me?» chiese Clary con falsa indignazione. «Non è molto romantico.» Un'ombra attraversò il viso di Simon. «Clary...»
«Cosa? Che c'è?» Clary allungò la mano verso la sua e la strinse. «Stai usando la tua voce delle brutte notizie.» Simon distolse lo sguardo da lei. «Non so se sia o no una brutta notizia.»
«Tutto può essere l'una o l'altra cosa. Dimmi solo che stai bene.»
«Sto bene. Ma... volevo dirti... credo che non dovremmo vederci più.» Mancò poco che Clary cadesse dalla sdraio. «Non vuoi più che siamo amici?»
«Clary...»
«È per via dei demoni? Perché ti ho fatto trasformare in vampiro?» La sua voce si faceva sempre più acuta.
«So che è stata una follia, ma posso tenerti lontano da tutto questo. Posso...» Simon fece una smorfia. «Strilli tanto che stai cominciando a sembrare un delfino, sai? Smettila.» Clary la smise.
«Voglio ancora che siamo amici. È dell'altra faccenda che non sono tanto sicuro.»
«Quale altra faccenda?» Simon cominciò ad arrossire. Clary non sapeva che i vampiri ne fossero capaci. Il rossore faceva impressione sulla pelle pallida. «La faccenda del ragazzo-ragazza.» Clary rimase in silenzio per un lungo istante, cercando le parole. Alla fine disse: «Almeno non hai detto "la faccenda dei baci". Avevo paura che la chiamassi così.» Simon abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate sulla plastica della sdraio. Le dita di Clary erano piccole contro le sue, ma per la prima volta la sua pelle aveva una sfumatura più scura. Le accarezzò distrattamente le nocche con il pollice e disse:
«Non l'avrei chiamata così.»
«Pensavo che fosse quello che volevi» disse Clary. «Mi pareva che tu avessi detto...» Simon la guardò attraverso le ciglia scure. «Che ti amavo? E ti amo. Ma
non è così semplice.»
«È per via di Maia?» Avevano cominciato a batterle i denti, solo in parte per il freddo. «Perché ti piace?»
Simon esitò. «No. Voglio dire, sì, mi piace, ma non come pensi tu. È solo che quando sono con lei... so che effetto fa avere qualcuno a cui io piaccio davvero. E non è com'è con te.»
«Ma tu non la ami...»
«Forse un giorno potrei.»
«Forse un giorno anch'io potrei amare te.»
«Se mai lo farai» disse «vieni a dirmelo. Sai dove trovarmi.» I denti di Clary batterono più forte. «Non posso perderti, Simon. Non posso.»
«Non accadrà mai. Non ti sto lasciando. Ma preferisco avere quello che abbiamo, reale e autentico e importante, anziché farti fingere qualcosa di diverso. Quando sono con te, voglio sapere che sono con la vera te stessa, con la vera Clary.» Clary appoggiò la testa contro la sua,chiudendo gli occhi. Le sembrava sempre Simon, nonostante tutto; aveva ancora il suo odore, come di sapone da bucato. «Forse non so chi sono.»
«Ma io sì.» Quando Clary lasciò la casa di Simon, chiudendosi il cancello alle spalle, trovò il pick-up nuovo di zecca di Luke in folle, accanto al marciapiedi.
«Mi hai accompagnato. Non dovevi anche venirmi a prendere» gli disse issandosi nell'abitacolo accanto a lui. Era tipico di Luke sostituire il vecchio pick-up ormai distrutto con uno nuovo esattamente identico.
«Perdona l'ansia paterna» disse Luke porgendole un caffè in un bicchiere di plastica. Clary ne bevve un sorso: niente latte e un sacco di zucchero, come piaceva a lei. «In questi giorni tendo a stare un po' sulle spine quando non sei nel mio immediato campo visivo.»
«Ah, sì?» Clary tenne forte il caffè per impedire che si versasse mentre ballonzolavano sulla strada piena di buche. «Quanto pensi che durerà?» Luke sembrò rifletterci su. «Non molto. Cinque, forse sei anni.»
«Luke!»
«Ho in mente di cominciare a lasciarti uscire con qualcuno verso i trent'anni, se proprio vuoi saperlo.»
«Non sembra poi così male. In affetti potrei non essere pronta fino ai trent'anni.» Luke la guardò di traverso. «Tu e Simon...?» Clary agitò la mano libera. «Non chiedermelo.»
«Capisco.» Probabilmente era vero. «Vuoi che ti lasci a casa?»
«Stai andando in ospedale, giusto?»Lo capiva dalla tensione nervosa che le sue battute nascondevano. «Vengo con te.» Erano sul ponte, ormai, e Clary guardò il fiume stringendo il suo caffè con aria pensierosa. Non si stancava mai di quella vista,lo stretto corso d'acqua nel canyon formato da Manhattan e Brooklyn. Scintillava al sole come un foglio di alluminio. Si chiese perché non avesse mai provato a disegnarlo. Si ricordò che una volta aveva chiesto a sua madre perché non l'avesse mai usata come modella, perché non avesse mai ritratto sua figlia. "Disegnare qualcosa è provare a catturarlo per sempre" aveva detto Jocelyn, seduta sul pavimento con un pennello da cui le colava del blu mio sui jeans. "Se ami davvero qualcosa, vedrai che non cercherai di mantenerlo per sempre così com'è. Devi lasciarlo libero di cambiare." Ma io odio i cambiamenti. Fece un profondo respiro. «Luke. Valentine mi ha detto una cosa, quando ero sulla nave, una cosa su...»
«Mai niente di buono comincia con le parole "Valentine ha detto"» borbottò Luke.
«Può darsi. Ma era su te e mia madre. Ha detto che eri innamorato di lei.» Silenzio. Erano bloccati nel traffico sul ponte. Clary sentì il rumore della linea Q della metropolitana che passava rombando. «Tu pensi che sia vero?» domandò infine Luke.
«Be'...» Clary percepiva il nervosismo nell'aria e cercò di scegliere le parole con cura. «Non lo so. Voglio dire, l'aveva già detto prima e l'avevo semplicemente liquidato come rancore o paranoia. Ma poi ho cominciato a pensarci, e be'... è piuttosto strano che tu ci sia sempre stato, che mi abbia fatto da padre, d'estate praticamente vivevamo nella fattoria... e poi né tu né mia madre avete frequentato altre persone. Così ho pensato, forse...»
«Hai pensato forse che cosa?»
«Forse siete stati insieme tutto questo tempo e non avete voluto dirmelo. Forse avete creduto che fossi troppo piccola per capirlo. Forse avevate paura che poi avrei cominciato a fare domande su mio padre. Ma non sono più troppo piccola per capirlo. Puoi dirmelo, ora. È questo che sto cercando di farti capire. Che puoi dirmi tutto.»
«Forse non tutto.» Ci fu un altro silenzio mentre il pick-up avanzava a passo d'uomo nel traffico che procedeva lento. Luke socchiuse gli occhi per il sole tamburellando sul volante. Alla fine disse: «Hai ragione. Sono innamorato di tua madre.»
«Fantastico» disse Clary cercando di incoraggiarlo,
sebbene l'idea di persone dell'età di sua madre e Luke innamorate le suscitasse un vago raccapriccio.
«Ma» concluse Luke «lei non lo sa.»
«Non lo sa?» Clary fece un ampio gesto con il braccio. Fortunatamente, la tazza di caffè era vuota. «Come fa a non saperlo? Non gliel'hai detto?»
«A essere sincero» rispose Luke premendo l'acceleratore e facendo balzare in avanti il pick-up «no.»
«Perché no?» Luke sospirò e si strofinò stancamente il mento coperto di barba corta e ispida. «Perché non
sembrava mai il momento giusto.»
«Questa è una scusa che non sta in piedi, e tu lo sai.»
Luke riuscì a fare un verso a metà tra una risatina e un grugnito seccato.
«Può darsi, ma è la verità. La prima volta che capii che cosa provavo per Jocelyn avevo la tua stessa età. Se
dici anni. E avevamo appena incontrato Valentine. Per lui non rappresentavo un rivale. Ero perfino un po' contento che, se non era me che voleva, almeno sarebbe stato qualcuno che la meritava veramente.» La sua voce si indurì. «Mi resi conto troppo tardi di quanto mi sbagliavo. Quando scappammo insieme da Idris e lei era incinta di te, mi offrii di sposarla, di prendermi cura di lei. Dissi che non importava chi era il padre del nascituro, l'avrei allevato come se fosse stato mio.
Jocelyn pensò che lo facessi per pietà. Non riuscii a convincerla che non avrei potuto essere più egoista. Mi disse che non voleva essermi di peso, che sarebbe stato chiedere troppo, a chiunque. Dopo che mi ebbe lasciato a Parigi, tornai a Idris, ma ero inquieto, infelice. Mi mancava sempre quella parte di me, la parte rappresentata da Jocelyn. Sognavo che era chissà dove
e aveva bisogno del mio aiuto, che mi invocava e io non potevo sentirla. Alla fine andai a cercarla.»
«Ricordo che fu contenta» disse Clary a bassa voce. «Quando la trovasti.»
«Lo era e non lo era. Era contenta di vedermi, ma al tempo stesso ai suoi occhi rappresentavo il mondo da cui era fuggita e con cui non voleva avere più niente a che fare. Acconsentì a farmi rimanere solo dopo che promisi di rinunciare a ogni legame con il branco, con il Conclave, con Idris, con tutto il passato. Le avrei anche proposto di trasferirmi con voi due, ma Jocelyn pensava che sarebbe stato troppo difficile nasconderti le mie trasformazioni, e dovetti darle ragione. Comprai la
libreria, assunsi un nuovo nome e finsi che Lucian Graymark fosse morto. E lo è stato a tutti gli effetti.»
«Hai fatto davvero molto per la mamma.Hai rinunciato a tutta una vita.»
«Avrei fatto di più» disse Luke in tono pratico. «Ma lei fu assolutamente irremovibile sul non voler avere niente a che vedere con il Conclave o con il Mondo Invisibile. E per quanto io possa fingere,rimango sempre un licantropo. Ero un ricordo vivente di tutto questo. E lei era assolutamente certa di non volere che
tu venissi mai a saperne qualcosa. Sai, non ho mai
approvato le visite a Magnus, l'alterazione dei tuoi ricordi o della tua vista, ma è quello che voleva, e gliel'ho lasciato fare, perché, se avessi provato a
impedirglielo, mi avrebbe mandato via.Ed è escluso, categoricamente escluso, che mi avrebbe permesso di sposarla e di farti da padre senza dirti la verità sul mio conto. E questo avrebbe rovinato tutto, tutti quei fragili muri che aveva provato tanto faticosamente a erigere tra se stessa e il Mondo Invisibile. Non potevo farle questo. Così sono stato zitto.»
«Vuoi dire che non le hai mai detto cosa provavi?»
«Tua madre non è stupida, Clary» disse Luke. Sembrava calmo, ma c'era una certa tensione nella sua voce. «Lo sapeva. Mi sono offerto di sposarla. Per quanto possano essere stati gentili i suoi dinieghi, di una cosa sono sicuro: sa che cosa provo e non ricambia.» Clary tacque.
«Ma non c'è problema» continuò Luke cercando di sdrammatizzare.
«L'ho accettato tanto tempo fa.» Clary aveva i nervi a fior di pelle per un'improvvisa inquietudine che non attribuiva alla caffeina. Ricacciò indietro i pensieri sulla propria vita.
«Le hai offerto di sposarla. Ma le hai detto che lo facevi perché la amavi? Non mi pare.» Luke tacque.
«Credo che avresti dovuto dirle la verità. Credo che ti sbagli sui suoi sentimenti.»
«No, Clary.» La voce di Luke era risoluta: Adesso basta.
«Ricordo che una volta le chiesi perché non vedeva nessuno» disse Clary, ignorando il suo tono ammonitore. «Rispose che era perché aveva già dato il suo cuore a qualcuno. Credevo che intendesse mio padre, ma adesso... adesso non ne sono più tanto sicura.» Luke sembrava davvero sbalordito. «Ha detto
questo?» Si controllò e aggiunse: «Probabilmente intendeva Valentine, sai.»