capitolo 8
LA CORTE SEELIE
Nel sogno, Clary era tornata bambina e camminava sulla stretta striscia di spiaggia accanto alla passerella di assi di legno, a Coney Island. L'aria era impregnata dell'odore di hot dog e noccioline abbrustolite e delle grida dei bambini. Il mare ondeggiava in lontananza
con la sua superficie grigio-azzurra animata dalla luce del sole.Vedeva se stessa come da lontano, con indosso il suo pigiama troppo grande. Gli orli dei pantaloni strusciavano sulla spiaggia. La sabbia bagnata le penetrava in modo fastidioso tra le dita dei piedi e i capelli le ricadevano pesantemente sulla nuca. Non c'erano nuvole e il cielo era azzurro e sereno, ma Clary rabbrividiva camminando lungo la battigia verso una figura che scorgeva solo vagamente in lontananza. Mentre si avvicinava, all'improvviso la figura divenne chiara, come se Clary avesse messo a fuoco l'immagine
attraverso l'obiettivo di una macchina fotografica. Era sua madre, inginocchiata tra le rovine di un castello di sabbia costruito a metà. Aveva lo stesso vestito bianco che Valentine le aveva fatto indossare a Renwick. In mano aveva un contorto pezzo di legno portato dal mare e schiarito dalla lunga esposizione al sale e al vento.
«Sei venuta ad aiutarmi!» chiese sua madre alzando la
testa. Jocelyn aveva i capelli sciolti che svolazzavano liberi al vento, facendola sembrare più giovane di quanto non fosse. «C'è tanto da fare e così poco tempo.» Clary inghiottì a fatica il groppo che aveva in gola. «Mamma... mi sei mancata, mamma.» Jocelyn sorrise. «Anche tu mi sei mancata, tesoro. Ma non me ne sono andata, sai. Sto solo dormendo.»
«E allora come farò a svegliarti?» Clary piangeva, ma sua madre guardava il mare con espressione turbata.
Il cielo, al tramonto, aveva assunto un color grigio ferro ed erano apparse nuvole nere che sembravano massi.
«Vieni qui» fece Jocelyn, e quando Clary le si avvicinò disse: «Allunga il braccio.» Clary obbedì. Jocelyn le passò il pezzo di legno sulla pelle. Il suo tocco la punse come la bruciatura di uno stilo, lasciando la medesima linea nera. La runa tracciata da Jocelyn aveva una forma che Clary non aveva mai visto prima, ma le fece un effetto calmante. «Che cosa fa?»
«Dovrebbe proteggerti.» La madre lasciò Clary.
«Da che cosa?» Jocelyn non rispose, limitandosi a la sciar vagare lo sguardo sul mare. Clary si girò e vide che si era ritirato, lasciando nella sua scia cumuli
salmastri di rifiuti, mucchi di alghe e pesci che si dibattevano disperatamente. L'acqua si era ammassata in un'enorme onda che si levava come il fianco di una montagna, come una valanga pronta a precipitare. Le grida dei bambini sulla passerella si erano trasformate in urla di terrore. Mentre guardava inorridita, Clary vide che la parete dell'onda era trasparente come un velo e attraverso di essa scorse cose che si muovevano sott'acqua, grandi cose scure e informi che premevano contro la superficie del mare. Sollevò le mani... E si svegliò ansimando, il cuore che le martellava contro il torace. Era nel suo letto, nella stanza degli ospiti di Luke, e la luce pomeridiana filtrava attraverso le tende. Aveva i capelli sudati e appiccicati al collo e il braccio che le bruciava e le doleva. Quando si tirò su a sedere e accese la luce del comodino, notò senza sorprendersi il marchio nero tracciato sul suo
braccio. Quando andò in cucina, vide che Luke le aveva lasciato la colazione: una brioche danese alla crema in una scatola di cartone unta di burro. Aveva lasciato anche un biglietto attaccato al frigorifero. Andato in ospedale. Clary mangiò la brioche mentre andava a un appuntamento con Simon, che avrebbe dovuto trovarsi alle cinque all'angolo di Bedford Street, accanto alla fermata della metro F. Ma Simon non c'era. Clary sentì una lieve fitta di ansia, prima di ricordarsi del negozio di dischi usati all'angolo con la 6th Avenue. Infatti Simon stava frugando tra i CD nel reparto nuovi arrivi. Indossava una giacca di velluto color ruggine con uno strappo nella manica e una maglietta azzurra con la scritta IT'S BIG. Nel vedere Clary, sorrise. «Eric pensa che dovremmo cambiare il nome della nostra band in Mojo Pie» disse a mo' di saluto.
«Adesso qual è? L'ho dimenticato.»
«Champagne Enema» rispose Simon scegliendo un CD di Yo La Tengo.
«Cambiatelo» disse Clary. «A proposito, guarda che so cosa significa la scritta sulla tua maglietta.»
«Non è vero.» Simon si avviò verso l'ingresso del negoz
io per pagare il CD. «Tu sei una brava ragazza.»
Fuori il vento era freddo e pungente. Clary si tirò la sciarpa a righe sul mento. «Quando non ti ho visto alla
fermata della F mi sono preoccupata.»Simon si calcò sulla testa il cappellino di lana facendo una smorfia come se la luce del sole gli ferisse gli occhi. «Scusa,
mi sono ricordato che volevo questo CD e ho pensato...»
«Non c'è problema.» Clary liquidò il discorso con un gesto della mano.
«È colpa mia. In questi giorni mi faccio prendere fin troppo facilmente dal panico.»
«Be', dopo quello che hai passato, non posso biasimarti.» Simon aveva un tono contrito. «Non riesco ancora a credere a quello che è successo nella Città Silente. Non posso credere che tu fossi là.»
«Nemmeno Luke. Si è spaventato a morte.»
«Sfido io!» Stavano attraversando McCarren Park. L'erba sotto i loro piedi tendeva al marrone invernale e l'aria era pervasa di luce dorata. I cani sciolti dal guinzaglio correvano tra gli alberi. La mia vita è in subbuglio e il mondo rimane uguale,pensò Clary. «Hai parlato con Jace dopo quello che è successo?» chiese
Simon, cercando di mantenere un tono di voce naturale.
«No, ma ho chiamato qualche volta Isabelle e Alec. Pare che stia bene.»
«Ha chiesto di vederti? È per questo che andiamo là?»
«Non ha bisogno di chiederlo.» Clary cercò di non far trapelare l'irritazione dalla voce mentre imboccavano la strada verso casa di Magnus. Era fiancheggiata da bassi magazzini trasformati in loft e studi per persone con inclinazioni artistiche e un bel conto in banca. La
maggior parte delle auto parcheggiate lungo il basso marciapiede erano costose. Mentre si avvicinavano al palazzo di Magnus, Clary vide raddrizzarsi una figura allampanata che fino a quel momento era rimasta seduta nella veranda. Alec. Portava una lunga giacca nera fatta del robusto materiale che i Cacciatori amavano usare per le loro tenute. Aveva le mani e la gola segnati dalle rune e, dal leggero scintillio che lo
circondava, era chiaro che aveva fatto un incantesimo per poter diventare invisibile.
«Non sapevo che avresti portato il mondano.» I suoi occhi azzurri guizzarono imbarazzati su Simon.
«È questo che mi piace di voi» disse Simon. «Mi fate sempre sentire il benvenuto.»
«Oh, avanti, Alec» sbottò Clary «qual è il problema? Come se Simon non fosse già stato qui.» Alec emise un sospiro teatrale, scrollò le spalle e li precedette su per le scale. Aprì la porta dell'appartamento di Magnus con una chiavetta d'argento che subito dopo infilò nel taschino della giacca, come cercando di non farsi vedere dai suoi compagni. Alla luce del giorno l'appartamento appariva simile a un nightclub vuoto
durante l'orario di chiusura: scuro, sporco e inaspettata
mente piccolo. Le pareti erano nude, spruzzate di vernic
e glitter, il parquet su cui una settimana prima avevano
ballato le fate era deformato e lustro per l'età. «Ciao ciao.» Magnus andò loro incontro con passo maestoso. Indossava una vestaglia di seta verde lunga fino a
terra, aperta su una maglia a rete argentata e jeans neri. All'orecchio sinistro gli brillava una pietra rossa
scintillante. «Alec, mio caro. Clary. E il ragazzo-topo.» Fece un inchino a Simon, che sembrò seccato.
«A cosa devo il piacere?»
«Siamo venuti a trovare Jace» rispose Clary. «Sta bene?»
«Non lo so» disse Magnus. «Di solito se ne sta disteso e immobile sul pavimento.»
«Che cosa...?» cominciò a dire Alec, poi si interruppe alle risate di Magnus. «Non è divertente.»
«È talmente facile prenderti in giro. Ma sì, il vostro amico sta bene. Be', a parte il fatto che continua a rassettare la casa e a mettere in ordine tutte le mie cose. Così adesso non trovo più niente. È ossessivo.»
«A Jace piace che tutto sia ordine» disse Clary, pensando alla sua stanza monacale all'Istituto.
«Be', a me no» Magnus guardava con la coda dell'occhio Alec che fissava nel vuoto con aria accigliata. «Jace è là dentro, se volete vederlo.» Indicò una porta in fondo alla stanza. "Là dentro" si rivelò una stanzetta di media grandezza sorprendentemente accogliente, con le pareti maculate, tende di velluto tirate alle finestre e alcune poltrone disseminate come grossi iceberg colorati in un mare di ruvida moquette beige. Su un divano rosa shocking era stato allestito un letto improvvisato, con lenzuola e coperte. Le pesanti tende non facevano filtrare la luce; l'unica fonte di illuminazione era uno schermo televisivo tremolante che emanava un intenso splendore pur avendo la spina staccata.
«Che cosa danno?» chiese Magnus.
«Cosa non mettersi» risuonò una familiare voce strascicata proveniente da una figura stravaccata su una delle poltrone. Jace si sporse in avanti e per un istante Clary pensò che si sarebbe alzato per salutarli. Invece scrollò la testa verso lo schermo. «Pantaloni cachi a vita alta? Ma chi se li mette?» Si girò e lanciò uno sguardo truce a Magnus. «Hai poteri soprannaturali quasi illimitati» disse «e li usi solo per guardare le repliche. Che spreco.»
«E poi, con MySky puoi ottenere praticamente lo stesso risultato» osservò Simon.
«Il mio metodo è più economico.» Magnus schioccò le
dita e la stanza fu improvvisamente inondata di luce. Jace, accasciato nella poltrona, alzò un braccio per coprirsi il viso. «E questo potete farlo senza magia?»
«Veramente» disse Simon «sì. Se guardassi la pubblicità lo sapresti.» Clary sentì che l'atmosfera nella stanza si stava guastando. «Basta» disse. Guardò Jace, che sbatteva gli occhi, seccato per la luce. «Dobbiamo parlare. Tutti quanti. Su che cosa faremo adesso.»
«Io stavo per vedere Project Runaway» disse Jace. «Comincia tra poco.»
«Neanche per sogno» disse Magnus. Schioccò le di
ta e la TV si spense, emettendo un piccolo sbuffo di fumo quando l'immagine svanì. «Devi affrontare la realtà.»
«Da quando in qua ti interessa risolvere i miei problemi?»
«Mi interessa riavere il mio appartamento. Sono stanco
delle tue continue pulizie.» Lo stregone schioccò di
nuovo le dita con fare minaccioso.
«Alzati.»
«O sarai il prossimo ad andare in fumo» commentò Simon in sollucchero.
«Non c'era bisogno di spiegare il mio gesto» disse Magnus. «Era sottinteso.»
«Bene.» Jace si alzò dalla poltrona. Era scalzo e aveva una striscia di pelle di un colore argenteo violaceo in
torno al polso, dove le ferite stavano ancora guarendo. Sembrava stanco, ma non più sofferente. «Se volete fare una tavola rotonda, facciamola pure.»
«Mi piacciono le tavole rotonde» disse Magnus in tono vivace. «Stanno molto meglio di quelle quadrate.»
Nel salotto Magnus fece apparire per magia un'enorme tavolo rotondo circondato da cinque sedie di legno dall'alto schienale. «Però...» commentò Clary, sedendosi su una di esse. Era incredibilmente comoda. «Come si fa a creare qualcosa dal nulla, così?»
«Non si può» disse Magnus. «Tutto viene da qualche posto. Queste cose, per esempio, vengono da un negozio di mobili finto antichi sulla 5th Avenue. Queste invece...» a un tratto sulla tavola comparvero cinque tazze di plastica dai cui coperchi bucati saliva lentamente del fumo «vengono da Dean&DeLuca a Broadway.»
«Sa tanto di furto, no?» Simon avvicinò a sé una tazza. «Oh, caffè!» Guardò Magnus. «Ma li hai pagati?»
«Certo» rispose Magnus mentre Jace e Alec ridacchiavano. «Faccio apparire per magia dei biglietti da un dollaro nel registratore di cassa.»
«Davvero?»
«No.» Lo stregone fece saltare il coperchio dal suo caffè. «Ma puoi far finta che l'abbia fatto, se ti fa stare meglio. Dunque, qual è il primo punto all'ordine del giorno?» Clary mise le mani intorno alla sua tazza di caffè. Sarà stato anche rubato, ma era caldo e ricco di caffeina. E poi, poteva sempre passare da Dean&DeLuca e far cadere un dollaro nel vaso delle mance. «Tanto per cominciare, potremmo cercare di capire cosa sta succedendo» disse, soffiando sulla schiuma.
«Jace, hai detto che ciò che è accaduto nella Città Silente è stato opera di Valentine?» Jace abbassò lo sguardo sul suo caffè. «Sì.» Alec gli mise una mano sul braccio. «Ma cosa ha fatto? L'hai visto?»
«Ero nella cella» rispose Jace con voce spenta. «Ho sentito urlare i Fratelli Silenti. Poi Valentine è sceso di
sotto con... con qualcosa. Non so che cosa fosse. Come del fumo con gli occhi scintillanti. Si è avvicinato alle
sbarre e mi ha detto...»
«Ti ha detto cosa?» La mano di Alec scivolò lungo il braccio di Jace fino alla spalla. Magnus si schiarì la
voce. Alec lasciò cadere la mano arrossendo, mentre Simon sogghignò nel suo caffè ancora intatto. «Mellartach» disse Jace. «Voleva la Spada dell'Anima e ha ucciso i Fratelli Silenti per impadronirsene.»
Magnus era accigliato. «Alec, la scorsa notte, quando i Fratelli Silenti vi hanno chiesto aiuto, dov'era il Conclave? Perché nessuno era all'Istituto?» Alec sembrò sorpreso di essere interrogato. «Ieri notte è stato assassinato un Nascosto a Central Park. Un giovane elfo. Il corpo era dissanguato.»
«Scommetto che l'Inquisitrice mi accusa anche di questo» disse Jace. «Il mio regno del terrore continua.» Magnus si alzò e andò alla finestra. Scostò la tenda, lasciando entrare abbastanza luce per far stagliare il suo profilo da falco. «Sangue» disse
quasi tra sé. «Due notti fa ho fatto un sogno. Ho vi
sto una città con torri di ossa e strade attraversate da fiumi di sangue.»Simon spostò lo sguardo su Jace. «Sta
sempre alla finestra a borbottare qualcosa sul sangue e cose simili?»
«No» disse Jace «a volte lo fa seduto sul divano.»
Alec scoccò loro un'occhiata severa. «Magnus, qual è il problema?»
«Il sangue» ripeté lo stregone. «Non può essere una coincidenza.» Sembrava guardare giù in strada. Il tramonto calava velocemente sopra la silhouette della città in lontananza: il cielo aveva striature color alluminio e oro rosato. «Questa settimana sono stati
uccisi alcuni Nascosti. Uno stregone, ucciso in un grattacielo vicino al South Street Seaport, aveva il collo e i polsi tagliati e il corpo dissanguato. E qualche giorno fa, all'Hunter's Moon, è stato ucciso un lupo mannaro. Anche in quel caso con la gola tagliata.»
«Fa pensare ai vampiri» osservò Simon, a un tratto pallidissimo.
«Non credo» disse Jace. «Almeno, Raphael ha sostenuto che non era assolutamente opera dei Figli della Notte. È stato categorico.»
«Già, quello è proprio un tipo affidabile» borbottò Simon.
«In questo caso penso che dicesse la verità» osservò Magnus tirando di nuovo la tenda. Il suo viso era spigoloso, in ombra. Mentre tornava al tavolo, Clary vide che teneva in mano un pesante libro rilegato in tessuto verde. Non le parve che lo avesse qualche momento prima. «C'era una forte presenza demoniaca in entrambi i luoghi. Credo che sia qualcun altro il responsabile di queste morti. Non Raphael e la sua tribù, ma Valentine.» Gli occhi di Clary si spostarono su
Jace. La sua bocca era una linea sottile, ma lei si limitò a chiedere: «Come fai a dirlo?»
«L'Inquisitrice pensava che l'assassinio dell'elfo fosse un diversivo» spiegò svelta Clary. «Per poter depr
edare la Città Silente senza preoccuparsi del Conclave.»
«Ci sono modi più facili per creare diversivi» ribatt
é Jace «ed è imprudente inimicarsi il Popolo Fatato.
Valentine non avrebbe ucciso un membro del clan delle fate se non avesse avuto un buon motivo.»
«Ce l'aveva, un buon motivo» disse Magnus. «C'era qualcosa che voleva dal giovane elfo, come pure dallo stregone e dal lupo mannaro.»
«E sarebbe?» chiese Alec.
«Il loro sangue» rispose Magnus aprendo il libro verde. Le sottili pagine di pergamena erano ricoperte di lette
re che brillavano come fuoco. «Ah» disse «ecco qui.» Alzò lo sguardo, tamburellando sulla pagina con un'unghia aguzza. Alec si chinò per sbirciare. «Tu non sei in grado di leggerlo» lo avvertì Magnus. «È scritto in una lingua demoniaca. Il purgatico.» «Ma riconosco il disegno. È Mellartach.L'ho già visto in qualche libro.»
Alec indicò l'illustrazione di una spada d'argento che Clary trovò familiare... Era quella di cui aveva notato l'assenza sulla parete della Città Silente.
«Il Rituale della Trasformazione Infernale» disse Magnus. «Ecco cosa sta cercando di fare Valentine.»
«Il cosa di cosa?» chiese Clary aggrottando la fronte
«Ogni oggetto magico ha un allineamento» spiegò Magnus. «L'allineamento della Spada dell'Anima è angelico... Come le spade che usate voi Cacciatori, ma mille volte di più, perché il suo potere non deriva semplicemente dall'invocazione di un nome angelico. Deriva direttamente dall'Angelo. Quello che Valentine vuole fare è rovesciarne l'allineamento... e farne un oggetto di potere demoniaco anziché angelico.»
«Da legale buono a legale malvagio!» esclamò Simon compiaciuto.
«Sta citando Dungeons and Dragons» disse Clary. «Ignoratelo.»
«L'uso di Mellartach come Spada dell'Angelo sarebbe limitato» disse Magnus. «Ma se il suo potere demoni
aco fosse pari al potere angelico che possedeva prima, be', sarebbe molto più efficace. Il potere sui demoni, tanto per cominciare. Valentine non avrebbe solo la protezione limitata offerta dalla Coppa Mortale, ma anche la facoltà di chiamare a sé i demoni e di costringerli a eseguire i suoi ordini.»
«Un esercito di demoni?» disse Alec.
«Questo tizio ha il pallino degli eserciti» osservò Simon. «Perfino il potere di portarli a Idris, volendo» concluse Magnus. «Non capisco perché dovrebbe andarci» disse Simon. «Non è là che stanno tutti i Cacciatori di demoni? Annienterebbero i suoi amichetti demoni in men che non si dica, o no?»
«I demoni vengono da altre dimensioni» disse Jace. «Non sappiamo quanti sono. Il loro numero potrebbe essere infinito. Le protezioni ne possono respingere molti, ma se arrivano tutti insieme...» Infinito,pensò Clary. Si ricordò il Demone Superiore, Abbadon, e cercò
di immaginarne centinaia. O migliaia. Si sentì la pelle fredda e nuda.
«Non ci arrivo» fece Alec. «Cosa ha a che fare il rituale con i Nascosti morti?»
«Per eseguire il Rituale della Trasformazione bisogna arroventare la Spada finché non è incandescente, quindi raffreddarla quattro volte, ognuna nel sangue di un giovane Nascosto. Una volta nel sangue di un figlio di Lilith, una nel sangue di un figlio della luna, una nel sangue di un figlio della notte e una nel sangue di un figlio delle fate» spiegò Magnus.
«Oh, mio Dio» disse Clary. «Perciò non ha finito di uccidere? Ne manca ancora uno?»
«Due. Con il giovane lupo mannaro non gli è andata bene. È stato interrotto prima di poter prendere tutto il sangue necessario.» Magnus chiuse il libro facendo volare la polvere dalle pagine. «Qualunque sia il fine ultimo di Valentine, è più che a metà dell'opera di Trasformazione della Spada. Probabilmente può già trarne un certo potere. Magari sta chiamando i demoni...»