«Non c'è stata nessuna trappola» intervenne Jace.
«Mio padre sapeva che i Lightwood mi avrebbero allevato se mi avessero creduto il figlio di Michael Wayland. Tutto qui.» L'Inquisitrice lo fissò come se fosse uno scarafaggio parlante. «Sai come fa il cuculo, Jonathan Morgenstern?» Jace si chiese se forse la carica di Inquisitrice non doveva essere un lavoro facile né piacevole non avesse fatto andare Imogen Herondale un po' fuori di testa. «Il cosa?»
«Il cuculo» disse lei. «Vedi, i cuculi sono parassiti. Depongono le uova nei nidi degli altri uccelli. Quando
l'uovo si schiude, il piccolo cuculo spinge gli altri uccellini fuori dal nido. I poveri genitori si ammazzano di fatica nel tentativo di trovare abbastanza cibo per sfamare il grosso intruso che ha ucciso i loro piccoli e ne ha preso il posto.»
«Grosso?» disse Jace. «Mi hai dato del ciccione?»
«È solo un'analogia.»
«Io non voglio la tua compassione, Imogen» intervenne
Maryse. «Mi rifiuto di credere che il Conclave punirà me o mio marito per aver scelto di allevare il figlio di un amico morto.» Raddrizzò le spalle. «Non abbiamo
mai nascosto ciò che stavamo facendo.»
«E io non ho mai fatto alcun male a nessuno dei Lightwood» disse Jace.
«Ho lavorato duramente, e mi sono addestrato duramente. Di' quello che vuoi su mio padre, ma ha fatto di me un Cacciatore. Il mio posto qui me lo sono guadagnato.»
«Non difendere tuo padre al mio cospetto» disse l'Inquisitrice. «Io lo conoscevo. Era, ed è, il più spregevole degli uomini.»
«Spregevole? Chi lo dice? E che cosa significa?» Le ciglia incolori le sfiorarono le guance, quando l'Inquisitrice socchiuse gli occhi, lo sguardo indagatore. «Sei davvero arrogante» disse infine. «E anche intollerante. Ti ha insegnato tuo padre a comportarti in questo modo?»
«Non con lui» rispose seccamente Jace.
«Allora lo stai scimmiottando. Valentine era uno degli uomini più arroganti e irrispettosi che io abbia mai conosciuto. Suppongo che ti abbia tirato su a sua immagine e somiglianza.»
«Sì» confermò Jace, incapace di trattenersi «sono stato addestrato a essere una malvagia mente criminale fin dalla più tenera età. A strappare le ali alle mosche, ad avvelenare le riserve di acqua del pianeta... è questo che facevo all'asilo. Immagino che sia stata una fortuna per tutti che mio padre abbia finto di essere morto prima di arrivare alla parte della mia educazione che riguardava gli stupri e i saccheggi, altrimenti nessuno sarebbe stato al sicuro.» Maryse emise un verso molto simile a un gemito di orrore. «Jace...» Ma l'Inquisitrice la interruppe. «E proprio come tuo padre, non sai controllarti» disse. «I Lightwood ti hanno tenuto nella bambagia e hanno lasciato che le tue qualità peggiori imperversassero. Avrai anche l'aspetto di un angelo, Jonathan Morgenstern, ma io so benissimo cosa sei.»
«È solo un ragazzo» disse Maryse. Stava prendendo
le sue difese? Jace le lanciò un'occhiata fugace, ma lei guardava altrove. «Una volta anche Valentine era solo
un ragazzo. Ora, prima che ci mettiamo a frugare nella tua testa per scoprire la verità, ti suggerisco di raffreddare i tuoi bollenti spiriti. E io so dove puoi farlo nel migliore dei modi.» Jace sbatté le palpebre. «Mi stai mandando nellamia stanza?»
«Ti sto mandando nelle prigioni della Città Silente. Dopo una notte là dentro ho il sospetto che sarai molto più malleabile.» Maryse rimase senza fiato.
«Imogen... non puoi farlo!»
«Certo che posso.» I suoi occhi scintillavano come rasoi. «Hai nulla da dirmi, Jonathan?» Jace non poteva far altro che starsene lì a occhi sbarrati. La Città Silente
aveva un'infinità di livelli, e lui aveva visto solo i primi due, dove erano conservati gli archivi e dove i Fratelli sedevano in consiglio. Le celle della prigione erano nella parte più bassa della Città, sotto i livelli del cimitero
in cui riposavano le spoglie di migliaia di Cacciatori. Le celle erano riservate ai malviventi più pericolosi: vampiri divenuti criminali, stregoni che avevano infranto la Legge dell'Alleanza, Cacciatori che avevano versato il sangue dei propri simili. Jace non era niente di tutto ciò. Come poteva l'Inquisitrice anche solo suggerire di mandarlo là?
«Molto saggio, Jonathan. Vedo che stai già imparando la lezione più importante che la Città Silente dovrà impartirti.» Ilsorriso dell'Inquisitrice ricordava quello di un teschio sogghignante. «Tenere la bocca chiusa.»
Clary stava aiutando Luke a sparecchiare i resti della cena, quando il campanello suonò di nuovo. Si raddrizzò e il suo sguardo guizzò verso Luke. «Aspetti qualcuno?» Luke aggrottò la fronte, asciugandosi le mani con uno strofinaccio. «No. Aspettate qui.» Clary lo vide allungarsi per prendere qualcosa da un ripiano mentre usciva dalla cucina. Qualcosa che scintillava.
«Hai visto quel coltello?» Simon fischiò e si alzò da tavola. «Aspetta guai?»
«Credo che aspetti sempre guai» disse Clary «di questi tempi.» Fece capolino dalla porta della cucina e vide Luke davanti alla porta d'ingresso aperta. Sentiva la sua voce, ma non distingueva le parole. Però non sembrava turbato. La mano di Simon sulla sua spalla la tirò indietro. «Vieni via dalla porta. Sei pazza? E se là fuori ci fosse uno di quei demoni?»
«Allora Luke probabilmente avrebbe bisogno del nostro aiuto.» Guardò la mano sulla propria spalla sorridendo. «Cos'è, fai l'iperprotettivo adesso? Carino.»
«Clary!» Luke la chiamò dall'ingresso. «Vieni qui. Voglio farti conoscere una persona.» Clary diede dei colpetti sulla mano di Simon e la scostò. «Torno subito.» Luke era appoggiato allo stipite della porta con le braccia conserte. Il coltello che aveva in mano era scomparso come per magia. Sui gradini c'era una ragazza, una ragazza con le treccine e una giacca di velluto beige.
«Questa è Maia» disse Luke. «Giusto la persona di cui
stavo parlando.» La ragazza guardò Clary. Alla luce
vivida della veranda, i suoi occhi erano di uno strano verde ambrato. «Tu devi essere Clary.» Lei ammise che era proprio così.
«Dunque quel ragazzo, quel tipo coi capelli biondi che ha fatto a pezzi l'Hunter's Moon, è tuo fratello?»
«Jace» disse seccamente Clary, cui non andava a geni
o l'atteggiamento invadente della ragazza.
«Maia?» Era Simon, che sopraggiunse lle spalle di Clary con le mani infilate nelle tasche del giubbino di jeans.
«Già. E tu sei Simon, giusto? Con i nomi sono una frana, ma di te mi ricordo.» La ragazza gli sorrise.
«Fantastico» disse Clary.
«Adesso siamo tutti amici.» Luke tossì e si raddrizzò. «Volevo che vi conosceste perché nelle prossime settimane Maia lavorerà nella libreria» disse. «Se la vedi andare e venire non preoccuparti. Ha una copia delle chiavi.»
«E terrò gli occhi bene aperti su qualsiasi stranezza» promise Maia.
«Demoni, vampiri, qualunque cosa.»
«Grazie» disse Clary. «Adesso mi sento veramente al sicuro.» Maia sbatté gli occhi. «Stai facendo del sarcasmo?»
«Siamo tutti un po' tesi» disse Simon.
«Per quanto mi riguarda, sono lieto di sapere che qualcuno sarà nei paraggi e terrà d'occhio la mia ragazza quando nessun altro sarà in casa.» Luke inarcò le sopracciglia, ma rimase zitto. Clary disse: «Simon ha ragione. Scusami se sono stata brusca.»
«Non c'è problema.» Maia si mostrò comprensiva. «Ho saputo di tua madre. Mi dispiace.»
«Anche a me» disse Clary, quindi si girò e tornò in cucina. Si sedette al tavolo e si prese il viso tra le mani. Un attimo dopo Luke la seguì. «Mi dispiace» disse. «Immagino che non fossi dell'umore adatto a conoscere nessuno.» Clary lo guardò attraverso le
dita allargate. «Dov'è Simon?»
«Sta parlando con Maia» rispose Luke, e in effetti Clary sentiva le loro voci, basse come bisbigli, all'altro capo della casa.
«Pensavo solo che ti avrebbe fatto bene avere un'amica.» «Ho Simon.» Luke si spinse gli occhiali sul naso. «Sbaglio, o l'ho sentito chiamarti la sua ragazza?» Clary scoppiò quasi a ridere alla vista della sua espressione confusa. «A quanto pare.»
«È una novità o è qualcosa che dovrei sapere e ho dimenticato?»
«Neanch'io ne sapevo niente.» Clary si scostò le mani dal viso e le guardò. Pensò alla runa raffigurante un occhio aperto che ornava il dorso della mano destra di tutti i Cacciatori. «La ragazza di qualcuno» disse. «La sorella di qualcuno, la figlia di qualcuno. Tutte cose che non sapevo di essere... E ancora non so bene chi e che cosa sono.»
«Non sempre questa è la domanda giusta» osservò Luke. Clary sentì la porta chiudersi sul lato opposto della casa e i passi di Simon che si avvicinavano alla cucina. Quando entrò, portò con sé l'odore della fredda aria notturna.
«Nessun problema se questa notte mi sistemo qui?» chiese. «È un po' tardi per tornare a casa.»
«Sai che sei sempre il benvenuto.» Luke diede un'occhiata all'orologio.
«Vado a farmi una dormita. Domani devo alzarmi alle
cinque per essere in ospedale alle sei.»
«Perché alle sei?» chiese Simon dopo che Luke ebbe lasciato la cucina.
«È l'inizio dell'orario di visita» rispose Clary. «Non devi dormire sul divano, Simon, se non ti va.»
«Non mi dispiace rimanere a farti compagnia» disse lui scostandosi i capelli dagli occhi con aria irrequieta. «Per niente.»
«Lo so. Volevo dire che non devi dormire sul divano se non vuoi.»
«E allora dove...?» La sua voce si spense, gli occhi dietro le lenti si spalancarono.
«Nel letto matrimoniale» disse lei.
«Quello della stanza degli ospiti.» Simon si sfilò le mani dalle tasche. Aveva le guance arrossate. Jace avrebbe cercato di mostrarsi calmo; Simon non ci provò nemmeno. «Sei sicura?»
«Sono sicura.» Simon le si avvicinò attraverso la cucina e, piegandosi, le diede un bacio delicato e goffo sulla bocca. Sorridendo, lei si alzò in piedi. «Basta cucine» disse. «Niente più cucine.» E prendendolo saldamente
per i polsi lo trascinò fuori di lì, verso la stanza degli ospiti.