Mi fate sentire prevedibile.» Luke distolse lo sguardo come per nascondere un sorriso e per un po' rimase in silenzio. «Arriva qualcuno.» In effetti stava arrivando un tipo molto alto con la chioma nera mossa dal vento. «Magnus» disse Clary. «Ma sembra... diverso.» Mentre si avvicinava, Clary vide che i capelli, di solito irrigiditi in una cresta e cosparsi di glitter come una sfera da discoteca, erano pettinati ordinatamente ai lati delle orecchie come fogli di seta nera. I pantaloni di cuoio arcobaleno erano stati rimpiazzati da un sobrio vestito nero vecchio stile e da una redingote nera con scintillanti bottoni d'argento. I suoi occhi da gatto mandavano bagliori ambrati e verdi. «Sembrate sorpresi di vedermi» disse. Jace diede un'occhiata all'orologio. «Ci chiedevamo se saresti venuto.»
«Ho detto che sarei venuto, perciò l'ho fatto. Mi serviva solo un po' di tempo per prepararmi. Qui non si tratta di fare giochetti col cilindro da prestigiatore, Cacciatore. Ci vorrà della magia seria.» Si rivolse a Luke.
«Come va il braccio?»
«Bene, grazie.» Luke sapeva essere educato.
«È tuo il pick-up parcheggiato accanto alla fabbrica,
vero?» Magnus lo indicò. «È terribilmente macho, per un libraio.»
«Oh, non saprei» buttò lì Luke. «Con tutto quel trasportare pesanti casse di libri, arrampicarsi sugli scaffali, mettere volumi in ordine alfabetico...» Magnus si mise a ridere. «Ti dispiace aprirmi il
pick-up? Voglio dire, potrei farlo da solo» mosse le dita «ma mi sembra scortese.»
«Certo» disse Luke facendo spallucce e avviandosi con Magnus verso la fabbrica. Quando Clary accennò a seguirli, però, Jace la prese per il braccio. «Aspetta. Voglio parlarti un secondo.» Clary guardò Magnus e Luke che si avviavano al pick-up. Formavano una strana coppia, l'alto stregone con la lunga redingote nera e l'uomo, più basso e tarchiato, in jeans e giacca di
flanella, ma erano entrambi Nascosti, entrambi intrappolati nello stesso spazio tra l'universo mondano e il soprannaturale.
«Clary» fece Jace. «Terra chiama Clary. Dove sei?»
Clary tornò a guardarlo. Ora il sole stava tramontando sull'acqua dietro di lui, lasciandogli il viso in ombra e trasformando i suoi capelli in un alone dorato. «Scusami.»
«Non c'è problema.» Le toccò il viso, delicatamente, con il dorso della mano. «A volte sparisci completamente nella tua testa. Mi piacerebbe poterti seguire.» Lo fai,avrebbe voluto dire Clary. Sei continuamente nella mia testa. Invece disse: «Cosa volevi dirmi?» Jace abbassò la mano. «Voglio che tracci su di me la runa di Antipaura. Prima che ritorni Luke.»
«Perché prima che ritorni?»
«Perché direbbe che è una cattiva idea. Ma è l'unica possibilità che abbiamo di sconfiggere Agramon. Luke
non l'ha... incontrato, non sa che effetto fa. Ma io sì.»
Clary scrutò il suo viso. «E che effetto ti ha fatto?»
Gli occhi di Jace erano indecifrabili.
«Vedi tutto quello di cui hai più paura al mondo.»
«Non so nemmeno che cos'è.»
«Fidati. È meglio così.» Jace abbassò lo sguardo.
«Hai con te lo stilo?»
«Sì, ce l'ho.» Clary si sfilò il guanto di lana dalla mano destra e si frugò in tasca. Quando la tirò fuori, tremava leggermente. «Dove vuoi il marchio?»
«Più è vicino al cuore, più è efficace.» Si girò di spalle e si tolse la giacca, lasciandola cadere a terra. Si sollevò
la maglietta e scoprì la schiena.
«Sulla scapola dovrebbe andare bene.» Clary gli posò una mano sulla schiena per tenersi in equilibrio. La pelle era di un ambrato più chiaro di quella delle mani e del viso, e liscia, dove non era coperta di cicatrici. Lei passò la punta dello stilo sulla scapola e sentì Jace sussultare, i muscoli che si tendevano. «Non premere così forte...»
«Scusa.» Allentò la pressione, lasciando fluire la runa dalla mente al braccio e allo stilo. La linea nera che produsse sembrava una bruciatura, una riga di cenere. «Ecco. Ho finito.» Jace si girò abbassandosi di nuovo la
maglietta. «Grazie.» Il sole adesso ardeva al di là dell'orizzonte, inondando il cielo di sangue e rose, trasformando il margine del fiume in oro liquido, attutendo la bruttezza dello squallido scenario urbano intorno a loro. «E tu?»
«E io cosa?» Jace si avvicinò di un passo. «Rimboccati le maniche. Ti faccio i marchi.»
«Oh, giusto.» Come le aveva chiesto,Clary si rimboccò le maniche e gli porse le braccia nude. Il contatto dello stilo sulla sua pelle fu come il lieve tocco di un ago, che
graffiava senza pungere. Clary guardò le linee nere comparire con una specie di rapimento. Il marchio che aveva ricevuto in sogno era ancora visibile, solo leggermente scolorito ai bordi.
«"Ma il Signore gli disse: "Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!". Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato."» Clary si girò, riabbassandosi le maniche. Magnus li stava guardando, la redingote nera che sembrava fluttuargli intorno, mossa dal vento che veniva dal fiume. Un lieve sorriso gli aleggiava intorno alle labbra.
«Sai citare la Bibbia?» chiese Jace, chinandosi per recuperare la giacca.
«Sono nato in un secolo profondamente religioso, ragazzo mio» disse Magnus. «Ho sempre pensato che quello di Caino sia il primo marchio documentato. Senza dubbio lo ha protetto.»
«Ma non era certo un angelo» obiettò Clary. «Non ha ucciso suo fratello?»
«E noi non stiamo pensando di uccidere nostro padre?» disse Jace.
«È diverso» fece Clary, ma non ebbe modo di approfondire in che cosa fosse diverso, perché in quel momento il pick-up di Luke si fermò sulla spiaggia, schizzando ghiaia dalle gomme. Luke si sporse dal finestrino.
«Okay» disse a Magnus. «Forza, andiamo.»
«Andiamo in macchina sulla nave?» domandò Clary, sconcertata. «Pensavo...»
«Quale nave?» Magnus ridacchiò, mentre montava nell'abitacolo accanto a Luke. Indicò dietro di sé con il pollice. «Voi due, salite dietro.» Jace salì e si chinò per aiutare Clary. Appoggiandosi alla ruota di scorta, questa vide che sul pavimento di metallo era stato disegnato un pentagramma nero inscritto in un cerchio.
I lati del pentagramma erano decorati con simboli pieni di ghirigori. Non erano esattamente le rune a cui era abituata... Guardarle era come cercare di capire uno che parla una lingua simile ma non uguale alla nostra.
Luke si sporse dal finestrino e si girò verso di loro. «Questa faccenda non mi va a genio» disse, la voce smorzata dal vento. «Clary, tu rimarrai sul pick-up con Magnus. Io e Jace saliremo sulla nave. Intesi?» Clary annuì e si strinse in un angolo del pianale. Jace le sedeva accanto, puntellandosi con i piedi.
«Sarà interessante.»
«Cosa...?» cominciò Clary, ma il pick-up si rimise in moto, e le gomme che stridevano sulla ghiaia soffocarono le sue parole. Il veicolo avanzò a scatti nell'acqua bassa, sulla riva, poi si spinse verso il centro del fiume, e Clary fu sbalzata contro il finestrino posteriore dell'abitacolo... Luke voleva forse annegarli tutti quanti? Si girò e vide che l'abitacolo era pieno di
fantastiche colonne di luce azzurra che serpeggiavano e si contorcevano.Sembrava che il pick-up sobbalzasse su qualcosa di bitorzoluto, come se procedesse sopra un tronco. Poi cominciarono a muoversi più agevolmente, quasi scivolando. Clary si mise sulle ginocchia e guardò
oltre la fiancata, già piuttosto sicura di quanto avrebbe visto. Si muovevano sull'acqua scura, con le gomme che sfioravano appena la superficie del fiume, diffondendo minuscole increspature insieme alla pioggia di scintille azzurre create da Magnus. A un tratto calò una gran quiete, a parte il debole rombo del motore e il verso degli uccelli marini sopra le loro teste. Clary guardò Jace, che sorrideva. «Questo sì che impressionerà sul serio Valentine.»
«Non lo so» disse Clary. «C'è gente che usa boomerang-pipistrello e scala i muri; noi abbiamo solo un gommone.»
«Se la cosa non vi va a genio, Nephilim» la voce di Magnus giunse debolmente dall'abitacolo «siete liberi di verificare se sapete camminare sull'acqua.»
«Credo che dovremmo entrare» disse Isabelle, l'orecchio premuto contro la porta della biblioteca. Fece segno ad Alec di avvicinarsi. «Riesci a sentire qualcosa?» Alec si curvò accanto alla sorella, attento a non farsi cadere di mano il cellulare. Magnus aveva detto che avrebbe telefonato, se avesse avuto notizie o fosse successo qualcosa. Finora non si era fatto vivo. «No.»
«Già. Ora hanno smesso di urlarsi contro.» Gli occhi scuri di Isabelle brillarono. «Aspettano Valentine.» Alec si allontanò dalla porta e percorse a grandi passi il corridoio fino alla finestra più vicina. Fuori, il cielo aveva il colore del carbone cosparso di cenere rubino. «È il tramonto.» Isabelle allungò la mano verso la maniglia della porta. «Andiamo.»
«Isabelle, aspetta...»
«Non voglio lasciarle la possibilità di mentirci su quello che dirà Valentine. O su cosa succederà. E poi, voglio
vederlo, il padre di Jace. Tu no?» Alec tornò accanto alla porta della biblioteca. «Sì, ma non è una buona
idea, perché...» Isabelle abbassò la maniglia. La porta si spalancò. Lanciandogli uno sguardo arguto al di sopra della spalla, Isabelle vi si infilò; imprecando sottovoce, Alec la seguì. Sua madre e l'Inquisitrice erano in piedi ai lati opposti dell'enorme scrivania come pugili che si
fronteggiano sul ring. Mary se aveva le guance di un rosso acceso e i capelli scompigliati. Isabelle lanciò ad
Alec un'occhiata, come per dire: Forse non dovevamo entrare. Mamma è infuriata. D'altra parte, se Mary se sembrava arrabbiata, l'Inquisitrice era decisamente fuori di sé. Quando la porta della biblioteca di aprì, ruotò su se stessa, la bocca contorta in una brutta smorfia. «Cosa ci fate qui voi due?» gridò.
«Imogen» disse Maryse.
«Maryse!» L'Inquisitrice alzò la voce. «Ne ho avuto
abbastanza di te e di quei delinquenti dei tuoi figli...»
«Imogen» ripeté Maryse. C'era qualcosa nella sua voce... un'urgenza... che fece sì che perfino l'Inquisitrice si girasse a guardare. L'aria accanto al mappamondo di ottone che si reggeva da solo tremolava come acqua. Cominciò a materializzarsi una forma, come fosse della pittura nera stesa su una tela bianca, che prese le sembianze di un uomo dalle larghe spalle squadrate. L'immagine ondeggiava troppo perché Alec potesse distinguere qualcosa più del fatto che l'uomo era alto e con folti capelli bianchi tagliati corti. «Valentine.» Alec ebbe l'impressione che l'Inquisitrice fosse stata presa alla sprovvista, anche se doveva certamente aspettarlo. Ora l'aria accanto al
mappamondo tremolava più forte. Isabelle rimase senza fiato quando un uomo ne uscì come se emergesse da strati di acqua. Il padre di Jace era un uomo formidabile, alto più di un metro e ottanta, con un largo torace e braccia vigorose e robuste solcate da muscoli fibrosi. Il viso era quasi triangolare, e si appuntiva in un mento duro, aguzzo. Avrebbe potuto essere considerato attraente, pensò Alec, ma era incredibilmente diverso da Jace, senza lo sguardo dorato del figlio. Al di sopra della sua spalla sinistra si vedeva l'elsa di una spada... la Spada Mortale. Non aveva bisogno di essere armato, visto che non era materialmente presente, perciò doveva averla indossata per irritare l'Inquisitrice. «Imogen» disse Valentine, gli occhi scuri che la sfioravano con un'espressione di compiaciuto divertimento. È Jace sputato, con quell'espressione,pensò Alec. «E Maryse, la mia Maryse... Quanto tempo.» Maryse, inghiottendo a fatica, disse con una certa difficoltà: «Non sono la
tua Maryse, Valentine.»
«E questi devono essere i tuoi figli» continuò Valentine, come se non avesse parlato. I suoi occhi si posarono su Isabelle e Alec. Un lieve brivido attraversò Alec, come se qualcosa gli avesse pizzicato i nervi. Le parole del padre di Jace erano assolutamente normali, perfino garbate, ma in quello sguardo vacuo e predatorio c'era qualcosa che gli faceva venire voglia di mettersi davanti alla sorella e proteggerla dalla vista di Valentine. «Ti assomigliano come due gocce d'acqua.»
«Lascia i miei figli fuori da questa faccenda, Valentine» disse Maryse, sforzandosi di mantenere la voce ferma.
«Be', mi sembra un'ingiustizia bella e buona» disse Valentine «considerato che tu non hai lasciato fuori il
mio,di figlio.» Poi si rivolse all'Inquisitrice. «Ho ricevuto il tuo messaggio. Non è che tu ti sia sforzata granché, no?» L'Inquisitrice era rimasta immobile; ad esso sbatté lentamente gli occhi, come una lucertola. «Spero che i termini della mia offerta fossero sufficientemente chiari.»
«Mio figlio in cambio degli Strumenti Mortali. È così, giusto? Altrimenti lo ucciderai.»
«Ucciderlo?» gli fece eco Isabelle. «MAMMA!»
«Isabelle» fece Maryse con aria tesa. «Sta' zitta.» L'Inquisitrice lanciò a Isabelle e Alec un'occhiata assassina attraverso le palpebre socchiuse. «Hai capito perfettamente i termini, Morgenstern.»
«Allora la mia risposta è no.»
«No!» Era come se l'Inquisitrice avesse fatto un passo avanti su un terreno solido e questo le fosse ceduto sotto i piedi. «Non puoi ingannarmi, Valentine. Farò esattamente quanto ho minacciato.»
«Oh, non ne dubito, Imogen. Sei sempre stata una donna particolarmente risoluta e spietata. Riconosco queste qualità in te, perché le posseggo anch'io.»
«Io non sono affatto come te. Io seguo la Legge...»
«Anche quando ti ordina di uccidere un ragazzo ancora adolescente solo per punire suo padre? Qui non si tratta della Legge, Imogen. Il fatto è che tu mi odi e mi accusi della morte di tuo figlio, e questa è la tua maniera di ricompensarmi. Comunque non cambia niente. Non rinuncerò agli Strumenti Mortali, neppure per Jonathan.» L'Inquisitrice si limitò a fissarlo. «Ma è tuo figlio. Il tuo bambino.»
«I figli fanno le loro scelte» disse Valentine. «Tu non l'hai mai capito. Ho offerto a Jonathan la salvezza se fosse rimasto con me; lui l'ha rifiutata sdegnosamente ed è tornato da te, e tu ti vendicherai su di lui come gli ho detto che avresti fatto. Sei terribilmente prevedibile, Imogen» concluse. L'Inquisitrice non sembrò far caso all'insulto. «Il Conclave deciderà di
metterlo a morte, se tu non mi darai gli Strumenti Mortali» disse come in preda a un incubo. «Non potrò impedirglielo.»
«Ne sono consapevole» disse Valentine. «Ma non posso farci niente. Ho offerto a Jace una possibilità.E lui l'ha rifiutata.»
«Bastardo!» gridò all'improvviso Isabelle, e fece per lanciarsi in avanti. Alec le agguantò il braccio e la trascinò indietro, tenendola ferma. «È uno stronzo» sibilò, poi alzò la voce e gridò a Valentine: «Sei uno...»
«Isabelle!» Alec coprì la bocca della sorella con la mano, mentre Valentine li degnava appena di un sorriso divertito.
«Tu... gli hai offerto...» L'Inquisitrice cominciò a sembrare ad Alec un robot i cui circuiti stessero andando in tilt. «... e lui ha rifiutato?» Scosse la testa. «Ma è la tua spia... la tua arma...»
«È questo che pensavi?» chiese Valentine con una sorpresa apparentemente sincera. «Non mi interessa spiare i segreti del Conclave. L'unica cosa che mi interessa è la sua distruzione, e per raggiungere questo scopo ho nel mio arsenale armi molto più potenti che un ragazzo.»
«Ma...»
«Credi quello che vuoi» disse Valentine con una scrollata di spalle. «Tu non sei niente, Imogen Herondale. Sei la donna di paglia di un regime il cui potere sarà distrutto fra breve e la cui autorità è finita. Non puoi offrirmi nulla che possa minimamente interessarmi.»
«Valentine!» L'Inquisitrice si gettò in avanti, quasi potesse fermarlo, acchiapparlo, ma le sue mani lo attraversarono come se avesse cercato di afferrare l'acqua. Con un'espressione di sommo disgusto, Valentine fece un passo indietro e sparì. Il cielo era lambito dalle ultime lingue di un fuoco che andava affievolendosi, l'acqua aveva assunto il colore del ferro. Clary si avvolse più strettamente nella giacca e rabbrividì. «Hai freddo?» Jace era rimasto in fondo al pianale, lo sguardo fisso sulla scia che il pick-up si lasciava dietro: due strisce di schiuma bianca che fendevano l'acqua. Adesso si avvicinò a lei e le scivolò accanto, la schiena contro il finestrino posteriore dell'abitacolo, quasi completamente annebbiato dal fumo azzurrino. «Tu no?»