Due anni dopo
Mi stringo nel pesante cappotto di flanella, camminando per le strade di Roma con un sorriso compiaciuto stampato sul volto dopo l'ennesimo 30 e lode da aggiungere alla fila dei miei successi.
Manca un mese esatto a Natale, ma qui nevica insistentemente già da un paio di settimane.
Quando raggiungo la mia auto non mi sento più le dita delle mani, intorpidite dal freddo, e devo combattere con la loro rigidità per riuscire ad estrarre dalla tasca le chiavi della macchina ed aprirla.
«Abbella non si usa più aspettare?»
Mi giro verso la direzione da cui proviene la voce già con un sorriso stampato sul viso scavato, e faccio la linguaccia alla figura eccentrica che si sta avvicinando.
«Sto congelando volevo iniziare ad accendere il riscaldamento»
Mi giustifico, facendo spallucce, per poi porgere la guancia a Clarissa, che ci stampa un bacio sopra lasciandomi il segno del rossetto.
La sua vita in Accademia procede un po' più a rilento della mia, ma come biasimarla, ha tutto il tempo del mondo e predilige viversi l'esperienza che ammazzarsi di studio.
Entriamo in macchina e parto qualche secondo dopo, con la solita fatica nell'uscire da un comunissimo parcheggio che però rimane il mio punto dolente.
Accendo la radio e lascio i Coldplay in sottofondo, mentre la bionda si toglie i sobrissimi guanti col pelo e comincia a raccontarmi dei ragazzi fighissimi che ha conosciuto in seconda ora.
La strada per raggiungere il nostro appartamento è più lunga che quella che facevamo per il dormitorio, ma non c'è proprio paragone.
Abbiamo iniziato a fare qualche lavoretto da più di un anno, lei lavora in un bar part time e io dò ripetizioni a tempo perso di qualsiasi materia.
Quando abbiamo raccimolato una somma di denaro dignitosa, ci siamo spostate in un trilocale poco lontano dal centro, e si sta decisamente meglio.
Persa nell'ascolto delle bravate della mia amica, non mi accorgo neanche che la canzone che stavo ascoltando alla radio è finita.
«E ora il fenomeno internazionale che sta portando alto il nome dell'Italia: I Måneskin»
Prima ancora che la canzone inizi mi avvento sul pulsante d'accensione e spengo la radio schiacciandolo con un po' troppa aggressività, sotto lo sguardo attento di Clarissa.
Picchietto nervosamente sul volante e appoggio il capo al sedile, respirando profondamente solo una volta, per poi prendere a canticchiare le canzoni di natale come se niente fosse.
Una decina di minuti dopo, passati nel più totale silenzio, arriviamo a casa.
La bionda prende il giornale che ci viene lasciato ogni giorno davanti alla porta di casa, mentre io comincio ad entrare bagnando tutto l'ingresso con la neve trascinata sotto le scarpe.«Elisa! Te l'ho detto mille volte, se nevica toglile prima di entrare!»
Mi rimprovera la bionda, sfoggiando come sempre le sue manie ossessivo-compulsive.
«Scusa»
Mi discolpo, ridacchiando, per poi pulire con uno straccio il casino che ho combinato.
«Faccio la pasta, vuoi?»
Mi si contorce lo stomaco non appena penso alla cena, e a fatica forzo un tiratissimo sorriso da rivolgere alla bionda per evitarle le solite preoccupazioni.
«Mangio gli straccetti di pollo»
«Non ti uccidono un po' di carboidrati, sai?»
Clarissa mi guarda col sopracciglio alzato e io cerco di minimizzare, cominciando ad estrarre la carne dal frigo.
«Li ho mangiati a pranzo»
«Non è vero, Elisa, non mi devi mentire. Non sono tua madre.»
«Sembra di sì però»
«Beh scusa se mi preoccupo per te»
Stanca della conversazione decido di spostare l'attenzione sul giornale poggiato al tavolo, interessandomi come sempre solo alle prime pagine.
E ancora, i Måneskin con le loro facce sorridenti sono stampati sulla terza pagina, con un articolo esageratamente lungo che non ho intenzione di leggere.
Sbuffo, richiudendo il giornale rischiando di strapparlo, per poi buttarlo nel cestino dopo averlo accartocciato.
«Vaffanculo, ogni cazzo di volta»
Borbotto, con i nervi a fior di pelle.
Poi, ancora, respiro profondamente una volta sola e torno a fare ciò che stavo facendo.Prendo i funghi dal frigo e comincio a spezzettarli sul tagliere facendo attenzione a non tagliarmi.
Credo di non aver mai prestato così tanta concentrazione nel preparare la cena, tant'è che presto la mia totale attenzione al cercare di tagliare i funghi in fettine tutte perfettamente identiche.«Eli...»
«Che c'è?»
Domando, atona, continuando imperterrita a ricercare la precisione di Picasso, per poi buttare via ogni pezzetto troppo grande o troppo piccolo.
«Tutto bene?»
«Sì»
Rispondo, snervata per il tono apprensivo della mia amica assolutamente non necessario.
Lei si avvicina a me di qualche passo e mi guarda mordicchiandosi le unghie.
«Non puoi andare avanti così per sempre»
«Così come?»
Domando, inespressiva, senza spostare lo sguardo dal mio tagliere.
«Intendo, un giorno dovrai pur riuscire a...»
«Quel giorno non è oggi»
Sbotto, sbattendo il coltello sul tagliere, per poi alzare gli occhi sulla figura slanciata della bionda.
«Pensavo solo che..»
«Fine della discussione, Clarissa.»
Mi impongo, di pietra, per poi sciogliermi e rivolgerle un sorriso allegro.
«Allora, mi aiuti a cucinare questi cosi per la tua pasta?»
Mi guarda stranita per il mio improvviso cambio d'umore, ma ho come l'impressione che ormai ci ha fatto l'abitudine.
Dopo breve tempo, soprattutto grazie alla loquacità di Clarissa, ricominciamo a chiacchierare del più e del meno e l'aria si fa immediatamente più leggera.
In mezz'ora la cena è pronta, e quello è il momento più difficile della giornata.
Guardo i miei straccetti di pollo e lo stomaco mi si chiude, mi sembra quasi di sudare freddo mentre cerco il coraggio di prendere in mano la forchetta.
Quando guardo Clarissa divorare la sua pasta ai funghi mi accorgo di essermi dimenticata come mi sentissi quando anche per me era tutto così facile.Notando la mia esitazione la bionda decide di prendermi nel modo in cui ormai sa che funziona di più: cerca di distrarmi.
«Stasera andiamo con gli altri a farci un giro a Trastevere, devi venire»
"Gli altri" sono un gruppo di ragazzi che la mi amica ha conosciuto da qualche mese, e con cui anch'io sono uscita un paio di volte. Tipi apposto, niente da dire.
«Non mi va, sono un po' stanca»
Ed è vero, purtroppo siamo in periodo di esami e sto studiando H24. La cosa positiva è che ho scoperto di avere grosse potenzialità, e da quando so di potercela fare gli esami non mi mettono neanche più ansia.
«Resto qui finché non mangi»
Improvvisamente la bionda diventa seria, e io sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
«Ti odio»
La informo, prima di prendere una forchettata di pollo e ingoiarla a fatica.
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Lontano dal cuore 2|| Damiano David
FanfictionQuante cose possono cambiare in due anni? Infondo non sono poi così tanti, aveva detto Damiano. Eppure certe volte non serve un tempo infinito, per produrre infiniti cambiamenti.