Privilegio che non avrai più

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«Ma tu mica dovevi stare a casa a deprimerti?»

Ride Clarissa, alzando la voce per farsi sentire sopra alla musica.
È dietro al bancone e sembra piuttosto presa, ma quando mi ha visto arrivare è stata felicissima.

Faccio spallucce, prendendo un sorso del mio mojito, storcendo il naso per l'eccessivo sapore di menta. Non è il drink che fa per me.

«Ho cambiato idea»

«E come mai?»

«Te lo racconto quando vai in pausa»

E ci va quaranta minuti dopo, durante i quali io ballo un po' e un po' sto seduta davanti a lei a chiacchierarci del più e del meno.

Quando finalmente ha i suoi dieci minuti di tregua usciamo fuori, e mi accendo una sigaretta sotto i suoi occhi giudicatori.

Restiamo in silenzio per qualche secondo, mentre io cerco di distendere i nervi e lei riprende un po' di fiato dal lavoro esagerato di questa sera.

«Ha provato a parlarmi»

Confesso, ricevendo in tutta risposta uno sguardo sconvolto.

«Cosa?! E quando?!»

«Boh. Dieci minuti fa?»

«E che ti ha detto?»

Faccio spallucce e stringo le braccia al petto, sentendomi ancora oppressa dalla pseudo conversazione appena conclusa.

«Non l'ho fatto parlare»

Confesso, sospirando, per poi poggiare la schiena al muro e rivolgere gli occhi verso le stelle. In ogni angolo di questa città c'è qualcosa che mi parla di lui.

«Sai Eli, quando è successo quello che è successo io per un po' ti ho odiata»

Abbasso lo sguardo, sentendomi ancora terribilmente in colpa nonostante la bionda mi dimostri ogni giorno che per lei è acqua passata.

«Dopo un po' però mi sono accorta che tutto quel rancore mi stava facendo marcire dentro»

Il suo tono di voce è sincero, e io mi aggrappo disperatamente alle sue parole sperando che mi dica cosa fare, visto che mi sento proprio allo stesso modo.

«Non puoi odiare qualcuno per sempre. E quando smetti di odiare ci sono solo due strade: l'amore o l'indifferenza»

Quando la sento parlare in modo così profondo mi chiedo che fine abbia fatto la ragazzina egocentrica e superficiale del primo anno.

«Tu non puoi permetterti di tornare ad amarlo, Eli, ma devi riuscire a farlo diventare indifferente. Perché fino a quel momento, ci sarai sempre legata»

«E come faccio?»

Chiedo, col tono cantilenante di una bambina delle elementari.

«Devi ascoltare cos'ha da dire, e constatare che non è abbastanza»

Annuisco, perfettamente d'accordo a livello razionale, anche se penso che poi di fatto affrontarlo non sarà così facile.

La ricordo a malapena, tutta la dolcezza che ci univa. Se penso a lui adesso rimane solo il marcio.

«Senti, odio dovertelo chiedere, ma cos'hai mangiato oggi?»

Sbuffo, stendendomi praticamente del tutto sul pavimento ghiacciato della veranda del locale.
Mi passo le mani tra i capelli e chiudo gli occhi, non potendo superare un'altra volta tutto questo caos dentro di me.

«Una mela»

«Okay, vado a farti preparare qualcosa e tu lo mangi senza scuse, sì?»

Annuisco, un po' perché mi brontola lo stomaco, un po' perché è un argomento che odio affrontare.

Quando smetterò di darti preoccupazioni, Clarissa?

Resto da sola fuori, in silenzio, e a me la solitudine è sempre piaciuta.
Ultimamente però la mia testa è una gabbia in cui rimango intrappolata.

«Non mangi? È così che affronti i problemi?»

Caccio un urletto e mi tiro immediatamente su a mezzo busto, spaventata da quella voce che irrompe improvvisamente nei miei pensieri.

Damiano è appoggiato al tronco di un albero che sta ad una manciata di metri da me, chissà da quanto tempo.
Distolgo immediatamente lo sguardo per non doverlo guardare, e spero solo che Clarissa torni presto.

Sei tu il mio unico problema.

«Non sono cazzi tuoi»

Sbotto, mettendomi seduta e rannicchiando le gambe al petto per proteggermi da lui.

«Da quando quello che ti riguarda non riguarda anche me?»

Okay, mi sta prendendo in giro.
Wesh?

«Da quando sei un coglione»

«Wow, qui abbiamo del rancore»

E accenna un sorriso.
Io non ci vedo più dalla rabbia.
Mi alzo in piedi e faccio qualche passo verso di lui, fermandomi a distanza di sicurezza.

«Non ti permettere di ironizzare sul mio dolore»

Scandisco, seria, e per una volta trovarmelo di fronte mi fa provare solo rabbia.
Pensava di venire qui e di trovare tutto come l'aveva lasciato.

«E prenditi le tue cazzo di responsabilità»

Concludo, guardandolo negli occhi, e questa volta sono io a trapassarlo da parte a parte.

«Voglio solo parlarti»

«È un privilegio che non avrai mai più»

Ribatto, secca, cercando di sputare la maggiore quantità di veleno possibile con il mio tono tagliente.

«Perché?»

E lì arrivo al limite. Ci arrivo e lo oltrepasso di gran lunga, tanto da dimenticarmi completamente chi ho davanti e il modo in cui dovrei semplicemente fingere indifferenza.

«Perché io ti ho aspettato, Damiano»

Alzo la voce mentre gli occhi mi diventano lucidi, ma trattengo tutto dentro perché io non piangerò davanti a lui. Non piangerò più per lui.

«Per tanto tempo. Ti ho aspettato anche quando ogni settimana usciva una foto diversa di te con qualche donna»

Gli rinfaccio, sempre a voce alta, mentre la sua espressione cambia secondo dopo secondo, perdendo la sua completa inespressività.

«Ti ho aspettato finché non ce l'ho più fatta, finché ogni scusa mi inventassi per giustificarti non reggeva più»

Non distolgo lo sguardo dal suo neanche una volta, ma è come se non lo stessi guardando davvero. Non sono lucida in questo momento.

«E quando ho smesso di farlo era impossibile non pensarti più. Eri dappertutto, e non parlo solo di Instagram, della televisione, e dei giornali»

Mi avvicino a lui passo dopo passo, e quando gli arrivo di fronte noto che sta facendo fatica a non interrompere il mio discorso.

«Eri in ogni millimetro di questa cazzo di città. Sono rimasta intrappolata in questo posto che ha scritto il tuo nome, e ogni cosa che vedevo mi faceva tornare in mente quello che siamo stati, e quello che saremmo potuti essere. Anche quando avrei solo voluto liberarmi di te.»

Concludo, dicendo le ultime parole quasi in un sussurro. Lui rimane lì, con la mandibola serrata e gli occhi profondi.
E fa male come sempre.

Cerca le parole giuste da dire, ma niente sarà mai abbastanza.

«Quindi no, non ti voglio parlare»

Aggiungo, per poi voltarmi e rientrare senza dargli più possibilità di aprir bocca, perché man mano che la rabbia mi abbandona e ritorno in me mi accorgo di essere sempre meno in grado di sentire la sua voce senza spezzarmi in due.

Lontano dal cuore 2|| Damiano DavidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora