«Ma hai visto come mi guardava?»
«Sì, è stato strano»Conferma Clarissa, ridendo, mentre io non capisco come dovrei prenderla.
I due ragazzi ci stanno dietro e chiacchierano tra di loro a tono stranamente basso, tanto da non permettermi di capire neanche una parola della loro conversazione, complice il casino della casa che stiamo attraversando in cerca dell'angolo bar.
Berrò un drink giusto per compagnia, ma voglio mantenere la lucidità perché la prima cosa che perdo con l'alcol sono i freni inibitori quindi è meglio che mi trattenga.
Gli altri non sembrano dello stesso avviso, tant'è che mentre io non sono neanche a metà del primo drink, loro stanno già bevendo il secondo.
Jacopo porge la mano a Clarissa e la invita a ballare, lasciandomi sola con il suo strano amico che ha aperto la porta.Picchietto le dita sulla plastica del mio bicchiere, in imbarazzo, sperando che non dica niente o che se ne vada direttamente.
«Allora...come conosci Jacopo?»
Domanda, sorridente, e nonostante la mia voglia sottozero di socializzazione decido di fingere un sorriso e risponderti alla sua domanda.
«Gli dò lezioni di disegno.»
Rispondo semplicemente, e lui annuisce. In un secondo ricadiamo nel silenzio che precedeva la domanda, nonostante lui non sembri particolarmente a disagio.
«E tu?»
Chiedo allora, preferendo a questo punto qualsiasi cosa a quest'aria di imbarazzo che si respira anche a kilometri di distanza.
«Amico di amici»
Dice semplicemente, restando vago, e io annuisco dando un'occhiata a Clarissa nella speranza che ritorni in fretta.
«Non sei una tipa da feste, vero?»
Chiede, ridacchiando, e stranamente nonostante chi si prende subito confidenza mi infastidisca, in questo caso mi dà sollievo perché toglie un po' entrambi dall'imbarazzo.
«Amo le feste! Non si vede?»
Rispondo ironica, alzando gli occhi al cielo e dando un altro sorso al mio drink.
«Sì in effetti sembri una che sta per mettersi a ballare sul tavolo»
«A ballare sul tavolo? Sì praticamente l'entusiasmo è quello»
Continuo a scherzare, ridendo e portandomi una ciocca di ricci ribelli dietro all'orecchio.
«E sentiamo, se n'è ballà alle feste cos'è che te piace fare?»
«Vediamo...»
Penso, sistemandomi meglio sullo sgabello e lisciandomi il vestito sui fianchi.«Mi piace disegnare, studiare... e non molto altro in realtà»
Rispondo, facendo spallucce, non volendo rivelare troppo di me al primo sconosciuto che passa.
Lui annuisce sorridendo, e per un po' guarda davanti a sé senza dire nulla.
Poi si gira e mi guarda in modo strano, come se mi stesse analizzando.«Sei proprio come ti ha descritta»
Lo guardo, corrugando le sopracciglia in preda alla confusione, non capendo a chi si stia riferendo.
Insomma, perché Jacopo avrebbe dovuto parlargli di me?«Scusa?»
Lui mi allunga di nuovo la mano, come se dovesse presentarsi un'altra volta, e io la stringo divertita da quella scenetta che non sto minimamente comprendendo.
«Piacere, Leonardo Grillo»
Fa, di nuovo, e io alzo un sopracciglio ridacchiando per fargli capire che non mi suona per niente familiare.
«Amico d'infanzia di casa David e assistente personale dei Måneskin»
Il sorriso spensierato che avevo sulle labbra mi si spegne in un secondo, e guardo il ragazzo con espressione indecifrabile per un po' di tempo.
Ma è possibile che dovunque vada, chiunque incontri, ci sia sempre qualcuno o qualcosa che deve parlare di lui?
Ritraggo la mano lentamente sciogliendola dalla presa, capendo lo sguardo iniziale e le domande su di me che avevo preso come semplice educazione.
«Okay...meglio che vada adesso»
Dico, forzando un sorriso, per poi abbandonare sul tavolo il mio drink non ancora finito e scendere dallo sgabello con tutta l'intenzione di andare a casa, o comunque di non farmi più vedere per tutta la sera.
«Elisa aspetta!»
Mi richiama il ragazzo, e io mi volto un secondo per guardarlo mentre cammino tra le persone ammassate.
Una volta che noto con sollievo che rimane seduto, torno a guardare dove metto i piedi, ma ormai è troppo tardi.Scivolo su un lago di alcol che qualcuno ha rovesciato a terra e casco in avanti, sbilanciandomi e dovendomi appoggiare alla cosa più vicina che ho per non cascare a terra e fare una figuraccia.
Mi aggrappo ad una sventurata camicia che mi passa di fronte in quel momento, poggiando i palmi sul petto della persona davanti a me per ritrovare l'equilibrio.
«Elì»
Mi richiama una voce, e io non posso credere di essere davvero così sfigata nella vita.
Quante probabilità c'erano?Deglutisco a fatica, per poi alzare lentamente la testa verso la persona a cui mi sono praticamente appiccicata per non cadere, trovando davanti a me due pozzi color nocciola che sanno di casa.
Vengo catturata dai suoi occhi, e il contatto col suo corpo mi paralizza in un istante, impedendomi di muovere un muscolo o di fare qualsiasi altra cosa.
Ho i palmi delle mani ancora poggiati al suo petto, mentre le sue si sono prontamente avvinghiate alla mia vita per tenermi in piedi.
Ho tutto il corpo che freme e il cuore che batte troppo forte, o che forse non batte proprio più, ed è come se tutte le centinaia di persone nella casa non ci fossero più.
Damiano non toglie i suoi occhi dai miei, anzi mi guarda con un'intensità tale da farmi venire voglia di piangere.
Il mio stomaco si sta contorcendo e io vorrei solo avere la forza di spingerlo via e continuare a camminare, senza rimanerne minimamente toccata.Invece mi ritrovo a chiudere gli occhi, inspirando il profumo del suo respiro e godendo del contatto leggero col suo corpo, volendo illudermi solo per un altro secondo che sia ancora lo stesso di sempre.
Mi odio per tutto ciò che sto provando, mi odio per avere la gola che brucia e un nodo nello stomaco che mi fa venire da vomitare.
Sollevo lentamente le palpebre e lo ritrovo ancora lì, a guardarmi come se il mondo si fosse fermato.
Lo osservo con gli occhi stracolmi di sofferenza, e per un secondo vorrei solo poggiare la fronte alla sua e mettere a tacere tutto il resto del mondo e me stessa.
Però non lo faccio.
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Lontano dal cuore 2|| Damiano David
FanfictionQuante cose possono cambiare in due anni? Infondo non sono poi così tanti, aveva detto Damiano. Eppure certe volte non serve un tempo infinito, per produrre infiniti cambiamenti.