Sono tuoi

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«Devi muoverti Damiano, saranno qui tra un'ora»

Grido, sperando che il moro al piano di sopra mi senta.
È sotto la doccia da mezz'ora buona, e io ho bisogno di una mano per preparare il pranzo della vigilia.

Stanotte ha avuto la brillante idea di invitare i suoi, anzi nostri, amici a pranzo a casa mia, e come se non bastasse non sta neanche facendo nulla per aiutare.

Arriva cinque minuti dopo un tutto il suo splendore, con i capelli bagnati e un asciugamano avvolto in vita.

«Stai gocciolando dappertutto»
Lo rimprovero risultando molto poco credibile per colpa dei miei occhi che vengono inevitabilmente attratti dal suo colpo scolpito.

Lui cammina verso di me a passo lento con un sorriso sghembo stampato in volto, sa perfettamente il potere che ha su di me e sul mio corpo.

Mi circonda la vita con le braccia forti e fa aderire il suo petto alla mia schiena, poggiando il mento nello spazio tra la mia spalla e il mio collo.

«Annulla tutto e stiamo a letto fino a stasera»

Mi propone, sfiorandomi il lobo con le labbra, e io non sono mai stata così tentata di accettare una proposta in tutta la mia vita.

«Ormai hai fatto il danno, è troppo tardi per rimandare»

Gli faccio notare, scivolando fuori dalla sua presa tentatrice in modo da impedire al mio corpo di fare cose che ci faranno perdere tempo.

Voglio che sia tutto perfetto.
In mezz'ora grazie al mio duro lavoro e allo scarso aiuto del moro è tutto pronto, la tavola apparecchiata per otto e il risotto all'osso buco quasi pronto per essere servito.

Manca solo una cosa prima di poter accogliere tutti in tranquillità.
Mi avvicino a Damiano che si è appena aperto una birra e la sta sorseggiando poggiato al bancone a cucina mentre guarda fuori dalla finestra.

Gli dò un bacio sulla spalla nuda, e lui si gira a guardarmi con un sorriso bianchissimo a colorargli il volto non particolarmente abbronzato.

«Devo darti una cosa»

Gli dico un po' intimidita, suscitando uno sguardo curioso da parte sua.

«Non dirmi che mi hai preso un regalo»

«Non proprio»

Mi fa cenno col capo di guidarlo, e io lo porto fino in salotto, dove estraggo la cartellina rossa da uno dei cassetti disposti sotto la televisione.

Gliela porgo in un gesto veloce, leggermente in imbarazzo, e lui la prende tra le mani guardandomi negli occhi con fare interrogativo.

«Aprila»

Lo incito, annuendo, e anche lui sembra essere un po' nervoso.
Forse ha capito di cosa si tratta.

Con una delicatezza che non gli appartiene più di tanto, toglie l'elastico e apre la cartellina che rivela al suo interno tantissimi disegni, decine e decine.

Mi rivolge uno sguardo profondo e pieno di significato, per poi concentrare tutta la sua attenzione su quello che si ritrova davanti.

Il primo è un ritratto del suo volto, il secondo invece lo rappresenta su un palco a cantare.
Poi ce n'è uno in cui fuma, uno in cui ride, uno in cui ha un'espressione cattiva e degli scarabocchi da diavolo attorno, fatti in momenti di rabbia.

Li guarda tutti, dal primo all'ultimo, e quando finisce si vede dai suoi occhi che l'hanno toccato.

«Non mentivi quando dicevi che mi hai disegnato ogni giorno»

Osserva, ridendo, per poi tornare a guardare quei fogli con ammirazione.

«Già»

«Li posso tenere?»

«Sì. Sono tuoi ora. Tanto ne farò molti altri da tenere per me»

Anche quella suona un po' come una promessa, e dal modo in cui sorride dopo che pronuncio quella frase, penso che anche lui debba averla presa così.

Mi mette le mani sulle guance e mi attira a sé, dandomi un lungo e dolce bacio che mi scalda ogni centimetro di cuore.

«Grazie. Sei fantastica»

«Ti stai trasformando in un romantico sdolcinato»

Lo prendo in giro, facendogli la linguaccia, e in tutta risposta lui ridacchia passandosi le mani tra i capelli.

«Lo sono sempre stato»

«Nah, a volte sei più un maniaco pervertito»

«Trova un ragazzo che può essere entrambi, dicevano»

Si elogia da solo, alzando le spalle in segno di falsa modestia.
Sto per ribattere quando il citofono suona. Devono essere arrivati gli altri.

Scendiamo ad aprire e si presentano i restanti 3/4 dei Måneskin e in più Jacopo, Leonardo e Clarissa.
Hanno portato vino e dolci, e sembra esserci un clima felice da parte di tutti quanti.

«Che buon odore quando se magna?»

Chiede Victoria, sfregiandosi le mani con la sua solita finezza, per poi andare in cucina a vedere letteralmente cosa bolle in pentola.
Clarissa mi saluta con un abbraccio, e stranamente anche Jacopo sembra abbastanza sciolto oggi.

«Se ve sedete anche subito»

Le risponde Damiano, circonda sono le spalle con un braccio mentre tutti si avviano verso la lunga tavolata che ho preparato in salone.

Dopo venti minuti buoni siamo già passati al secondo, e ho tirato un sospiro di sollievo quando ho visto che tutti avevano finito il risotto, segno che non ha fatto schifo come credevo.

Ho sentito almeno cinque sguardi su otto puntati su di me mentre mangiavo anche l'ultima forchettata della mia porzione, e appena ho alzato la testa tutti hanno fatto finta di niente, come se non avessero passato gli ultimi cinque minuti a fissarmi.

«Eli ma questo è l'ultimo anno di Accademia no?»

Chiede Thomas ad un tratto, e per un secondo mi tornano in mente gli ultimi esami che devo dare, insieme a tutta l'ansia che cerco di reprimere.

«Sì insomma, dovrei laurearmi ad aprile»

Dico, emozionata, e Clarissa interviene dicendo che probabilmente grazie ai miei voti ce la farò anche prima.
Lei è rimasta un po' indietro, ma in ogni caso dovrebbe comunque farcela prima dell'anno prossimo.

Il biondino che mi ha rivolto la domanda si lancia uno sguardo di intesa con Damiano che però non capisco, e quando lo guardo interrogativa lui mi fa cenno con la mano di stare tranquilla.

Il resto del pranzo procede nel migliore dei modi possibili, e chiacchiero con chiunque sia presente in questa sala.
Clarissa chiede addirittura a Damiano di passarle il sale, e non sembra ma penso che sia il traguardo più grande di tutto l'anno.

Lontano dal cuore 2|| Damiano DavidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora