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La musica nell'anima può essere ascoltata dall'universo.

Vi siete mai chiesti come vi sareste sentiti se la persona che più amavate al mondo fosse scomparsa? Come sarebbe stato avvertire quel senso di vuoto al centro del petto che stringeva come una morsa il cuore tanto da non riuscire più a respirare, almeno in apparenza, e da non provare più nessuna emozione? Come sarebbe stato provare così tanto dolore da arrivare a non provare più nulla, piangere e basta, a volte anche senza capirne il motivo.

Sarebbe come essere uccisi? Sarebbe come continuare a vivere pur sapendo di essere morti? Sarebbe così soffocante da desiderare davvero la fine così da potervi ricongiungere a quella persona che avete perso?

Ve lo dico io, sarebbe uno schifo. Avevo sempre pensato a come avrei reagito in una situazione del genere, ma mai avrei potuto prevedere il mio reale stato d'animo e mai avrei voluto scoprirlo. Il mio ragazzo... Jake, era morto da due giorni sette ore e cinquantotto minuti eppure io non riuscivo ancora a capacitarmene. Continuavo a sperare di vederlo comparire alle mie spalle da un momento all'altro dicendomi che era tutto uno scherzo, che era ancora lì con me, solo che non arrivava mai. Avrei voluto fosse lo stesso per il suo funerale, non ero affatto pronta ad affrontarlo.

Ero ferma davanti allo specchio in camera mia ad osservare l'abito nero che avevo indossato, gli occhi scavati e segnati dall'insonnia, il viso pallido rigato da lacrime silenziose che non mi ero neppure accorta di versare. Mi capitava sempre più spesso di piangere senza accorgermene, erano sempre gli altri a farmelo notare e non lo sopportavo. Era straziante vedere quanto soffrissero per me, ma non riuscivo a fingere di stare bene perché io stavo soffrendo più di tutti in quel momento o quasi. Jake aveva una sorella più grande che abitava dall'altra parte del paese, a Oklahoma, mentre noi eravamo a Washington anche se eravamo nati in Nebraska dove i nostri genitori vivevano ancora. Io e Jake avevamo scelto la stessa università, lo stesso indirizzo, ingegneria aereospaziale. Io avevo sempre trovato affascinante l'universo, ma Jake lo amava. Sarebbe diventato un'astronauta se solo... Eravamo in vacanza per l'estate così eravamo tornati a casa. Stava andando tutto bene e poi...

Non riuscivo a ripensare all'incidente. Non potevo. Era troppo. Mi mancava il respiro. Strinsi forte la collana che mi aveva regalato per il mio compleanno, note musicali intrecciate a dei pianeti, l'aveva fatta fare lui su commissione, era di oro bianco e la adoravo. Non la toglievo mai, era come se fosse sempre accanto a me ora però non lo avrei più rivisto. Mi si serrò la gola e corsi verso la mia scrivania dove, giusto in mezzo tra il trucco e il portagioie avevo posato il disegno di Jake. Il suo ultimo regalo per me. Mi misi seduta sul bordo del letto, una mano ancora stretta attorno la collana e l'altra a sollevare il disegno per poterlo guardare meglio: tre note musicali che riempivano tutto il foglio al cui interno c'erano delle stelle luminose e altre sempre a forma di note. Rappresentava l'universo nella musica. Rappresentava noi.

-Ho una cosa per te- Jake aveva insistito per portarmi al molo dove ci eravamo conosciuti la prima volta, ormai tre anni fa, sotto le stelle. Proprio come in quel momento. Dopo aver cenato tutti insieme, la mia famiglia e la sua, aveva insistito per potermi lì anche se era sera tardi, ma non avevo posto mola resistenza. Sarei andata ovunque con lui.

-È per caso qualche anniversario e io me ne sono dimenticata?- non sarebbe di certo stata la prima volta, ma ero piuttosto sicura che non fosse nessuna ricorrenza quel giorno eppure quando mi disse che potevo aprire gli occhi mi mostrò un disegno che aveva fatto lui. Lo teneva alzato, all'altezza del suo petto così che potessi vederlo non appena avessi aperto gli occhi. Mentre lui lo illuminava con la torcia del telefono io lo presi e lo osservai attentamente. Mi vennero le lacrime agli occhi per quanto era bello, ma anche per il significato dietro a quel disegno.

-Ho intenzione di farti un quadro così che tu possa appenderlo e vederlo molto meglio, ma non volevo aspettare più e quindi ecco- era in imbarazzo, lo capii dal modo in cui si grattò la nuca e cercò di decifrare il mio sguardo. Era sempre così quando mostrava le sue opere a qualcuno, ma con me era ancora più nervoso nel caso non mi fosse piaciuto. Non era mai accaduto che non mi piacesse qualcosa che avesse disegnato lui, ma non cambiava questo suo lato timido e lo amavo. Amavo tutto di lui. Il suo lato spavaldo e sfrontato di tutti giorni, ma anche quello dolce e romantico e premuroso che veniva fuori quando eravamo insieme. Il modo in cui mi guardava avrebbe fatto invidia all'Amore in persona.

-È... bellissimo- la mia voce era un sussurro, rotta dall'emozione. Era l'esatta rappresentazione di ciò che eravamo noi. Musica e universo. Astratta e concreto. Ci completavamo a vicenda.

-Lo spazio sarà anche il mio sogno- avanzò di un passo, accorciò tutta la distanza che ci separava. Mi sfiorò la guancia con le dita e io chiusi gli occhi beandomi di quel contatto tanto intimo, delle sue carezze. Ero grata a Dio per ogni singolo secondo che ci permetteva di passare insieme, anche quando litigavamo, ma ancora di più ero grata per averlo conosciuto e che fosse entrato nella mia vita.

-Ma la musica è il tuo- era vero. La musica era tutto per me, così come lo era lui. Ci capivamo alla perfezione perché, anche se avevamo sogni diversi riuscivamo a capire a pieno l'amore che provavamo, la devozione per quel qualcosa che volevamo fosse lo scopo delle nostre vite. Io adoravo l'universo, le stelle, le galassie e passavamo ore a discutere di possibili teorie della vita su altri pianeti, altre realtà, così come passavamo ore a cantar e ballare insieme. A scrivere canzoni. Lui sapeva suonare chitarra e pianoforte e aveva insegnato anche a me a farlo. Capivamo e condividevamo le passioni dell'altro pur avendo le nostre ed era una delle cose migliori del nostro rapporto.

-Ti amo Jake Sunset- le mie labbra sfiorarono le sue quando parlai, anzi mimai quelle parole dato che la voce non voleva saperne di uscire.

-Ti amo Delia Harmonie Norton... La mia Sirio- mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio sfiorandomi la guancia. Dopo tre anni non ero ancora abituata alla sensazione delle sue labbra sulle mie, la sua lingua che mi accarezzava ed esplorava, il suo sapore, il suo odore, le sue mani sui miei fianchi mentre le mie erano intente a scapigliarlo tutto. In portoghese si direbbe "Cafuné" l'arte di passare delicatamente le dita tra i capelli di qualcuno. Descriveva perfettamente ciò che amavo fare. Una volta glielo dissi e lui, passandomi le dita tra i capelli, ripeté questa parola come fosse un mantra, da quel momento era diventata una delle nostre parole preferite. Era l'amore della mia vita e non riuscivo ad immaginarmi senza di lui.

-Delia è ora- non mi resi conto della presenza della mia migliore amica nella stanza fin quando, parlando, non mi svegliò dai miei ricordi. Annuendo mi alzai a fatica dal letto. Posai di nuovo al suo posto il disegno, mi diedi un ultimo sguardo allo specchio, gli occhi gonfi dal pianto, e poi mi voltai.

-Tesoro...- nel suo sguardo vidi compassione, dolore, tristezza. Tutte emozioni che non volevo far provare a nessuno, ma che non riuscivo ad evitare. Senza aver bisogno che dicessi nulla Stacy venne da me e mi strinse tra le braccia. Mi nascosi nell'incavo del suo collo e piansi sperando di liberarmi da tutte le lacrime così che in chiesa non ne versarsi molte. Sostenendomi alla mia amica, insieme, ci avviammo verso l'esterno dove i miei genitori ci aspettavano. A differenza di Jake, io ero figlia unica, ma avevo Stacy. Almeno avevo ancora lei a contenermi.

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