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L'ora della partenza è arrivata, e noi andiamo in direzioni diverse, io verso la morte e tu verso la vita. Quale di questi due sia meglio solo Dio lo sa.

Socrate

Camminai fino al caffè dove ero stata con Byron e Stacy, nella mente una domanda che mi continuava a tormentare. Anche quelli di allora erano stati ricordi? Tutto ciò che avevo creduto un sogno erano davvero ricordi? Ricordi di un'altra vita? Un'altra Delia? E perché nessuno mi aveva detto dell'incidente, di Jake o della mia presunta amnesia? Né i miei genitori né Stacy né avevano accennato eppure vedevano quanto stessi male. Anche se non lo dicevo, loro lo notavano.

Perché?

Entrai nel locale e mi sistemai accanto al bancone. Non volevo ordinare nulla, ma avevo bisogno di un posto che mi ricordasse lui. Dopo aver visto tutte quelle immagini di noi due per strada e poi quado ero arrivata al pontile, prima che fossi pronta ad affrontare, ero scappata via e mi ero rifugiata lì, nella speranza di vederlo ancora. Avevo dei seri problemi eppure l'unica cosa che mi importava era scoprire la verità.

-Delia, come va?- una ragazza mi piombò affianco distraendomi dai miei pensieri e facendomi sussultare. L'altra volta non c'era, oppure ero io a non averla vista, ma sembrava simpatica e, soprattutto, che mi conoscesse. Magari aveva qualche risposta da darmi o forse no, ma non ero certa di essere pronta a sentirle.

-Non ti vedo da quando...- fece una pausa e abbassò lo sguardo a terra per evitare di guardarmi negli occhi. Probabilmente si riferiva al giorno dell'incidente. Doveva senz'altro sapere qualcosa, visto che sapeva dell'incidente. Non avevo mai pensato a come sarebbe stato dimenticare una parte così importante della mia vita e non avrei mai voluto scoprirlo. Era orribile. Sapere di non sapere, ma a dispetto di ciò che credeva Socrate, ciò non mi rendeva più sapiente, al contrario. Era un incubo apprendere che, chiunque mi avesse mia conosciuto, era a conoscenza di più cose della sottoscritta sulla mia stessa vita e, presumibilmente, sul periodo più felice e importante della mia vita. Perché, se continuavo a rivedere Jake ovunque e ad avere quella sorte di flashback ogni minuto, doveva essere stato davvero significativo per me. No?

-Perché non ti siedi al tavolo. Adesso ti mando Jake per...- alzai la testa di scatto facendomi schioccare addirittura il collo, ma non mi importava. Aveva detto Jake. Era uno scherzo o cosa?

-Jake?- chiesi in un sospiro, la voce non voleva saperne di uscire. La ragazza, di cui lessi il nome sul cartellino, Soh, impallidì mortificata e tutte le mie speranze sfumarono nel nulla, lo stesso che aveva iniziato a riempirmi da settimane ormai. Avevo il timore che avrebbe potuto inghiottirmi e cancellarmi, ma mi sarebbe importato qualcosa? Ormai non vive più, a stento sopravvivevo.

-Scusa... I-io... Adam. Volevo dire Adam. È la forza dell'abitudine e...- era davvero dispiaciuta, si vedeva. Non lo aveva fatto di proposito, anche lei soffriva. Solo che almeno eli sapeva il perché.

-Soffro di amnesia... O almeno credo. Non ricordo nulla di Jake o di noi tutte e tutto ciò che è collegato a lui, tranne per delle immagini, credo siano ricordi, che mi capita di vedere- spiegato ad alta voce sembrava la trama di un libro o di un film, solo che era la mia vita ed era tutto reale. Così reale che faceva male anche solo aprire gli occhi la mattina ed evitare di piangere senza conoscerne la motivazione. Prima di quel momento almeno.

-Voi due eravate perfetti l'uno per l'altra. Vi completavate alla perfezione- Soh si mise seduta accanto a me, al bancone, lo sguardo triste, ma trasognato, perso nei ricordi.

-La giusta dose di litigate e tanto tanto amore misto a fiducia e complicità. Facevate invidia a chiunque vi vedesse, persino ai vostri amici. Era il tipo di storia che sarebbe potuta finire sui giornali, tra cinquant'anni, per descrivere il vero amore- avevamo entrambe gli occhi lucidi. Lei per i ricordi che tanto agognavo, io per quelle parole che mi laceravano dall'interno dato che era come se parlasse di qualcun'atro e non di me.

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