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(Balthazar)

Misi a posto i piatti e le cartacce, altrimenti qualcuno mi avrebbe fatto una ramanzina e tentai di correre velocemente dietro a Liam. Lui era già scomparso. Stillai una breve lista di posti in cui avrebbe potuto cacciarsi, come le stalle, i boschi o la cava accanto al ruscello e sperai di trovarlo prima del tramonto, l'ora in cui gli ospiti sarebbero andati via.

Vagai per il campetto sul retro correndo, facendo del mio meglio per non incrociare nessuno dei Graves sulla traiettoria. Non volevo finire rinchiusa in soffitta senza cibo. Mi tolsi le scarpe e le lanciai via, camminando più spedita. Tenni alte le orecchie per udire se qualcuno arrivasse, a giudicare dagli schiamazzi vivaci molti uomini dovevano aver trovato il bancone dei vini ed erano impegnati altrove.

Dietro un cespuglio vidi Alex e Beatrice parlarsi. O meglio, si stavano leccando la faccia in modo disgustoso e Alex le stava palpando il petto sotto la camicetta. Appena li notai mi venne il vomito. Beatrice Leone era davvero una ragazza affascinante, con gambe lunghe e olivastre, capelli fluenti e castani, racchiusi in una treccia. Gli occhi marroni erano circondati da folte ciglia ricurve e le gote percorse da lentiggini.

Feci una smorfia di nausea e feci per andarmene, ma in quel momento Queenie tagliò per la stessa traiettoria e li incrociò. Aveva in mano un dolcetto e di sicuro proveniva dalla festa perché era un delizioso cupcake rosa e verde con praline rotonde. Beatrice si staccò e si sistemò la maglia e Alex guardò storto la bambina.

«E tu che ci fai qui, sgorbio?» le domandò. Queenie non seppe cosa dire, messa alle strette. «E questo? Lo hai rubato?» Le afferrò il dolce e lo buttò via.

Pensai: "Ora la picchia" e quasi lo stette per fare davvero. Balzai in avanti e diedi una spinta ad Alex, e per poco finì a terra. Beatrice emise uno strilletto acuto e mi evitò, non mancando però di ridere per la figura fatta dal ragazzo.

Alex sbatté gli occhi incredulo e io mi misi davanti a Queenie. «Lasciala stare.»

«Che lurida bastarda» ringhiò e saltò in piedi. Io e Queenie strillammo e cercammo di scappare, Alex si fiondò su di me e mi tirò i capelli verso l'alto. «Ma che ti salta in testa?»

Gli graffiai la mano, o almeno ci provai dato che non avessi né unghie né forza. Queenie si aggrappò al braccio di Alex e lo morse, in una becera difesa. La ragazza usò i suoi poteri e la sollevò da terra di un metro e mezzo, poi la lanciò via. Rotolò sul prato e si ruppe gli occhiali, piagnucolando.

«E lei chi è?» domandò Beatrice. «Una bastarda dei tuoi zii?»

«Di zio Donovan» mentì Alex evasivo.

«No, non è vero! Sono tua sorella, mio padre è Anselm Graves» sbottai con rabbia e la ragazza tremò per un attimo, perdendo il sorriso.

C'erano molti capoclan che avevano reclamato i figli bastardi nei propri ranghi, ne era un esempio il Giappone, il quale aveva una stirpe di oltre venti eredi totali e tutti venivano trattati in egual modo.

Lei rise di gusto. «Quindi è lei la famosa ragazzina di cui tutti parlano, l'unica bastarda del grande Anselm Graves? Che schifo!» esclamò, togliendo dai miei capelli un pezzo di terriccio.

Strinsi le labbra. «So che avete imbrogliato. Non hai vinto per fortuna, ti hanno aiutato gli altri ed è contro le regole!» affermai seria. «E se papà dovesse...»

«Papà non lo saprà» disse Alex, scandendo bene le parole.

Beatrice corrugò la fronte. «Se dovesse parlare...» Rabbrividì. «Alex, mio padre mi ucciderebbe per aver infangato di proposito il suo onore.»

«Non lo saprà!» sbraitò più forte. «Se non chiudi il becco, Emily, giuro che...»

Gli diedi un calcio sul ginocchio e lui lasciò la presa. Mi fece inciampare e mi afferrò per il collo, tenendomi più salda. Mi piegai quasi a terra, avvertendo un gran male alle ossa per colpa della pressione esercitata.

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