XII

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(Patience Graves)

La mattina seguente io e Balthazar andammo alla casa principale. Non percorrevo quei giardini da anni e farlo mi fece provare varie emozioni; avevo lasciato quella casa da bambina, subito dopo che il mio fratellastro mi aveva minacciata e aggredita. Ora tornavo da ragazza, a testa alta. Odiavo i Graves, quella loro sfacciataggine velata dietro alla magia e ai soldi, e disprezzavo i loro metodi, tuttavia una parte di me ancora li temeva.

Il cuore mi batteva forte nel petto, percorrendo quei giardinetti curati e verdi. Balthazar zampettava al mio fianco, mantenendo un sorriso tranquillo. Cercai di non dare a vedere la mia ansia, altrimenti la mia aura avrebbe tradito la mia finta recita e contai sulla punta delle dita fino a cento, come mi aveva insegnato per calmarmi.

Niente magia pura.

Io ero un Antimago e così doveva essere per tutti i Graves.

«Andrà tutto bene» disse Balthazar, prendendomi per mano. «Anzi, ti chiederei di metterti un po' in mostra con le tue tecniche.»

Buffo, di solito mi chiedeva sempre il contrario. Ero fin troppo creativa e violenta in ogni scontro, in casi normali mi avrebbe detto di mascherare quel mio lato, temendo credo di attivare i chakra della magia o scoordinarmi. Quella richiesta mi parve azzardata, doveva volermi mettere in bella mostra per dare una lezione a mio padre.

«Lasciami fuori dai tuoi scherzi» gli intimai stanca. «Non sei affatto divertente.»

«Ma se con me ridi spessissimo!»

Bussammo alla reggia e aspettammo all'ingresso. Battei il piede a terra impaziente. Il Giudizio non era un esame difficile, a ripensare ai test che Diana e Randall avevano tentato di farmi fare da piccola mi vergognai per la mia inettitudine. Volevo finire presto e tornare a casa.

Una cameriera di mezz'età ci venne ad aprire. Non la conoscevo e lei di sicuro non riconobbe me, dovevano averla assunta dopo la mia ritirata, ed era una maga. Sopra la sua testa uno spolverino la seguiva, pronto all'uso.

«Siamo gli ospiti dei Graves, dovremmo essere di sicuro attesi» annunciò Balthazar cantando.

Il panno ci volò in faccia e ci tolse della sporcizia invisibile. Allungai le mani per prenderlo e romperlo. Lo stracciò sfrecciò via, dopodiché la donna annuì e ci lasciò entrare.

«I signori Graves sono nel giardino sul retro a fare colazione, vi stanno aspettando. Seguitemi» ci disse cordiale, facendoci strada.

Come se non conoscessimo affatto la strada, pensammo all'unisono io e Balthazar con uno strano ghigno sul volto.

Mi sorpresi di quanto bene ricordassi la casa, nonostante fossero passati molti anni e i miei pensieri fossero stati altrove. Avevo percorso quei corridoi molte volte, ci avevo corso, mi ero nascosta negli armadietti e avevo pulito ogni soprammobile. Era rimasto tutto come lo avevo lasciato, a parte più quadri di famiglia e niente giochi lasciati a casaccio.

Mi fermai davanti a una foto, dove mio padre e Catelyn tenevano contenti in braccio Grace appena nata. Io e Grace eravamo nate nello stesso periodo, ma la sua nascita era stata mascherata dalla mia e per questo mi odiò.

Mi morsi il labbro, masticando la mia ira. Anselm Graves aveva dimostrato affetto ai suoi figli, ma mai a me e a mia madre. Ci aveva abbandonate quando aveva capito che non fossimo alla sua altezza.

Balthazar tornò indietro a prendermi. «Lascia perdere» mi consigliò.

«Se potessi darei fuoco a quella foto» ringhiai.

«Se potessi» mormorò fra sé e sé «darei fuoco a questo posto.»

Avevo perso mia madre e i primi anni di vita, ma Balthazar aveva perduto molto più di me e a volte, per via del suo carattere mite, tendevo a dimenticarlo. Misi da parte la rabbia e seguimmo la cameriera.

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