VIII

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(Grace Graves)

Da quanto sereno e provocatorio fosse Balthazar fece ordinare che costruissero un cottage in mezzo ai boschi della proprietà Graves. I territori della famiglia comprendevano moltissimi ettari di campi, tuttavia oltre i cancelli nessuno si curava degli ambienti e la radura era dominata da animali selvaggi e incurie di vario tipo.

I maghi si raggruppavano in due gruppi principali: quelli di famiglia e i giramondo.

I maghi di famiglia, come Randall e Diana, e molti altri in differenti clan, abitavano con le famiglie, venivano ospitati e vivevano alle spese dei padroni, a patto che la magia fosse usata per i comodi loro. I Graves erano molto bravi in questo, c'erano molti maghi che facevano la fila per entrare nella famiglia e, intanto, li tenevano abbastanza vicini per non farli andare da altri, usandoli come occhi e orecchie.

I giramondo come Balthazar erano spiriti liberi, per il codice era tenuto a insegnare la magia, di tanto in tanto, e a presentarsi a eventi formali. Non avevano né casa né famiglia. Una vita sacrificata per se stessi o, nel suo caso, per altri.

Balthazar mi teneva per mano, composto, mentre lasciammo i prati verdi della proprietà e io tentavo di non mostrare alcun segno di cedimento. Fino a quel momento avevo creduto che la possibilità di fuggire via da quei mostri fosse l'unica cosa che mi interessasse, eppure ero spaventata dall'ignoto.

Ero terrorizzata da me, dal non essere all'altezza, di non avere poteri sufficienti, di essere troppo stupida, di essere proprio quello che dicevano i Graves: inutile. Quella famiglia faceva di tutto per farti cadere a terra, speravano di poter vedere una nuova fenice nascere, ma la verità era che molte volte strappavano le ali ai giovani maghi solo per diletto.

Non tornammo nel seminterrato a prendere le mie cose, non che ne avessi. Avevamo sulla nostra nuca gli sguardi degli uomini, puntati contro di nascosto dalle finestre. Ci tennero d'occhio fino a quando oltrepassammo i cancelli e ci avventurammo nei boschi.

La luce era quasi del tutto scomparsa, il sole era tramontato e la notte stava cominciando a calare del tutto. Sarebbe stato terrificante se non ci fossero state le stelle e la luna a illuminare il firmamento, e anche Balthazar.

Ci fermammo in una piccola radura in mezzo ai boschi, dove l'erba era più morbida e corta, brucata da qualche animale erbivoro di passaggio. Era anche vicino al ruscello e c'era il chiasso dell'acqua e dei pesci che, per la corrente, si schiantavano contro le rocce.

Pescò uno zainetto logoro da una fessura di un albero e mise una giacca sportiva a terra. «È per te.» La indicò.

«Ti ringrazio.»

«Sei stanca?» Scossi la testa e lui mi imitò, come se avessi detto qualcosa di molto saggio. «Hai fame, vero? Io sì. La carne della festa era davvero stopposa, si vede che non era cotta bene. La migliore è qui in giro che zampetta.»

Ciondolanti ed educati ci guardammo senza fiatare. Non avevo idea se fissargli la benda sugli occhi fosse carino o meno, ma non se la tolse nemmeno con il calare della notte e io non glielo domandai.

«Io... non so leggere» ammisi, storcendomi le dita delle mani.

«Non importa. Ti insegnerò io.» Alzai le sopracciglia e non gli dissi quanto l'idea fosse pessima dal principio. «Tuo padre non ti ha mai insegnato niente?» Gli elencai gli esercizi che avevo fatto con lui e le lezioni con Randall. «Altro?»

Mi masticai il labbro. «No.»

«No?»

«Mh-hm.»

Non si scomodò o alzo la voce. «Emily, sono il tuo maestro, tu la mia allieva. Passeremo molti anni insieme, d'ora in avanti, perciò è meglio se inizi a dirmi la verità. Posso leggerti nel pensiero, ma non lo farò. Sappi solo che so quando menti o tieni nascosto qualcosa. Non sono uno dei Graves, di me ti puoi fidare» specificò.

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