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Schioccò la lingua e alzò le mani, facendo segno che non gliene importasse abbastanza di me rispetto alla situazione. C'era Bucky a tenermi d'occhio e sospettai che mio padre, in un modo o nell'altro, mi avesse fatto mettere addosso un localizzatore per trovarmi. Dalla reazione di Alex mi preoccupai di più dei mercenari appostati nei boschi, era fin troppo tranquillo per permettermi di lasciarmi in giro senza controllo.

«Alexander» lo richiamò il mago stupefatto.

«Sono io il capo, no? Decido io» insisté. «Andiamo.»

Il mago non fu affatto contento di quell'affermazione. Come Anselm Graves, Lucius si aspettava assoluta passività da mio fratello. Affilai lo sguardo con soddisfazione e li vidi immergersi tra gli alberi e scomparire dalla nostra vista.

«Bene, Sherlock, fai pure strada» disse Bucky con tono neutro.

Conoscendolo, capii che fosse molto incerto sulla mia intuizione e che avrebbe preferito restare in gruppo. Dividersi era sempre un male in quelle occasioni. Catelyn me ne avrebbe dette quattro in ogni caso.

Sviammo a ovest e proseguimmo dritti. Sperai di vedere qualcuno o qualcosa, ma trovammo sempre solo boschi, buche e rifiuti. Fu incredibile come trovammo una marea di bottiglie di birra rotte e preservativi sparsi. Per quanto sapessi di avere ragione, che l'aura provenisse da quella zona, non avevo idea di dove di preciso e ad ogni passo sentivo l'ansia aumentare.

Stavo camminando e guardavo dritta, agognando di vedere delle torce muoversi nell'oscurità e urlare "ah-ha!", ma Bucky mi fermò e indicò una specie di rifugio scavato nella collina.

«È un bunker?» domandai.

«Un rifugio militare, forse una volta in queste aree ci facevano delle esercitazioni. A giudicare dall'aspetto e dall'usura è vecchio di anni, prima della guerra» rispose. «Be', avevi ragione.»

«Certo che avevo ragione!» mormorai stizzita.

C'era un vecchissimo pannello di controllo all'ingresso, una sicurezza davvero minima dato che Bucky staccò la copertura e fece contatto con alcuni fili. Non seppi cosa fece, ma udii un suono metallico profondo e la porta si sbloccò molle.

«Dietro di me» disse, alzò il fucile ed entrò per primo.

Scendemmo una lunga scalinata ripida di metallo, così stretta da far passare una sola persona. Il piano inferiore, dopo che fummo scesi per un'eternità quasi come all'Inferno, scoprimmo essere illuminato da delle vecchissime luci giallognole, piene di polvere sui vetrini. Era un bunker antiatomico, costruito forse dopo l'attacco del Giappone con la guerra: il corridoio era interminabile, i muri grigi rovinati e numerose ragnatele ovunque. Le pareti erano schermate, rivestite da strani pannelli.

«Lo hanno isolato» notai preoccupata. Indicai a Bucky le lastre. «Gli Eretici si sono attrezzati. Qui sotto non posso prendere la magia da niente, le onde esterne le annullerebbero all'istante.»

«Nemmeno da me?»

Scossi la testa. Imprecò. Era stata una pessima idea dividersi da Lucius, eravamo in netto svantaggio dato che fossimo a molti metri sottoterra, in territorio nemico e io non potevo utilizzare alcuna fonte dato che non ci fosse nessun elemento naturale da cui attingere. Almeno mi tranquillizzò avere il grosso fucile di Bucky accanto.

Percepii un'onda e mi scosse tutto il corpo. Fu una bombardata di magia pura e il mio corpo la assorbì d'istinto.

«So dov'è» dissi e camminai avanti.

Bucky mi seguì con premura, tenne d'occhio ogni corridoio e ascoltò gli eventuali suoni del bunker, il quale sembrava deserto, se non fosse stato per i gorgoglii dei tubi sul soffitto. Sfrecciai dritta, seguendo l'aura come un radar e svoltai.

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