(Edward Graves)
Ci mettemmo sei ore in aereo per raggiungere il Messico, atterrando a Puerto Vallarta, all'aeroporto internazionale della città. Il viaggio fu rilassante in prima classe, nonostante avessi Alexander di fianco che mandava via la hostess ogni qualvolta tentassi di ordinare qualcosa di più alcolico del succo di frutta.
Mio padre pernottò una suite all'hotel Mousai, un lussuoso albergo cinque stelle che ci fornì tutti i servizi necessari per farci dimenticare il fatto che stessimo andando nella bocca del diavolo.
La stessa mattina io e Balthazar ci dileguammo per le strade della città a fare shopping e bere tequila sul lungomare Malecòn. Erano ambienti stupendi, pieni di calma e si respirava un'atmosfera esotica, con le case colorate, i numerosi mercatini dell'usato e oggetti di artigianato ad ogni viuzza e negozi. Il mare era magnifico, limpido, le spiagge piene di turisti e artisti che costruivano sculture di sabbia.
Tornammo prima del tramonto e Alex ci aspettava mesto. «Pensavo non dovessimo attirare l'attenzione» ringhiò fuori di sé, cercando di non urlare appena entrammo nella stanza dell'enorme suite.
Scaricai le buste di vestiti che avevo acquistato sul letto e mi ci buttai sopra. «Attirare l'attenzione e divertirsi sono cose diverse» sottolineai. «Papà non ci ha mai detto di non andarcene un po' in giro.»
«A divertirti» sillabò puntiglioso. Aprii il minifrigo e presi una bottiglia di una bibita energetica, bevendone un lungo sorso. «Sei il suo maestro. Fa' qualcosa.»
Balthazar si tolse la camicia azzurra grondante di sudore, gettandola a terra in una mossa teatrale e buffa. Si slacciò i pantaloni e fece la stessa medesima cosa, mentre Alex gli voltò le spalle e arrossì furente.
«Stare chiusi in una stanza, con te, fino alla sera ci avrebbe portati all'esaurimento. Cosa hai risolto a girarti i pollici qui? Noi abbiamo fatto un giro di perlustrazione del centro e del lungomare. Non ti è venuto in testa di farlo anche tu?» puntellò furbo.
Alex sbatté gli occhi. «E cosa hai scoperto?»
«Nella zona non ci sono maghi. Nessuno. Non ti pare un po' strano?»
«Pensi sia voluto?»
Se Balthazar avesse avuto gli occhi gli sarebbero brillati di eccitazione. «I maghi avvertono le vibrazioni magiche meglio degli Antimaghi. Abbiamo fatto un giro per il centro e vari negozi erano chiusi senza motivo. Abbiamo chiesto in giro e ci hanno detto che dei negozianti sono scomparsi quasi tre settimane fa, il periodo in cui il mostro è comparso in città.»
Alex non sembrò contento della notizia e aveva le sue ragioni. C'erano solo due opzioni ed erano entrambe brutte: a) il mostro, o gli Eretici, avevano rapito o ucciso i maghi della zona o, b), i maghi erano scappati non appena avvertito del pericolo.
«Credi che la creatura li abbia uccisi o possano essere stati presi dagli Eretici della zona?» domandò il mio fratellastro, leggermente in ansia.
«Non credo. Qualche mago avrebbe potuto lanciare un incantesimo e lasciare qualche traccia, eppure le zone sono pulite. Troppo pulite persino per gli Eretici. I maghi se ne sono tutti andati perché hanno presagito qualcosa nell'aria e dubito torneranno fino a che il problema non sarà risolto» parlò Balthazar in mutande.
«Come fai ad esserne così sicuro?» Il mago si mosse e Alex si agitò, vedendolo troppo a suo agio mezzo nudo. «Ti puoi mettere qualcosa addosso, mio Dio?»
«Devo farmi una doccia» specificò, non capendo il problema. La cosa migliore dell'essere ciechi era il non vedere le espressioni degli altri e non si preoccupava di come appariva agli occhi esterni. Per Balthazar c'era lui, dopo io e basta. «E poi sento puzza di Reliquie. Quando una persona le usa lasciano un residuo di magia, una specie di odore unico nell'utilizzatore.»
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The fallout
FantasyNel clan di Antimaghi Graves, situato nelle valli di Portland, nasce una bambina bastarda, Emily. Cresciuta con il cognome Incant a delineare il suo lignaggio, è la figlia illegittima del più grande Antimago della storia contemporanea: Anselm Graves...