XXVI

105 12 2
                                    

(Lucius)

Iniziai a piangere come una bambina a cui avevano strappato un gioco. Persino da piccola, quando i miei fratellastri mi prendevano di mira, non mi ero mai sentita così male. Passai tutta la notte a singhiozzare, coricata sul letto, con l'afa e l'alcol che mi facevano girare la testa. Sperai che accadesse come nei film romantici che vedevo, che Bucky si sarebbe preoccupato per me e mi avrebbe consolata, eppure non fu così e questo mi ridusse peggio l'umore.

Nella mia testa affiorarono le risate crudeli dei Graves, le loro prese in giro, gli sbuffi egocentrici mentre dicevano "sei solo una figlia bastarda, nessuno ti vorrebbe mai". Avevo pregato, e sperato, che non fosse così e con Yuriy ero anche riuscita a dimenticare per un po' il mio stato. Con Bucky, lo ammisi, avevo sperato fosse lo stesso.

Era colpa mia, dopotutto. Mi ero messa in testa di essere bella, gentile, educata e femminile, di poter essere felice. Cosa mi ero aspettata? In verità ero l'opposto, come diceva mio padre: intrattabile, rude e indecente. Ero la bambina che nessuno voleva, la ragazza cresciuta nei boschi, una strega che dava fuoco a qualunque cosa tentasse di avvicinarsi.

E Bucky, di certo, non era diverso dai Graves.

Non so se il mercenario svegliò Balthazar e gli disse cosa fosse successo, ma il ragazzo entrò piano nella mia stanza e appena si accorse che fossi stesa sul letto, singhiozzando, corse da me. Fu convinto che avessi qualcosa perché mi tastò il viso con ansia e tentò di asciugarmi le lacrime.

«Cosa è successo, Emily?» mi domandò agitato. «Ti prego, ti prego, non piangere...»

Non seppe cosa fare. Non ero mai stata in quelle condizioni, nemmeno quando Spikey e Lulu mi avevano spinto in un fosso. Le ferite del corpo non erano niente rispetto al dolore che avvertivo nel petto.

«Emily, ti prego, guardami...» provò, si sedette sul letto e mi pettinò i capelli.

«Lasciami in pace, Balthazar!» ringhiai, mordendomi le labbra.

Se capì cosa fosse successo non lo disse. Leggeva il pensiero, ma con me non lo faceva mai. Glielo avevo chiesto io.

«Sono cose che... succedono! Capitano ai maghi, ai Demoni e agli Antimaghi, fa parte del ciclo della vita. Non devi assolutamente sentirti così. Hai tante persone al mondo che ti amano, non focalizzarti su chi...»

«Lasciami in pace, ho detto!» ripetei. «Tu non sei mai stato con nessuno! Nessuno ti è vicino per via del tuo stupido mega ego e vuoi farmi una lezione anche su questo? Tu sei un mago e io... nemmeno questo» lo aggredii fuori di me.

«E allora? Non sei mago o Antimago abbastanza? Che te ne importa di questo?»

«Me ne importa, perché se solo...» borbottai e un singhiozzo mi tagliò le parole. «Se fossi stata un'umana a mio padre non avrei fatto così schifo, mi avrebbe anche abbandonata. E invece sono ancora qui con te!»

«Non mi importa cosa crede di sapere tuo padre su di te, o ciò che dicono i Graves, io conosco la vera Emily. Lei non si sarebbe lasciata abbattere così. Anche io alla tua età mi sentivo così, te lo giuro, ma quando sono venuto qui e ho trovato te, ho scoperto come essere me.»

Mi pulii il naso. «E sei stato felice?»

«Immensamente.»

«Come faccio a farlo?»

«Inizia a pensare che non c'è niente che non vada in te, perché sei la creatura più bella che esista. Se tuo padre... o altri, non riescono a vedere quanto sei speciale, è un loro problema» disse piano, tirandomi via i capelli dal viso.

Non sapevo per cosa disperarmi di più, in quel momento mi sembrò che tutto il mondo fosse sulle mie spalle, che tutti mi disprezzassero e che io non valessi abbastanza. Se fossi stata una vera Graves sarebbe stato tutto diverso.

The falloutDove le storie prendono vita. Scoprilo ora