XXXIX

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La residenza Graves straripava di capoclan, vecchi e giovani uomini e donne vestiti di nero, pronti ad ascoltare le parole di mio padre, pendenti dalle sue labbra. Se si guardava attentamente il cielo, con il bagliore azzurro dei lampi, si poteva distinguere il Velo, liscio e invisibile come una sottile lastra di vetro. Avvicinandoci, fui in grado di distinguere molti capoclan, come Yamada Shoyo, Kyros Pappas dalla Grecia e i coniugi de Silva, dal Brasile. Ne mancavano alcuni però, come il clan della Spagna e quello del Portogallo, alcuni dei più liberali; si erano rifiutati di rispondere all'appello, da molti anni alcune famiglie si erano dimostrare aperte e disponibili con i figli bastardi e i maghi abbandonati.

Con mio grande sconforto vidi Yuriy tra la folla, insieme al fratello Dominic e al padre, assorti nella predica di mio padre. Quest'ultimo se ne stava in piedi sul terrazzo distrutto, a guardare con orgoglio la sua opera divenire finalmente realtà.

L'unica cosa che lo divideva dall'utopia ero io, una mocciosa di ventidue anni con gravi complessi esistenziali. Certo, poi c'era il mio fratellastro e un pazzoide armato fino ai denti.

«Miei cari fratelli e sorelle, amici che mi hanno sostenuto fin dalla nostra prima guerra, l'inizio dell'era degli Antimaghi è finalmente giunta. Se siete qui oggi non è per me, ma per voi stessi, i vostri figli, i vostri nipoti» affermò solenne, guardando finemente ognuno dei presenti. «I vecchi metodi dei maghi non possono più contenerci, serve un sistema nuovo, uno adatto a noi. Qualcuno ha detto che io odi gli umani.»

Il suoi occhi scuri si posarono su di me, furenti, scegliendomi come bersaglio. La folla fischiò e urlò insulti terribili agli umani. Mio padre fece un sorrisetto compiaciuto, ma alzò le mani per calmare gli spiriti.

«Io non li odio. La nostra non è una battaglia per rancore o discriminazione: io intendo salvare il mondo, ripulirlo dal male maggiore che lo infesta come un erbaccia tossica. Noi creature magiche siamo un fiore che sta morendo per colpa della loro sporcizia, non abbiamo dato via all'inquinamento o a violenze inutili. La colpa è la loro» rettificò e gli uomini applaudirono. «Noi combattiamo per la libertà. Se non ci prenderemo il nostro posto, se non insorgeremo, soffocheremo.»

Rubò la magia ai tre maghi di famiglia contemporaneamente e Randall, Diana e Lucius aprirono le bocche in deboli sospiri di dolore. La donna stramazzò a terra, senza energie, mentre una fitta nebbia infestò l'aria attorno alla casa, comandata da mio padre. Vedemmo il fuoco, il dolore dell'umanità, città che crollavano, creature ferite e, infine, le due enormi figure al di sopra. Combattevano la loro guerra in disparte, solitari, e ad ogni colpo la terra s'infiammava.

«I due dei» boccheggiò Alex, la voce spezzata. «Vuole fermare la profezia.»

Le visioni terrificanti continuarono, con i clan che parlottavano infidamente.

«È questo il nostro vero nemico! L'Oracolo ha parlato, si terrà una guerra che farà a pezzi cielo e terra, generata da due arroganti dei. Per via della loro smania di potere porteranno distruzione e io dunque vi chiedo, lascerete che il mondo cada per mano loro o intendete combattere?»

La folla esultò. Urlarono che volessero combattere quella minaccia, che fossero degli esseri immondi e che non li volevano. Li insultarono tanto quanto fossero dei veri bastardi o Ibridi. La storia magica con cui ero cresciuta si era trasformata in un incubo.

Mio padre era bravo, unico nel suo genere. Non si abbandonava mai ad urla sguaiate o scenate, era sempre controllato e distinto, tipico di un leader. Per questo la gente si fidava di lui e confidava nel loro comandante.

«Alla gente sembra piacere» disse Bucky, studiando il clima di approvazione.

«Naturale, nostro padre ha già dato prova di poter soverchiare un ordine instaurato. Gli Antimaghi per secoli sono stati esiliati, sperano di trovare vendetta. Ha fatto un ottimo discorso, ha girato la frittata per nascondere i suoi intenti personali come comuni» disse Alex attento.

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