XXVI

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Non mi credette affatto. Allungò il braccio verso Lucius e lo presentò: «Voi due non vi conoscete, temo. Lui è Lucius Spellman, da poco è diventato un mago di famiglia e si occuperà dell'addestramento di Alexander. Starà con noi fino a quando la questione non sarà risolta e sarà pronto a diventare capoclan.» Tesi la mano e Lucius fu sorpreso dal mio gesto civile. Appena la afferrò serrai forte la presa e lo feci gemere leggermente, costringendolo a scansarsi per primo. «Qualcosa da dire?»

Guardai Alex e negai. «No. Buon per lui.»

«Lavora per il Concilio, quindi bada molto bene a come ti comporti» mi avvisò William. «Sta molto a contatto con gli umani, anche. Mi pare faccia l'avvocato.»

Un mago del Concilio che viveva nel mondo umano e che ora era entrato in famiglia mi parve troppo strano, e sospetto. Non sapevo chi, se Lucius o mio padre, avesse chiesto all'altro il lavoro, ma entrambi non mi parvero sinceri.

«A te questo sta bene?» interpellai Alexander e lui cadde dalle nuvole. «Alex, i tuoi studi sono finiti, hai avuto risultati eccellenti e lasci ancora che ti controllino? Non hai il massimo del potenziale a caso.»

«Le cose senza controllo si distruggono» disse.

«No, si evolvono. Vogliono solo controllare chi diventerai. Non è vero?» sfidai Lucius e lui fece un ghigno spavaldo. «Spero diventerai una persona migliore di tuo padre.»

Alexander sbatté gli occhi. Era un ragazzo sveglio e da come l'avevo visto comportarsi con gli altri, specialmente con Beatrice, era buono, seppure molto in fondo al suo cuore. Non lo avevo perdonato per quello che mi aveva fatto da piccola, ma non volevo diventasse come Anselm Graves, uno spietato mietitore. Doveva far cessare quei bagni di sangue, le ostilità e la gerarchia; doveva essere migliore.

«Signor Spellman, a lei la parola» fece mio padre, interrompendo quella discussione.

Lucius si schiarì la gola e annuì, masticando voracemente un biscotto di pasta frolla. «Ci sono stati dei movimenti in Messico, più precisamente a Monterrey, lungo la 85. Un camion merci è stato attaccato da quello che il guidatore ha definito come un "mostro". L'OverTwo ha già perlustrato le città confinanti senza trovare tracce.»

«Mi pare normale, un mostro non lo nascondi in città» sibilò Alex, sedendosi. «Non ti aspetterai mica che ci mettiamo a cercare nelle foreste a caso, vero?»

«Ovviamente no, ragazzo!» lo sminuì Lucius. «Poche settimane fa, Diego Garcia ha acquistato uno stabilimento a Valle Alto immerso nella riserva. Da allora si sono verificati fatti strani: animali selvatici morti, gente scomparsa all'improvviso, raccolti appassiti...» Tutti i segni della presenza di un'orda di Demoni, o qualcosa di peggio, se poteva influenzare l'ambiente naturale con la sua aura. «I sismografi si sono attivati varie volte e sono state registrate lievi radiazioni magiche della stessa lunghezza di quelle originate a Parigi. Il signor Garcia era meglio noto come Paul Deneuve, un cacciatore di taglie francesi e fanatico religioso. Faceva parte dell'ordine della Stigmate. I soldi gli sono stati accreditati da Alain Dijkstra.»

Il capo della Stigmate, ricordai, quello per cui mio padre mi aveva spedita in Messico tempo prima. Non lo avevo trovato a Puerto Vallarta, i suoi uomini mi avevano messa con le spalle al muro e mi avevano distratta. Ciò significava che fosse vivo, che avesse quella dannata creatura e che il suo ordine fosse gran parte dimezzato.

«Ha sentito nominare Dijkstra in qualche missione, signor Pentecost?» chiese mio padre.

«Non mi pare» affermò. «I mercenari stanno lontani dalle questioni magiche, non sono di nostra competenza, ma in base ai resoconti che ho letto della missione e delle ricerche, mi pare ovvio che Dijkstra ha a disposizione poche risorse. L'OverTwo e gli Angeli hanno arrestato parte degli uomini a Parigi, poi gli Eretici morti in Messico, quanti ne ha ancora? Qualunque cosa voglia, si sta uccidendo da solo. Se non sarete voi a intervenire, ci penserà qualcun altro.»

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