Il cuore del gallico riprendeva a martellare incessantemente nel ricordare la Germania. Nonostante il suo corpo avesse preso a reclamare più ossigeno del solito, causandogli un fastidioso senso di vertigini, si era costretto alla calma, aveva rivolto un'occhiata a Gaia, che lo osservava spaventata, successivamente alla luna, per poi accorgersi del brivido gelido che lo imprigionava, così inusuale, vista la temperatura gradevole che faceva presagire l'imminente arrivo dell'estate. Gli ricordava inesorabilmente il vento freddo, tuttavia dolce al ricordo, del suo paese, e quello pungente e nemico della Germania. Ogni cosa che ricordasse di quel posto emanava un'aura di gelo, dalle acque dell'immenso ed impetuoso Reno, che forniva un confine naturale tra quel luogo di guerra e la sua amata Helvetia. Da quando era nato, appartenente ad una influente famiglia della nobiltà guerriera elvetica, aveva sentito spesso parlare di quel posto, e spesso aveva assistito alle partenze del padre, che muoveva un manipolo, così si sarebbe detto a Roma, di soldati. Il coraggio e il valore, avrebbe giurato lui stesso, trasparivano in ognuno appartenente alla tribù elvetica, il timore nei loro confronti serpeggiava in tutta la Gallia, rendendoli sicuri, implacabili. Per nessuna popolazione che abitava le terre limitrofe era conveniente aizzarsi contro l'astio di quei guerrieri, quindi, i sovrani della Gallia, accettavano di buon grado la loro "amicizia". I Germani, tuttavia, differivano dai Galli: sembravano divinità guerriere, tanta era la loro furia e la loro perizia in termini di combattimento, e non esitavano a rispondere agli attacchi degli Elvezi oppure, cosa che nessun altro avrebbe mai azzardato, ad attaccarli per primi. Fearghal lo aveva appurato personalmente, seguendo suo padre in battaglia, all'età di circa sedici anni, e ora, quasi sei anni dopo, aveva deciso di riportare alla mente il vivido ricordo della guerra, e di parlarne alla ragazza romana.
I preparativi per la partenza, in quel caso, erano stati rapidi e impellenti: l'obiettivo ultimo era cogliere di sorpresa i nemici e riuscire a vincerli una volta per tutte. Il padre aveva ordinato ai suoi due figli più piccoli: Brennos e Fearghal di aiutarlo nella preparazione di tutto il necessario. Il fratello maggiore dei due era lontano, impegnato nell'apprendimento delle arti druidiche, per cui si era sempre mostrato portato. Mentre Brennos raccoglieva le vivande essenziali utili al viaggio del padre, Fearghal sedeva davanti alla porta, cercando di aguzzare la spada che apparteneva al genitore nel modo più ottimale possibile. Quando gli sembrò abbastanza affilata e lucente pose un dito sul doppio taglio della lama, constatando, tramite un rivolo di sangue, che il suo lavoro era stato eccelso. Dopo poco tempo, il padre convocò tutti in casa, per gli ultimi saluti, avrebbero detto i due fratelli, ora impegnati nel loro addestramento, fuori di casa. Ogni volta che si ripeteva questa scena, la madre teneva lo sguardo basso, per evitare che i figli la scoprissero preoccupata e piangente, questa volta però la situazione era diversa. Le uniche parole che Fearghal aveva riferito a Gaia di ricordare erano state poche, che tuttavia lo avevano colpito come schiaffi. Mentre il padre consegnava ai due fratelli due spade uguali, di egregia fattura e splendenti più del sole aveva semplicemente detto: "Partirete all'alba, con me e tutti gli altri". Poi i suoi occhi azzurri avevano raggiunto quelli del medesimo colore della madre, che ora piangeva all'idea della probabile perdita di due figli così giovani, successivamente quelli verdi di Brennos: dai suoi traspariva la smania, la trepidazione. Partire per la guerra lo considerava il fine ultimo, per la gloria della sua Elvezia, e il suo essere tra i migliori soldati che quel popolo poteva vantare tra le sue fila lo rassicurava e lo portava ad una coraggiosa spregiudicatezza, la sicurezza della vittoria. Anche Fearghal era abilissimo, come qualunque altro degli uomini elvetici, tuttavia spaventato dalle sorti della guerra. Dopo una notte insonne lasciarono tutti la casa a cavallo, per ricongiungersi alle altre forze celtiche, per poi sparire dietro l'ombra delle montagne. Il viaggio si era rivelato lungo e stancante per i giovani guerrieri. Poi avevano visto con i loro occhi il gelido fiume che li separava dai nemici. Sembrava poter travolgere qualunque cosa grazie al suo impeto. L'arrivo degli Elvezi, tuttavia, non passò inosservato agli abitanti del confine, e presto il rumore dei corni che davano inizio alla guerra, che reclamavano l'intervento immediato dei teutoni, fendeva l'aria, mentre il popolo si organizzava alla battaglia.
Il trambusto del villaggio d'oltre Reno incitava solamente gli Elvezi nella programmazione dell'attacco. I due fratelli avevano avuto l'occasione di rendersi conto della moltitudine di ragazzi della loro età che si erano uniti alla campagna, ciò li faceva sentire meno fuori luogo nella situazione, e contribuiva a rassicurarli. Brennos era intento in qualche discorso con quello che si sarebbe potuto definire il suo migliore amico: anche Orgetorige, come loro, aveva accompagnato il padre in campagna. Il suo nome, come quello del padre era conosciuto in tutta la Gallia, essendo appartenenti alla famiglia più potente e ricca che i villaggi sperduti tra le montagne potessero vantare. Si poteva distinguere con facilità, tra la schiera di soldati: la sua altezza avrebbe intimorito chiunque, ed era, ovviamente, armato con le migliori spade che si forgiassero in tutta la Gallia. Era conosciuto più per la sua intelligenza, nonostante anche nel combattimento si dimostrasse un furioso e temibile opponente. I suoi occhi verdi scrutavano attentamente il villaggio nemico, mentre Brennos era concentrato a parlargli di qualcosa che aveva portato gli sguardi dei due giovani a concentrarsi su Fearghal che rimaneva vicino al padre. Gli si avvicinarono a grandi falcate, mentre il maggiore dei due fratelli rivolgeva un sorriso al più piccolo, presentandolo all'amico: "Fratello, questo soggetto si chiama Orgetorige, stai attento, potrebbe accoltellarti per sbaglio domattina. Potrebbe ucciderci tutti, se non lo avvertiamo che siamo con lui" andava dicendo mentre l'altro elvetico scoppiava a ridere e rifilava una gomitata all'amico. Per il più giovane sembrava impossibile tranquillizzarsi e scherzare come faceva il fratello, tuttavia, allo scendere del sole poté constatare la paura che costringeva lo stomaco di Brennos, che era stato costretto a forza a mangiare, per essere nel pieno delle forze il giorno dopo. Si erano trovati a riposare, ascoltando il rumore del Reno e le chiacchiere sommesse di quelli che ancora non si rassegnavano al sonno, e guardando le stelle. "Brennos..." lo chiamava Fearghal, nonostante lui sembrasse pensare a tutt'altro. Dopo averlo chiamato un paio di volte decise di scuoterlo, ricevendo in cambio un piccolo schiaffo sulla fronte che lo fece sorridere istintivamente. "Dimmi, fratellino, sei spaventato come una ragazzina?" sorrise sarcasticamente. Per quanto non volesse ammetterlo si trovò ad annuire imbarazzato. Anche il fratello tuttavia ammetteva a sé stesso prima che al più giovane che non si sentiva tranquillo, tuttavia aveva preso la decisione di non spaventare Fearghal con la sua paura e di fare il possibile per tenerlo al sicuro. "Fearghal, se nei prossimi giorni l'assedio andrà a buon fine, torneremo presto in Elvezia e saremo coperti di gloria. Fino ad allora, ti guarderò le spalle, e tu farai lo stesso per me... non tanto per quei maledetti Germani, quanto per quel pazzo di Orgetorige" concluse forzando un sorriso al fratello. Nel mentre, la luna aveva da poco raggiunto il picco più alto del suo viaggio nel cielo scuro, quando la mano del padre e degli altri soldati esperti avevano preso a scuoterli. Nel silenzio che era calato anche nel villaggio della Germania, i giovani erano stati svegliati: l'attacco si sarebbe compiuto quella notte stessa.
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Gallia
Historical FictionAnno 80 avanti Cristo: Elvezia, Gallia transalpina. Un ragazzo viene trovato armato al confine coi territori romani, quindi costretto ad abbandonare le sue montagne per seguire Publio Valerio Corvino, stimato centurione, a Roma. I segreti e gli intr...