L'autunno aveva iniziato a tingere le foglie dei colori del tramonto quando per Gaia si era fatto difficile camminare. Dopo aver assistito all'incontro tra Fearghal e l'uomo che di lì a poco avrebbe chiamato "marito", lei e il padre si erano trovati concordi nel ridurre drasticamente le sue apparizioni in pubblico; sia per evitare eventuali violenze da parte di Ateius, sia per cercare di arginare le voci che avrebbero messo a repentaglio l'onore della famiglia, a causa dello stato della ragazza, che si faceva sempre più evidente. Aveva passato tutta la primavera dedicandosi ai lavori domestici con la madre, che cercava di sostenerla il più possibile, o a camminare malinconicamente lungo il terreno di proprietà della famiglia. Aveva visto rifiorire gli alberi da frutto, poi l'uva maturare in grappoli violacei o biancastri, talmente pesanti da forzare i rami più deboli in curvature che sembravano poterli spezzare da un momento all'altro. Bellicus, a quanto riferito da Livia Giulia, si era presentato spesso alla domus: quanto era dato sapere alle due donne era che l'ormai ex soldato era interessato allo stato di salute della ragazza, un'ottima opportunità per elevare lo status della sua famiglia. La madre le aveva riferito che, dopo quanto successo all'arena, Publio Valerio avesse provato ad annullare il procedimento, fallendo miseramente. Lo stesso padre aveva dovuto a malincuore riferire alla ragazza che, quando sarebbe stato il momento, padre e marito avrebbero assistito al parto per verificare le sembianze del bambino, e che avrebbero posto una firma per il matrimonio il giorno stesso. Livia Giulia si era opposta fermamente, chiedendo la riservatezza che era solita velare il momento della nascita, mistero che doveva essere conosciuto da sole donne, come lo era stato per millenni. Questo, tuttavia, non aveva smosso di un passo i due, che erano ben decisi a conseguire i loro scopi alle loro condizioni. Le ultime settimane di Gaia erano state trascorse nelle sue stanze, visto il dolore che le provocava il minimo movimento. Aveva scritto a Fearghal per comunicargli l'imminente nascita della loro figlia, per poi tornare in quel suo stato di apatia che la accompagnava di giorno e che la lasciava senza forze la notte, piangente, mentre cercava di catturare con gli occhi i rari bagliori della luna. In una sera che portava il primo freddo notturno del September, quella luna sembrava splendere più di quanto non avesse mai fatto: una falce crescente e argentea nel cielo limpido. La ragazza aveva iniziato ad accusare dei forti dolori a cadenza sempre più ravvicinata, ma si era trattenuta dallo svegliare la madre, vista l'ora tarda. Riusciva ancora a chiudere gli occhi tra una contrazione e l'altra, seppur per pochissimi minuti, quando era stata svegliata dal più grande dolore che avesse mai provato: un urlo atroce aveva trafitto la sua gola, mentre sentiva i passi veloci di Livia Giulia giungere nelle sue stanze. Aveva frettolosamente svegliato le ancelle, e mandato il marito a chiamare una levatrice per portarla lì. A cavallo ci erano voluti pochi minuti, e Gaia si era trovata circondata da donne prima di potersene rendersene conto. L'anziana levatrice dirigeva ogni operazione e le ancelle rimanevano composte, come un manipolo di soldati, in attesa delle direttive della donna più vecchia, che teneva la mano alla giovane, asciugandole, di tanto in tanto, il sudore dalla fronte. Livia Giulia piangeva nel vedere la figlia soffrire, tuttavia le faceva forza, le accarezzava i capelli e le stringeva la mano, mentre lei urlava, trafitta dal dolore, ogni qualvolta la balia le ordinasse di spingere.
"Domina, ci siete quasi" aveva proferito l'anziana donna dopo un tempo che per la ragazza era sembrato infinito, rivolgendole un sorriso amichevole di incoraggiamento. Gaia aveva raccolto le ultime forze che aveva nel corpo e le aveva incanalate tutte in un'ultima spinta dolorosa, cui era seguito il pianto immediato di un bambino: "È una femmina!" aveva proferito contenta la levatrice, la luna era ancora alta nel cielo. La madre l'aveva abbracciata, mentre lei si accasciava nuovamente sul suo letto, lasciando che le ancelle di casa ripulissero la bambina, che non smetteva di urlare per un secondo, dal sangue e dai liquidi che la ricoprivano. L'avevano appena riportata alla madre, che si stava accingendo a sfamarla per la prima volta, quando nella stanza avevano fatto irruzione tre uomini. Ateius e Bellicus avevano licenziato malamente le schiave e Publio Valerio, con sguardo costernato, si era rivolto alla moglie: "Ho fatto il possibile per rimandare il tutto a domani, ma non hanno sentito ragioni... Per favore, offri alla levatrice un pasto caldo e preparale un giaciglio confortevole, è tardi per tornare a casa.". Livia Giulia aveva abbassato il capo e poi scortato la donna nella sala principale della casa, con gratitudine. I tre si erano avvicinati al letto di Gaia che, sfinita, cullava la bambina. Il suo pianto sembrava infastidire Bellicus e Ateius, ma generare uno spontaneo sorriso nella ragazza e in suo padre, che si era frapposto tra la ragazza indifesa e i due ospiti. Avevano iniziato a scrutare minuziosamente la creaturina, che, con gli occhi chiusi e le piccole mani serrate, continuava nel suo lamento acuto. Avevano notato con sollievo la peluria scura che ne ricopriva il piccolo cranio e le fattezze proporzionate. Aspettavano solo aprisse gli occhi, per verificare che la futura sposa non si fosse accompagnata al gallico che avevano incontrato. La bimba si era calmata, aveva rilassato i muscoli e si era lasciata cullare dalla madre, rivelandole, per la prima volta, i suoi grandi occhi azzurri. Il gelo era calato nella stanza, il futuro sposo e il padre si erano fissati negli occhi per un secondo. Gaia aveva osservato fuori dalla finestra la luna, che si stagliava nel cielo, nei colori tendenti all'alba del nuovo giorno. "Diana Bricta." Aveva sussurrato con dolcezza alla piccola, accarezzandole delicatamente una mano. Aveva alzato gli occhi solamente per il tempo necessario a vedere il padre atterrare Ateius, intenzionato ad aggredirla. "Non osare torcere un solo capello a mia figlia, vigliacco." Aveva proferito aspramente, rivolto all'uomo che ora risultava molto meno temibile. "La bambina va uccisa, Valerio." Aveva constatato Bellicus, nell'esaminare ancora le iridi azzurre di Bricta. "E, in quanto ormai i patti ci rendono una famiglia, esigo che il gallico venga punito per questo immenso affronto. Lo manderemo a chiamare domattina, col favore del sole, e non accetto repliche su questo." Aveva concluso, porgendo la mano al figlio per aiutarlo a rialzarsi. Il padre aveva richiamato la moglie e mandato immediatamente un suo servo fidato a recuperare Fearghal, aspettare, secondo lui, avrebbe solamente prolungato l'agonia.
Gaia si era addormentata con la figlia in braccio quando l'avevano svegliata per recarsi nella sala della domus. Era stata prontamente sorretta dalla madre, che l'aveva accompagnata, passo dopo passo, verso il luogo stabilito. L'aveva poi aiutata a sedersi, per poi sistemarsi accanto a lei, mentre alla soglia si stagliava una figura statuaria, dagli scombinati capelli biondi. Si era subito avvicinato a Gaia, che lo aveva guardato con gli occhi colmi di lacrime, mentre la loro figlia gli rivolgeva uno sguardo dagli occhi uguali ai suoi, che lo fecero crollare in lacrime, in ginocchio davanti alla sua amata, mentre accarezzava con dolcezza la bambina. Livia Giulia aveva concesso indulgenza su questo momento. "Come l'hai chiamata?" Aveva singhiozzato prima di cercare di darsi un contegno. "Diana Bricta" aveva risposto Gaia, ricevendo un sorriso a trentadue denti dal ragazzo, onorato che sua figlia portasse un nome a lui conosciuto.
"Tutto molto commovente." Aveva proferito un tono sarcastico varcando la soglia: Ateius si era fatto pericolosamente più vicino, mentre Fearghal si scostava dalle donne, cercando di evitare loro implicazione in un ipotetico scontro. Publio Valerio li aveva seguiti e aveva ordinato al gallico di mettersi in ginocchio, in segno di rispetto della nobiltà. Aveva, a malincuore, eseguito. Il romano non aveva esitato un secondo: alla vista del giovane completamente impossibilitato nel portare avanti un combattimento alla pari e prostrato come un cane, gli aveva assestato una potente ginocchiata sullo stomaco, seguitando con calci e pugni. Fearghal continuava, tuttavia, a rimettersi nella posizione ordinata dal centurione, fino a quando, l'ennesimo colpo assestato con forza non lo aveva fatto piegare in due, sputando un grumo di sangue al suolo, reggendosi lo stomaco.
"Quindi, schiavo, appurato che la figlia è tua, dovremmo assegnarti alla pubblica esecuzione. Come la piccola gallica, come quella sgualdrina di mia moglie..." Aveva proferito in tono acido l'uomo. Publio Valerio aveva interrotto lo sproloquio. "Nessuno verrà giustiziato. Gaia firmerà il contratto nuziale, Fearghal, come ultimo favore da uomo tradito nella sua fiducia, ti concedo un mezzo per tornare in Gallia. Porterai con te Bricta, e non tornerai mai più." Aveva sentenziato con fare ufficiale, fulminando con lo sguardo Bellicus e il figlio, mentre gli occhi di Gaia si riempivano di lacrime.
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Gallia
Ficción históricaAnno 80 avanti Cristo: Elvezia, Gallia transalpina. Un ragazzo viene trovato armato al confine coi territori romani, quindi costretto ad abbandonare le sue montagne per seguire Publio Valerio Corvino, stimato centurione, a Roma. I segreti e gli intr...