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Quando erano usciti dalla domus di Bellicus, i tre si erano meravigliati del fatto che i discorsi si fossero protratti più a lungo del previsto, tanto che il sole già andava celandosi dietro i colli e il cielo si era tinto di sfumature arancioni, che contrastavano nettamente con le nuvole scure che tuonavano all'orizzonte. Il ritorno a casa era stato silenzioso: Publio Valerio guidava il cammino, mentre Livia Giulia e la figlia lo seguivano, l'una che abbracciava l'altra, come a sostenersi a vicenda. Non si era minimamente accennato agli avvenimenti che erano stati i protagonisti del pomeriggio. Gaia comprendeva che di scelta non ne avrebbe avuta, ma non voleva rassegnarsi ad una vita infelice e la sua testa già lavorava ad un piano di fuga verso le montagne della lontana Helvetia, nella speranza di sfuggire a quel destino che ormai, per lei, pareva segnato da una sorte infausta. Raggiungendo la sua abitazione si era ritrovata a sentirsi in colpa al solo pensiero di voler lasciare Roma, di disonorare definitivamente la sua famiglia, e lasciare una realtà che ben conosceva per recarsi in un luogo popolato da potenziali nemici. Aveva raggiunto silenziosamente le sue stanze mentre il buio e le nuvole continuavano la loro avanzata nella volta celeste. I fulmini avevano iniziato a illuminare il cielo ad intervalli regolari, mentre calava la notte, e una pioggia sottile aveva iniziato a cadere, bagnando la terra fredda. Ad accompagnare quella quiete interrotta solo dal rumore dei tuoni, si erano alzate le voci nella stanza principale della domus. La distanza tra la sala e le stanze di Gaia Valeria era sufficiente per cui, complice il temporale, la conversazione dei suoi genitori giungesse frammentata, a pezzi che tra loro erano sconclusionati. La ragazza aveva trascinato controvoglia i piedi fuori dal letto, poggiandoli silenziosamente a terra, dove aveva mosso dei passi felini fino all'entrata della sala principale, nascondendosi al buio per origliare lo scambio. 

"Gaia non lo sposerà, è fuori discussione" aveva esclamato Livia Giulia al marito che la guardava severamente. "Sai bene anche tu che non c'è scelta. A Roma le voci girano più rapide che mai, specialmente sugli inconvenienti di cui si rende protagonista la nobiltà.". Livia Giulia aveva risposto alla sentenza con uno sguardo triste e preoccupato. "Ateius e Bellicus verranno qui il giorno stesso del parto di Gaia, per assicurarsi che il figlio sia esiliato il più lontano possibile da qui, e per firmare il contratto nuziale. I festeggiamenti si terranno ufficialmente quando nostra figlia si sarà ripresa. Spero solo che il figlio di Gaia abbia sembianze simili alle nostre, in tutto e per tutto romane..." aveva poi continuato, lasciando trapelare dalla sua voce un accenno di preoccupazione, dovuta alla presenza di Fearghal in casa. Il centurione cercava di uccidere l'idea che il nipote avrebbe potuto essere di sangue gallico, ma, ogni qualvolta era sul punto di riuscirci definitivamente, il dubbio si ripresentava più deciso e incontestabile. Per questo motivo aveva relegato l'elvetico ad una delle celle dell'arena dove era solito allenarsi e soggiornare prima che lo accogliesse. Aveva accampato la scusa di una visita improvvisa di alcuni parenti che abitavano fuori dalla città, per liberare in fretta la stanzetta occupata dall'inquilino straniero: ormai era una presenza rara alla casa di Gaia, che non mancava mai di salutare ogni qualvolta passasse di lì. Publio Valerio, nonostante la paura ad ammetterlo, si era genuinamente affezionato alla presenza del ragazzo gallico nella sua casa. Non mancava di elogiare le sue prove nel combattimento, pur rimanendo restio a proferire le parole che pensava davvero. Lo considerava un ottimo combattente, con delle potenzialità belliche impressionanti, un allievo ligio allo studio, intelligente e sveglio. Ucciderlo per un danno del genere arrecato all'onore della sua gens lo avrebbe ferito, più dell'ingiuria stessa. Una parte della sua testa suggeriva che, se quella fosse stata la vita che Gaia aveva scelto, l'avrebbe accolta con indulgenza e autorizzato il matrimonio con il gallico. Tuttavia il suo ruolo e la sua importanza all'interno della società di cui faceva parte lo obbligava a porre Roma e l'onore della nobiltà prima della felicità della figlia.

La conversazione si era fermata, Publio Valerio era uscito dalla stanza, recandosi al talamo che condivideva con la moglie, sperando che la questione fosse chiusa, almeno fino a quel giorno d'autunno che avrebbe portato Gaia ad essere prima una madre, poi una moglie, una vera matrona. Lei, dal canto suo, era tornata in lacrime nelle sue stanze private e, grazie alla luce dei fulmini più frequenti, presagio del tempo che di lì a poco sarebbe peggiorato, aveva strappato un pezzo di pergamena e aveva scritto tutto ciò che stava succedendo in sua assenza al suo amato. L'aveva poi consegnato ad un servo che spesso seguiva il padre in arena, raccomandando la massima discrezione, per poi addormentarsi lentamente, osservando le saette che percorrevano il cielo e ascoltando l'animata conversazione dei genitori, che continuava a giungere, ma che aveva una parvenza sempre più frammentaria e ovattata. Il giorno dopo era iniziato soleggiato, Publio Valerio aveva bussato personalmente alla porta di Gaia, l'aveva invitata a prepararsi per uscire. La ragazza si era alzata controvoglia, e aveva provveduto ad eseguire l'ordine come il più ligio dei soldati della Martia Legio, recandosi nella sala principale della domus e aveva successivamente seguito il padre fuori dall'abitazione, percorrendo la strada usuale che l'aveva sempre condotta all'arena.

I futuri soldati erano schierati in una precisa fila orizzontale, le armi riposte nei foderi che erano evidenti ai loro fianchi, dal lato dominante di ciascuno di loro, in modo che l'estrazione fosse più agevole e riuscissero a combattere al meglio delle loro capacità. Fearghal continuava a svettare per altezza su tutti, era riuscito a rivolgere un sorriso quasi impercettibile a Gaia, ma l'attenzione era stata subito catturata dall'arrivo impetuoso di Bellicus, al cui seguito giungeva un altro uomo a cavallo. Se il vecchio legionario, ormai, era una presenza abituale durante gli addestramenti, l'identità del giovane era sconosciuta. La sua spada era lucente quando colpita dai raggi del sole, di fattura estremamente fine, e sicuramente non rovinata dai colpi, come quelle dei prigionieri, che erano state rese quasi opache dalla forza dei fendenti che riuscivano a scalfire, poco alla volta, quelle celtiberiche. I giovani si erano prostrati alla nobiltà, mentre Publio Valerio e Bellicus si scambiavano qualche parola. "Ho portato Ateius, come stabilito, ha combattuto qualche campagna, ma fargli ricordare come si impugna la spada non è assolutamente un male, visto il dovere che ha ora nei territori interni.". Il figlio aveva sorriso superbamente, mentre faceva correre lo sguardo tra i potenziali avversari. Il centurione aveva simulato una risata, mentre faceva spostare i due uomini e la giovane figlia direttamente davanti alla linea immobile, in attesa di ordini. A pochi piedi di distanza era stato proferito che Ateius avrebbe scelto un avversario, prima in latino e poi nella lingua parlata dalla maggioranza dei prigionieri. Il ragazzo si era fatto avanti, percorrendo rapidamente la lunghezza della formazione, fermandosi davanti a Fearghal, che si era inginocchiato come da protocollo, al cospetto della nobiltà. "Gallico, qual è il tuo nome?" aveva proferito in latino, non aspettandosi alcuna risposta in replica. "Fearghal, dominus" aveva proferito lui, laconico. Aveva ottenuto il permesso di rialzarsi, concesso in modo sbrigativo, mentre l'uomo, poco più basso di lui, si era volto ad interpellare Publio Valerio: "Oh, questo dev'essere il tuo capolavoro, l'elvetico." aveva detto con un accento di disprezzo, "E sia, sarà il mio avversario.". Il centurione, in qualunque altra situazione, avrebbe sconsigliato di fronteggiare il gallico, in quanto difficilmente avrebbe avuto alcuna possibilità, ma in quel momento sia lui che Fearghal si sarebbero trovati d'accordo nell'idea di trafiggerlo direttamente al cuore, visto l'atteggiamento che aveva riservato a Gaia, quindi aveva mobilitato gli altri soldati, consegnato uno scudo ad entrambi e lasciato il campo libero ai due contendenti. 

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