Publio Valerio era appena rientrato alla domus, dopo una veloce ricognizione all'arena. Capitava spesso che alcuni soldati romani vigilassero anche nei giorni festivi perché, nonostante le imminenti celebrazioni, molti usufruivano dello spazio per procedere con l'addestramento. Solitamente erano i prigionieri di guerra, provenienti dalle più disparate e recondite aree dei confini provinciali. Il diverso costume con cui erano cresciuti e lo status di ostaggi di Roma impediva loro la partecipazione alla festa che caratterizzava quel periodo. Aveva indossato l'uniforme ufficiale, evitando l'elmo per rendersi riconoscibile a tutti, il mantello purpureo, tuttavia, gli copriva le spalle, arrivando quasi fino alle caviglie. Lo aveva accolto a casa un silenzio surreale: non era raro, infatti, che il suo arrivo a casa fosse accompagnato dal vociare animato della moglie e della figlia, o delle ancelle che svolgevano le loro mansioni tenendosi compagnia tra loro. Aveva trovato la serva che aveva cucito i vestiti delle due donne di casa, di cui a malapena ricordava il nome, intenta in un lavoro di cucito su uno di essi, ma evitò di darci troppo peso, e rispose con un cenno al suo saluto. Fearghal era qualche metro più avanti a dove l'aveva visto per l'ultima volta la mattina stessa, intento in qualche lettura. Spesso, il suo ego romano lo costringeva a pensare che in realtà, il gallico, non capisse quello che leggeva. A suo parere, il latino, era destinato agli illustri, specialmente il latino che vantava le scritture e le traduzioni di celebri filosofi e grandi pensatori, parole troppo nobili per essere comprese da un elvetico che fino a qualche anno prima si dedicava quasi esclusivamente alla guerra. Si doveva ricredere spesso, nel vedere come il ragazzo comprendesse alla prima esortazione gli ordini, nel ritrovarsi ad ascoltare un latino molto simile al suo, perfettamente comprensibile. Il gallico lo aveva salutato come era consono fare in pubblico, mettendosi in ginocchio davanti al centurione, che gli aveva sorriso, e lo aveva congedato, lasciandolo continuare le attività che svolgeva. Aveva varcato la soglia, non trovando nessuno ad attenderlo, se non un singhiozzo soffocato che proveniva dalle stanze della giovane Gaia. Aveva proceduto a passi spediti in quella direzione, bussando poi alla porta della figlia, poi socchiudendola. Aveva rivolto un sorriso alla figlia ed era andato ad abbracciarla, chiedendole se stesse bene. La ragazza si era asciugata rapidamente le lacrime, annuendo e congedando il padre con un sorriso forzato sotto agli occhi gonfi dal pianto. Livia Giulia, accortasi del ritorno del marito era uscita frettolosamente dalla stanza che condividevano, cercando di mascherare la furia cieca che l'aveva portata ad aggredire la figlia, con un cipiglio di disappunto. Valerio l'aveva accolta tra le sue braccia, esattamente come aveva fatto per la figlia. Un momento di silenzio era calato nella stanza, una pace spezzata subito dopo dalla domina che, con una insolita irruenza che non caratterizzava affatto la quotidianità della signora, che solitamente manteneva un comportamento posato e misurato, senza palesare eccessi, specialmente per quanto concerneva i momenti di rabbia. Gaia, infatti, fino a quel giorno, mai era stata rimproverata con troppa veemenza dalla madre, che, alla fine, lasciava che la figlia uscisse al posto di dedicarsi alla vita domestica. Spesso provava a focalizzare nella sua mente il futuro della figlia, sperava fosse esattamente come il suo, che la ragazza si sarebbe calmata, che avrebbe portato alla famiglia delle nozze proficue e dignitose e che diventasse una matrona perfetta: una degna madre, una donna di casa e un angelo del focolare, come lo era diventata lei. Però, più osservava la figlia crescere, più ammirava la bellezza di quella bambina dai capelli spettinati e castani e dagli occhi verdi che aveva preso dal padre, trasformarsi in una ragazza decisamente avvenente e desiderabile, si rendeva conto che Gaia Valeria non sarebbe mai stata come lei. Il temperamento sembrava sempre più assomigliare a quello che, secondo le voci che correvano per la città, caratterizzavano la personalità di Publio Valerio quando conduceva le campagne della legione che guidava. Aveva la fama di essere tanto valoroso e abile nella tattica quanto nella disobbedienza nei confronti dei superiori, che lo portava a missioni rischiose in cui, però, riusciva sempre ad ottenere il successo. Anche Gaia riusciva ad ottenere sempre ciò che desiderava, e, quando sapeva che non era possibile, agiva di nascosto per far sì che ottenesse vantaggio dalle diverse situazioni. L'amore con Fearghal, tuttavia, aveva smontato ogni suo piano, inaspettato e travolgente, di cui avrebbe presto dato al mondo il frutto. Ma questo, Livia Giulia, non lo sapeva ancora. Aveva intuito della gravidanza della figlia dopo aver assistito ad un periodo dilatato di malesseri della stessa, ma ogni altra opzione, seppur assurda, attraversava la mente della donna e la tranquillizzava momentaneamente. Quel giorno l'aveva destabilizzata completamente, e in quel momento, senza pensare alle conseguenze possibili per l'amata figlia, aveva rivelato tutto con una certa rabbia nella voce, al marito.
Publio Valerio l'aveva ascoltata, attonito, per poi convocare la figlia che, nel frattempo, rimaneva dietro la porta della stanza ad origliare la conversazione. Non aveva il coraggio di affrontare lo sguardo severo del padre, che in quel momento stava proferendo un rimprovero aggressivo, di cui lei, tuttavia, non sentiva nemmeno le parole. L'unico sollievo che aveva era che il padre non avesse proferito alcun sospetto nei confronti dell'inquilino elvetico. "Allora, Gaia, chi è il padre?" aveva chiesto Valerio, con in cuore la speranza che fosse un membro illustre dell'aristocrazia, come lo erano loro, e che avrebbe accettato di buon grado il matrimonio con la giovane. Gaia taceva, non poteva rischiare la vita del gallico, non si sarebbe mai perdonata. Il centurione sembrava sempre più incline all'interrogatorio che usava in sede di guerra con i prigionieri nemici, ma la ragazza si rifiutava di rispondere. A questo tacito affronto il soldato aveva risposto trascinando la figlia nelle sue stanze, dando l'ordine tassativo che non avesse contatti col mondo esterno, e che le ancelle non le provvedessero vivande fino a quando non avesse ceduto. Le lacrime avevano ripreso a sgorgare dagli occhi di Gaia, che ora si ritrovava completamente segregata. Fearghal, che aveva udito la discussione, a causa del tono di voce alto utilizzato dal centurione, aveva già elaborato un modo per fare arrivare cibo e messaggi alla romana. Aveva approfittato della notte per sgattaiolare verso la porta della sua stanza, e, dopo aver bussato leggermente, aveva lasciato quello che aveva racimolato a cena alla soglia, avvolto in un fazzoletto. Al di sotto vi era anche un piccolo pezzo di pergamena. Gaia aveva socchiuso la porta e raccolto il dono, sorridendo inavvertitamente. Per prima cosa, aveva letto il biglietto, sorprendendosi del contenuto. Il suo cuore aveva perso un battito quando aveva letto che l'elvetico aveva promesso che avrebbe fatto quanto più possibile per liberarla da quella situazione, sposarla e portare lei e sua figlia in Helvetia.
La prigionia era durata meno del previsto, a causa dei festeggiamenti imminenti, la nobiltà avrebbe certamente vociferato sulla mancanza della giovane domina, quindi, il giorno della festa, era stata svegliata all'alba dalla madre, che aveva ordinato alle ancelle di aiutarla ad indossare il suo nuovo abito e aveva ordinato in modo laconico alla figlia di farsi ritrovare puntuale nella sala principale con puntualità. Il vestito le stava divinamente, e celava con astuzia il ventre della ragazza, facendola sembrare esattamente la stessa donna dei mesi precedenti. Publio Valerio, in tenuta ufficiale, si era meravigliato della bellezza delle sue donne, tanto da dimenticarsi quasi della rabbia nei confronti della figlia. Si era tuttavia ricomposto in modo celere. Aveva proferito solamente una frase nei suoi confronti: "Darai alla luce tuo figlio, ma non lo terrai. Sicuramente troveremo qualcuno, nelle province, disposto ad accudirlo sotto compenso. Poi accetterai il matrimonio che abbiamo combinato per te.".
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Gallia
Historical FictionAnno 80 avanti Cristo: Elvezia, Gallia transalpina. Un ragazzo viene trovato armato al confine coi territori romani, quindi costretto ad abbandonare le sue montagne per seguire Publio Valerio Corvino, stimato centurione, a Roma. I segreti e gli intr...